Il Matrimonio romano

Catone e Porzia
Catone e Porzia
Già ai tempi della Roma arcaica una ragazza ancora giovanissima poteva essere promessa in sposa o fidanzata a un giovane anche contro la propria volontà, iscrizioni funerarie ritrovate in alcuni scavi raccontano di ragazzine promesse spose già all’età di 10 anni!, in caso di inadempimento i soggetti in questione erano perseguibili dalla legge. Questa promessa creava un vincolo che portava ad una sorta di fedeltà pre-matrimoniale da parte della donna verso lo sposo. Il matrimonio si perfezionava con il trasferimento della sposa dalla famiglia paterna a quella del marito.

Per garantire l’impegno preso, l’uomo era solito donare un anello alla futura sposa che lei avrebbe poi messo all’anulare della mano sinistra, unico dito secondo lo scrittore Aulo Gellio (125 circa – 180 circa), ad essere collegato al cuore per mezzo di un sottilissimo nervo. I matrimoni venivano quindi organizzati, quasi sempre, dalle rispettive famiglie di appartenenza, nella maggior parte dei casi per interessi di natura economica o politica. Esistevano diversi modi per contrarre il matrimonio, vediamone alcuni: il rito più completo era detto “perconfarreationem” nome derivante dal pane al farro che gli sposi, secondo il rito, dovevano consumare appena entrati nella loro nuova abitazione, essa era il tipo di cerimonia più solenne, vi era poi la “Coemptio”, rito assai meno importante, ma comunque molto usato dai patrizi, esso non era altro che una vendita simbolica con la quale il padre cedeva la figlia allo sposo mediante un versamento di denaro. Esisteva poi anche e “l’usus”, una specie di sanatoria di una condizione di fatto, per cui diventava moglie la donna che avesse abitato con un uomo per un anno intero senza interruzione di tre notti consecutive. Attraverso la “Coemptio” e all'”Usus” era possibile giungere alle “iustae nuptiae”, stato che dava al marito un diritto di tutela sulla donna, ma non ne garantiva la padronanza assoluta chiamata “manus”.

Nella formula più arcaica del matrimonio romano, l’uomo chiede alla donna di diventare la sua mater familias, cioè moglie. L’avvenimento che fa accedere una donna al rango di mater familias non è quindi il diventare madre ma appunto il contrarre matrimonio.
Di contro la donna indirizzava al futuro sposo la domanda inversa, cioè di voler diventare il suo pater familias. Con ciò ella desidera che l’uomo diventi per lei, anche giuridicamente, un nuovo padre, alla cui potestà lei coi suoi figli intende sottomettersi, come una figlia. Ma poteva accadere che il marito fosse ancora sotto la potestà paterna, poiché essa non cessava finché il padre fosse stato in vita. In questo caso la donna che entrava di fatto nella famiglia del marito veniva anch’essa sottoposta alla potestà del suocero. Almeno in epoca repubblicana, che fosse il marito o il suocero che avesse il “manus”, cioè la padronanza assoluta sulla donna, aveva anche un diritto di vita o di morte sulla sposa nel caso fosse stata colta in flagrante adulterio o nel caso fosse stata scoperta a bere vino.

un matrimonio nella Roma antica
un matrimonio nella Roma antica

Nel 18 a.C., per far fronte al crollo delle nascite e ai divorzi facili, Ottaviano presenta la famosa “Lex Iulia de maritandis ordinibus”, diretta a ricostruire la società secondo i più rigidi principi morali. Questa legge stabiliva l’obbligo al matrimonio, vietava ai senatori le unioni con le liberte e prevedeva una serie di misure create per aumentare le nascite, stabilendo premi per le famiglie più numerose e multe per i coniugi senza figli. La legge poi pone un freno ai fidanzamenti troppo lunghi, stabilendo multe severissime per i più furbi che con continue rotture tentavano continuamente di eludere la regola. Le donne, in particolare, dovevano dimostrare d’aver voluto almeno tre figli, nel qual caso ricevevano parità di diritti con gli uomini. Augusto promulgò, inoltre, la “Lex Iulia de pudicitia et de coercendis adulteriis”, la quale riguardava il libertinaggio ed il lusso licenzioso. Contro gli adulteri e le adultere venivano stabilite gravissime pene economiche. Alla base vi era la volontà di rinsaldare l’istituto familiare e la società uscita disfatta dalle guerre civili degli anni precedenti.

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