Ariminum

L’arrivo dei Celti nei territori che oggi fanno parte della bassa Romagna, nel 390 a.C., portò rapidamente alla decadenza e all’abbandono di numerosi insediamenti dell’entro terra precedentemente fondati dalle popolazioni umbro-etrusche, favorendo allo stesso tempo lo sviluppo dei centri costieri di Ravenna e Rimini. Le tribù gallo-celtiche mantennero per quasi un secolo il controllo di quei territori, fino alla battaglia di Sentino che si svolse nel 295 a.C.. In quell’occasione la coalizione di Galli, Umbri, Etruschi e Sanniti fu sconfitta dai Romani, aprendo così la strada alla colonizzazione di questi ultimi della Gallia Cisalpina.
Nacque così, nel 268 a.C., alla foce del fiume Ariminus (oggi Marecchia), la colonia di diritto latino di Ariminum. Lo statuto di colonia latina, conferito solitamente alle città fondate allo scopo di controllare e difendere nuovi territori, donava ad Ariminum il ruolo di stato autonomo, legato comunque a Roma da trattati che ne regolamentavano il commercio, la difesa e i rapporti diplomatici. I coloni stanziati, in numero di circa 25.000, provenivano inizialmente dagli insediamenti del Latius Vetus, ovvero da quelle città che per almeno due secoli furono in lotta contro Roma, come ad esempio Ardea, Aricia, Tusculum, e Tibur.

Il monumento a Giulio Cesare in Piazza Tre Martiri a Rimini.
Il monumento a Giulio Cesare in Piazza Tre Martiri a Rimini.

Fu dopo la prima guerra punica che la città di Ariminum conobbe una prima riorganizzazione amministrativa per opera del Console Gaio Flaminio Nepote. Egli riordinò tutti i territori a sud della città, assegnandoli ai coloni, iniziando allo stesso tempo una politica espansionistica in direzione della Cispadana.
La posizione strategica della città ne fece nel corso degli anni un autentico bastione difensivo contro le avanzate dei Galli, e snodo principale di importanti vie di comunicazione tra il Nord e il Centro Italia, come ad esempio la Via Flaminia, proveniente da Roma, la Via Emilia, diretta a Piacenza, e la Via Popilia-Annia, che collegava la città a Ravenna ad Adria, Padova, Altinum e Aquileia.
Durante l’ultimo secolo dell’età repubblicana la città venne coinvolta nelle guerre civili, rimanendo sempre fedele al popolo romano e in particolare a Caio Mario. Per questa sua fedeltà a Roma, ad Ariminum furono riconosciuti nel 90 a.C. la cittadinanza romana e il rango di primo municipio cispadano. Nel 49 a.C., dopo il passaggio sul fiume Rubicone, Giulio Cesare rivolse un discorso alle proprie legioni nel Foro della città, pronunciando la celebre frase «Alea iacta est».
Nei primi decenni dell’età imperiale Ariminum, conobbe un periodo di grande prosperità nel quale venne profondamente rinnovata anche nell’urbanizzazione. Gli imperatori Augusto, Tiberio, e Adriano furono quelli che maggiormente si occuparono di costruire i grandi monumenti e le grandi opere pubbliche della città, opere di cui ancora oggi possiamo ammirarne i resti. Uno dei monumenti più famosi di Rimini è senza dubbio l’Arco di Augusto, consacrato all’imperatore dal Senato romano nel 27 a.C., che segnava la fine della via Flaminia che collegava la città romagnola alla capitale dell’impero, confluendo poi in quello che oggi è corso d’Augusto, il decumano massimo, che portava poi all’imbocco di un’altra importante via, la via Emilia. Celebre è anche il Ponte di Tiberio, edificato nel 14 d.C. e completato sette anni più tardi sotto il principato dell’imperatore di cui porta il nome, esso era attraversato dalle due vie consolari, la via Emilia che arrivava fino a Piacenza e la via Popilia-Annia che arrivava sino ad Aquileia.

Il Ponte di Tiberio
Il Ponte di Tiberio

L'Arco di Augusto a Rimini
L’Arco di Augusto a Rimini

Dal terzo secolo d.C., Ariminum perse quel ruolo strategico che ebbe il suo punto più alto nei primi anni dell’impero, e fu assoggettata dai repentini cambiamenti sociali e culturali, facilitati dalla diffusione di culti orientali importati dai rapporti commerciali e alla presenza di numerosi commercianti stranieri sul territorio. Le prime invasioni barbariche, affrontate con la costruzione di una nuova cinta muraria costruita ai tempi dell’imperatore Aureliano, portarono a un’inesorabile decadenza e ad un arresto dell’espansione urbana.
In seguito all’editto di Costantino e al riconoscimento ufficiale del Cristianesimo da parte delle autorità romane, sorsero i primi luoghi di culto cristiani, inizialmente fuori dalle mura; ma in un secondo tempo numerose chiese, tra cui la cattedrale, dedicata a Santa Colomba, furono costruite all’interno del perimetro urbano. Rimini, già sede vescovile dal 313, ospitò nel 359 un concilio di oltre 300 vescovi occidentali a difesa dell’ortodossia cattolica contro l’arianesimo, religione professata da molti popoli germanici che avevano invaso l’Italia. Secondo la tradizione il primo vescovo riminese fu San Gaudenzio, giunto da Efeso e ucciso per mano degli ariani nel 360.

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