L’ alimentazione nell’antica Roma

Affresco di epoca romana con pesci e funghi
Affresco di epoca romana con pesci e funghi
Come era l’alimentazione nell’antica Roma? Appena sveglio il romano dell’antichità faceva una ricca colazione chiamata “Ientaculum” , solitamente consumata in piedi, gli adulti in particolare potevano consumare gli avanzi della sera precedente mentre i bambini latte e focacce dolci. A mezzo giorno di regola veniva effettuata una pausa generale, e gli abitanti della città di solito mangiavano in un locale pubblico (in semplici osterie come le popinae o thermopolia; o in locande come le cauponae) o compravano qualche cosa dai venditori ambulanti (uno dei prodotti più venduti era la torta di ceci). Il pranzo (prandium) era comunque un pasto molto ridotto. Nel corso della giornata era anche d’uso fare una sorta di merenda dopo essere usciti dalle terme (naturalmente dopo la diffusione delle terme), e al calare della sera la famiglia si riuniva per la cena o “coena”, che era il pasto principale di tutto il giorno. Nei tempi più antichi sulle tavole potevamo trovare zuppe di cereali o legumi, latte, formaggio, frutta fresca o secca, olive, a volte lardo; col passare del tempo e il raffinarsi dei costumi il pane sostituì le zuppe e la carne comparve sulla tavola dei più ricchi, ma il pasto serale poteva anche essere l’occasione per ospitare amici e, per i più benestanti, organizzare sontuosi banchetti.

Se avessimo la possibilità di fare un salto indietro nel tempo e fossimo invitati ad uno di questi banchetti, tra quali cibi avremmo potuto scegliere? Molti cibi non sarebbero stati poi molto diversi da quelli di oggi, vari tipi di carne, da quella suina a quella ovina, i bovini invece venivano preferiti per i lavori nei campi, tantissime varietà di pesci, dalle triglie alle sogliole, alle seppie ai calamari, e vari tipi di selvaggina come lepri o fagiani. La verdura solitamente faceva parte dell’antipasto, e anche in questo caso avremmo trovato barbabietole, cavoli, cipolle, asparagi e cosi via, seguivano poi i legumi come fave, piselli e ceci. Le tavole dei romani comprendevano poi anche tantissime frutta fresca come mele, pere, melograni, fichi, uva, e anche frutta secca come noci, pinoli e datteri. Non mancavano poi formaggi di vario tipo, che in particolare rappresentavano un alimento importantissimo nella dieta di un romano, ve ne erano moltissimi e provenivano da ogni angolo dell’Impero. Columella, ex militare e fattore, autore di dodici volumi riguardanti l’agricoltura romana, ci scrive come dovevano essere fatti i formaggi, prima di tutto venivano distinti in formaggi molli e formaggi duri, quest’ultimi erano di più lunga conservazione e fatti di latte fresco senza aggiunta di acqua. Erano poi cagliati a volte con fiori di cardo selvatico o carciofo, con semi di zafferano o con linfa di foglie di fico. Columella ricorda poi un formaggio affumicato e indurito in salamoia, insaporito con fumo di legno di melo.

Il quadro degli alimenti non potrebbe chiudersi senza aver ricordato i cereali, ingredienti base per pane e focacce, si coltivavano fin dai tempi più antichi, l’orzo in particolare, in considerazione della sua adattabilità e resistenza, fu forse il primo cereale ad essere coltivato ed era alla base dell’alimentazione dei soldati, oltre ad essere il cereale più usato nel periodo repubblicano, l’ avena invece era destinata prevalentemente all’alimentazione degli animali, mentre il miglio era usato per fare una specie di polenta. Con i cereali come detto in precedenza, veniva fatto il pane che poteva essere di tantissimi tipi, bianco, nero, lievitato, panini ai semi di papavero, anice, finocchio, sedano e cumino, e i nomi e le forme che potevamo assumere erano infinite, più o meno come avviene oggi. Vi era poi il lievito (fermentum) che veniva usato a seconda se si voleva fare un pane azzimo o lievitato. Un lievito di birra veniva prodotto in Spagna e Gallia dalla schiuma che si formava durante la fermentazione della birra, rendendo il pane soffice e delicato, ma il lievito più apprezzato era ricavato dal miglio.

Banchetto nella Roma Antica
Banchetto nella Roma Antica

Ogni alimento poteva essere condito con una grande varietà di salse, la più famosa delle quali era senza dubbio il “garum” una sorta di composto liquido a base di interiora di pesce, Marziale a proposito ci racconta: “Si usino pesci grassi come sardine e sgombri cui vanno aggiunti, in porzione di 1/3, interiora di pesci vari. Bisogna avere a disposizione una vasca ben impeciata, della capacità di una trentina di litri. Sul fondo della stessa vasca fare un altro strato di erbe aromatiche disseccate e dal sapore forte come aneto, coriandolo, finocchio, sedano, menta, pepe, zafferano, origano. Su questo fondo disporre le interiora e i pesci piccoli interi, mentre quelli più grossi vanno tagliati a pezzetti. Sopra si stende uno strato di sale alto due dita. Ripetere gli strati fino all’orlo del recipiente. Lasciare riposare al sale per sette giorni. Per altri giorni mescolare di sovente. Alla fine si ottiene un liquido piuttosto denso che è appunto il “garum”. Esso si conserverà a lungo”.

Nel nostro banchetto l’antipasto sarebbe stata una portata molto ricca e varia. Avremmo trovato uova, verdure, insalate, funghi e tartufi, ostriche, frutti di mare, formaggi alle erbe, olive, salsicce, pasticci di carne, le zuppe e minestre (con verdure, cereali e legumi), invece, erano alla base dell’alimentazione dei ceti più poveri ed erano il pasto principale della sera. Carne e selvaggina abbondavano sulla tavola dei nobili soprattutto nel I sec. d.C.;. Si ricorreva inoltre alla salatura e affumicatura, e si preparavano prosciutti e insaccati di vario tipo. Il maiale era l’animale la cui carne era la più apprezzata. Tutti i diversi tipi di carne venivano arrostiti al forno o cotti allo spiedo. Ma i romani ebbero sempre una grande passione per il pesce, sia quello di acqua dolce che quello di mare. Pur essendo abbondante il pesce fu sempre molto caro, per questo i ricchi che se lo potevano permettere, avevano nelle loro ville vasche per pesci (piscinae). Oltre che consumato fresco, il pesce veniva messo sotto sale, in conserva e affumicato; lo si cucinava alla griglia o bollito, fritto e farcito. I banchetti dei più ricchi terminavano poi con una ricca portata di dolci, frutta fresca e secca. I dolci avevano come ingredienti base per lo più farina e miele. Ma si facevano anche soufflès di frutta, omelettes dolci e creme all’uovo. Dalla frutta secca ai legumi, si cercava di preparare conserve per mantenere quanti più cibi possibili. Si trovano nelle fonti antiche consigli e ricette su come conservare rape, fichi o tartufi, per migliorare il miele e correggere il garum troppo salato. Salamoia, sale, spezie, olio, aceto e miele, erano gli ingredienti base per conservare cibi a lungo.

Torniamo a noi, dopo aver visto una così gran quantità di cibi, che bevande potevamo abbinare e quali avremmo potuto scegliere? Sicuramente, come oggi avremmo potuto trovare vino, latte, acqua, e la birra (Cervisia), già molto diffusa all’epoca, fermentata dal frumento e dall’orzo, ma priva del luppolo e quindi si conservava per breve tempo. Era prodotta su larga scala e consumata dall’Egitto alla Spagna e nelle provincie del nord dell’impero, ma veniva considerata solo una bevanda per malati e bevuta in massima parte dai soldati; nessun padrone di casa l’avrebbe offerta ai suoi ospiti in un banchetto.
La vera bevanda degli Dei era invece il vino, donato all’uomo, secondo la mitologia, dal Dio Bacco in persona, non vi era bevanda nel mondo antico che fosse apprezzata quanto il vino. Le zone di produzione più celebri erano la Campania (per il Falerno e il Massico), la Gallia (per i vini aromatici e affumicati), la Spagna, la Grecia. In epoca romana persino in Inghilterra si coltivava la vite e vini pregiati arrivavano persino dalle regioni della Mosella e del Reno. Tuttavia ai tempi, il vino, non era una bevanda che poteva essere conservata per lunghi periodi, così venivano aggiunti elementi che aiutavano la conservazione come acqua di mare, resina, o alcune radici. Il vino dell’antichità era molto forte e non veniva mai bevuto puro esso veniva infatti filtrato e annacquato di solito con acqua, ma poteva anche essere mescolato con il miele. Vi era poi la posca, una bevanda rinfrescante a base di aceto di vino molto popolare tra i legionari . Vi era ancora il passum un passito di uva passa, adatto ad accompagnare i dessert; il vino carenum (vino cotto), il condito (vinum conditum) con spezie (pepe soprattutto), con erbe (assenzio, cumino), con essenze di fiori (violette e rose) o radici di piante (ireos, giaggiolo), con semi ( finocchio, cumino,) o con miele e cannella (mulsum). Si poteva inoltre ricavare bevande anche dalla frutta, facendo fermentare pere, cotogne, melograni e datteri. Una bibita rinfrescante era l’idromele o aqua mulsa (preparata con una parte di miele e due di acqua).

Il banchetto
Il banchetto

Dove venivano cucinati tutti questi cibi? Solitamente vi era un piccolo forno per il pane e le focacce, un acquaio e alcuni fornelli inseriti in uno zoccolo di mattoni che occupava una parete. La cottura dei cibi avveniva su fornelli a legna o a carbone. Per cucinare venivano usati coltelli, spatole, cucchiai (di legno, metallo o osso), frullini, setacci, spiedi, graticole, mortai e recipienti delle forme e grandezze varie, in terracotta, argilla o bronzo. Le cibarie erano conservate in dispense e magazzini. Le anfore di terracotta contenevano di solito vino, olio, mosto, salse di pesce; orci e orcioli contenevano olive, frutta secca, legumi secchi, ma anche verdure e frutta. A cucinare pensavano gli schiavi, mentre i più ricchi avevano anche dei cuochi che venivano pagati; a volte i cuochi venivano assunti appositamente per i banchetti (il capo cuoco veniva chiamato archimagirus). Abbiamo scelto con che cosa cenare? siamo pronti per prendere posto sul nostro triclinio ed iniziare il nostro banchetto!

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