La Monetazione romana

Aes Signatum
Aes Signatum

In confronto al resto del Mediterraneo, la monetazione arrivò piuttosto in ritardo a Roma, Grecia e Asia minore introdussero le monete come forma di pagamento già dal VII secolo a.C.. Ciò fu determinato principalmente dalle risorse naturali ricche di bronzo e assai povere di argento di cui era fornita l’Italia centrale in quel periodo. La monetazione romana cominciò quindi con scomodi e pesanti dischetti di bronzo fuso, questo fino ai tempi della seconda guerra punica, quando venne introdotto il “denario” una moneta che sarebbe diventata la spina dorsale dell’economia Romana per più di quattro secoli.

Prima dell’introduzione della moneta, nell’Italia centrale esistevano due forme di valuta per favorire il commercio: la prima consisteva in pezzi di bronzo fuso, particolarmente pesanti in confronto alle loro dimensioni, detti “aes rude” ovvero bronzo grezzo, mentre la seconda era il bestiame (pecus), da cui deriva la parola latina che indicava il denaro (pecunia). L’aes rude fu la moneta che gran parte dell’Italia centrale usò per centinaia di anni, anche se risultava un’operazione particolarmente scomoda pesarlo in ogni transazione.
Verso la fine del IV secolo a.C. il bronzo, anzichè essere modellato in piastre di forme irregolari cominciò ad essere fuso in barre a forma di parallelepipedo che sono note attualmente, senza però nessuna fonte storica che lo possa confermare, come aes signatum, ovvero bronzo segnato.
Queste barre risultavano di peso variabile, valutabile comunque attorno alle 5 libbre romane (più o meno 1,6 kg). Di solito presentavano un disegno su una faccia, ed in seguito su entrambe. La funzione reale dell’aes signatum ha avuto nel corso della storia diverse interpretazioni; anche se costituivano una forma di denaro, non potevano considerarsi monete giacché non aderivano ad uno standard di peso.
Roma produsse un proprio aes signatum solo verso il 300 a.C., caratterizzato dall’inscrizione “ROMANOM”, cioè, dei Romani.

Il giurista Pomponio, vissuto nel II secolo a.C., sostiene che la posizione dei tre responsabili di fondere e battere bronzo, argento e oro ( triumviri monetales), fu stabilita nel 289 a.C., e che la la zecca di stato era situata nel tempio di Giunone Moneta sul Campidoglio. In questo periodo Roma aveva oramai grande familiarità con la monetazione, che era stata introdotta dai Greci nelle loro colonie in Italia meridionale. In questo periodo Roma aveva conquistato una gran parte dell’Italia centrale, che le aveva procurato una grande quantità di bronzo ma poco argento. Fu quindi introdotto un sistema di pesante monetazione fusa in bronzo, basato sulla libbra, cioè su un assi dal peso di una libbra con pezzi frazionali fatti di multipli di oncia. 12 once costituivano una libbra. Su questi “aes grave” i valori erano ben segnati con I per l’asse, S sul semisse, alcuni globuli indicavano invece il numero di once nelle denominazioni minori.
Oltre all’asse ed alle sue frazioni, furono prodotti anche multipli come il dupondio (II assi) il tresse (III assi). Il peso dell’aes grave diminuì in una serie di riduzioni. Iniziò con uno standard librale (circa 330 g), poi il peso fu ridotto ad uno standard semi-librale (circa 170 g) intorno al 220 a.C. Già nel periodo dello standard semi-librale, le più piccole denominazioni come l’oncia e la semiuncia erano battute anziché fuse. Poco dopo si passò ad uno standard semi-librale dal peso ridotto, di circa 88 g..
Monete di bronzo di stile greco furono prodotte in piccole quantità con l’inscrizione ΡΩΜΑΙΩΝ (ROMAION) verso il 300 a.C.. Si ritiene che siano state prodotte a favore di Roma da Neapolis (Napoli), basate su stile e peso simile a quello della monetazione propria di Neapolis, ed usate per facilitare il commercio.

Denario di Gaio Servilio Vatia
Denario di Gaio Servilio Vatia

Il denario, che divenne la principale moneta d’argento di Roma per oltre 4 secoli, fu introdotto intorno al 211 a.C., e fu valutato 10 assi, come indicato dal segno X, e pesava circa 4,5 g.. I primi denari presentavano la tipica testa con elmo di Roma dal lato dritto, e al lato rovescio una Vittoria che guida una biga oppure, in altri casi i Dioscuri. Il peso del denario si stabilizzò quasi subito a circa 4 g. e accanto ad esso furono introdotti il mezzo denario, cioè il quinario, segnato con una V, ed il quarto di denario, cioè il sesterzio contrassegnato come IIS.
Quasi contemporaneamente al denario fu introdotta anche un’altra moneta d’argento, il “vittoriato”. Esso fu prodotto in grande quantità principalmente per i pagamenti a cittadini non Romani, ed equivaleva all’incirca ad una Dracma greca. il vittoriato continuò a essere usato fino al II secolo a.C. I vittoriati erano popolari in regioni come la Gallia Cisalpina, dove circolarono a lungo accanto alla dracma della colonia greca di Massalia (Marsiglia). Sin quasi dal principio i denari furono contrassegnati da particolari simboli, come una stella o un’ancora, ed in seguito da monogrammi che indicavano il triumviro monetale che era responsabile per l’emissione.
Anche se il denario restò la moneta portante dell’economia romana dalla sua introduzione nel 211 a.C. fino al termine della sua coniazione nella metà del III secolo d.C., la sua purezza ed il suo peso andarono lentamente, ma inesorabilmente riducendosi. La svalutazione dell’economia romana era causato da una serie di fattori, quali la carenza di metallo prezioso, lo scarso controllo delle finanze statali e la presenza di una forte inflazione. Il denario alla sua introduzione conteneva argento quasi puro con un peso di circa 4,5 grammi, e questi valori rimasero abbastanza stabili durante tutta la repubblica, ad eccezione dei periodi bellici. Ad esempio, i denari coniati da Marco Antonio durante la sua guerra con Ottaviano erano di diametro leggermente più piccolo e con un titolo notevolmente inferiore: il lato dritto raffigurava una galea ed il nome di Antonio, mentre il lato rovescio presentava il nome della particolare legione per la quale la moneta era stata emessa; queste monete rimasero in circolazione per più di 200 anni a causa della carenza di metallo prezioso.
Ottaviano Augusto fu l’autore della prima vera ed importante riforma monetaria dello stato Romano. La riforma prevedeva che dal 15 a.C. la coniazione delle monete in oro ed argento fosse controllata direttamente dall’imperatore, mentre il senato poteva decidere su delibera la coniazione dei valori minori. Per quanto riguarda le monete d’oro, ci si basava sull’aureo. Anni dopo, Nerone, attuò una seconda riforma monetaria, svalutando di circa un 11% l’aureo in uso all’epoca. Domiziano anni dopo ritornò sulla riforma apportata da Augusto, ma Traiano pochi anni dopo lo smentì a sua volta, tornando sui parametri imposti da Nerone.
Un’altra riforma si ebbe nel 215 d.C., per opera dell’imperatore Caracalla. Il denario, nel corso degli anni continuò il suo inesorabile declino durante tutto l’impero di Commodo e di Settimio Severo. Allo stesso tempo, oltre alla riduzione del suo peso, vi fu anche una riduzione del suo titolo (corrispondente alla percentuale di argento presente nella lega), che passò dal 97-98% dell’epoca augustea al 93,5%.
Con Caracalla anche l’aureo venne svalutato, portandolo ad 1/50 di libbra (6,54 g). Inoltre, sia per l’aureo che per il denario, vennero introdotte monete con valore raddoppiato: il doppio aureo, detto anche binione, ed il doppio denario, noto anche come antoniniano. Comunque, mentre l’aureo riuscì ad avere una valutazione abbastanza stabile, anche l’antoniniano conobbe la stessa progressiva svalutazione vista col denario, fino a ridursi ad un contenuto d’argento del 2%.

Denario con testa laureata di Apollo verso destra
Denario con testa laureata di Apollo verso destra

Tra il 272 ed il 275, l’Imperatore Aureliano riformò nuovamente il sistema monetario romano, egli eliminò la possibilità di coniazione locale delle monete minori per riportarle ad un livello qualitativo paragonabile a quello delle altre. L’aureo fu portato inizialmente a 1/60 di libbra (5,54 g), ma poi il suo valore fu fissato ad 1/50 di libbra (6,50 g). Un’ ultima riforma monetaria avvenne nel 310 d.C. ad opera di Costantino, egli si rifaceva al sistema ideato da Augusto secoli prima. Venne introdotto il solido d’oro, con un peso di 4,54 g pari a 1/72 di libbra, e la siliqua d’argento, di 2,27 g pari a 1/144 di libbra. Per quanto riguarda i bronzi, il follis, adottato dalla tetrarchia voluta da Diocleziano e ormai fortemente svalutato, venne sostituito da una moneta di 3 g, detto nummus centonionalis, cioè 1/100 di siliqua.
Questo sistema monetario resto in uso fino alla fine dell’Impero d’Occidente.

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