Prima guerra punica

Combattuta fra il 264 e il 241 a.C., la prima guerra punica fu il primo dei tre grandi conflitti che videro impegnate le due più grandi potenze di quel particolare periodo storico, Roma e Cartagine.

Per più di 20 anni, le due potenze si scontrarono per conquistare la supremazia nel Mediterraneo occidentale, combattendo principalmente in Sicilia e nelle acque circostanti, ma anche in maniera minore nella penisola italiana e nei territori dell’Africa del nord.

 

Prima guerra punica
Prima guerra punica

 

Prima guerra punica

 

CONTESTO STORICO:

Dopo  decenni di espansione nei quali Roma uscì vittoriosa nei confronti delle ostili popolazioni italiche in continua rivolta, la città greca di Tarentum (Taranto), alleata con Bruzi e Sanniti, per tentare di svincolarsi dall’autorità romana, ruppe i trattati sottoscritti e decise di chiedere aiuto a Pirro, Re dell’Epiro. Questi giunto sul suolo italico con un esercito di 25.000 uomini e 20 elefanti da guerra, dopo aver vinto la battaglia di Heraclea e quella di Ascoli Satriano giunse in Sicilia per aiutare le colonie greche a combattere contro i cartaginesi. Dopo essere stato cacciato dall’isola dai suoi stessi alleati che vedevano in lui un possibile tiranno, Pirro fece ritorno sulla penisola dove si scontrò con i romani presso Maleventum (poi chiamata Beneventum dai romani dopo il buon esito della battaglia), dove venne sconfitto in  modo decisivo.

IL CASUS BELLI

A scatenare i motivi del conflitto furono   i mamertini, un gruppo di mercenari italici, provenienti dalla Campania originariamente al servizio del tiranno di Siracusa, Agatocle. Rimasti senza un padrone alla morte di quest’ultimo, i mamertini occuparono e saccheggiarono la città di Messana (odierna Messina), e allo stesso tempo la guarnigione romana di Rhegium (Reggio Calabria), formata da genti di origine campana, prevedendo la sconfitta contro Pirro decisero di ribellarsi facendo strage della popolazione locale. Quando nel 275 a.C., i romani ebbero ragione di Pirro decisero di riprendersi anche la ribelle Rhegium e nel 270 a.C., il console Cornelio Blasione pose l’assedio alla città, aiutato dalla flotta siracusana, e quando la guarnigione si arrese dopo una strenua difesa, deportò a Roma i 4000 sopravvissuti che avevano dieci anni prima preso la città. In quel periodo i mamertini continuarono i loro saccheggi in terra siciliana, fino a quando il nuovo tiranno di Siracusa, Gerone I, non li sconfisse presso Milazzo. I ribelli campani messi così alle strette mandarono richieste d’aiuto sia a Roma sia a Cartagine, quest’ultima fu la prima a rispondere chiedendo a Gerone l’interruzione di ogni ostilità e pretendendo dai mamertini che accettassero una guarnigione di soldati cartaginesi a Messina. I mamertini per nulla soddisfatti preferirono l’aiuto romano con cui chiesero alleanza, senza tuttavia tenere conto di quanto la rivalità fra le due città fosse arrivata a livelli altissimi.

Dopo un lungo dibattito dove alcuni sostenevano che in nome dei trattati sottoscritti anni prima con Cartagine, dove non era concesso ai romani di mettere piede in Sicilia, non bisognava concedere aiuto a dei ribelli che si erano impossessati in modo illegittimo di una città, si contrapponevano altri che vedevano in Cartagine un pericoloso nemico in procinto di conquistare l’intera Sicilia e di conseguenza di mettere a serio rischio i grandi interessi che Roma aveva in quella zona. Vinsero gli interventisti che così in assemblea decisero di accettare la richiesta dei mamertini. Venne posto il console Appio Claudio Caudice a capo di una spedizione militare con l’ordine di attraversare lo stretto di Messina, cosa che avvenne nel 264 a.C.

PRIMA FASE DELLA PRIMA GUERRA PUNICA

La guerra terrestre, un tipo di guerra che Roma preferiva, giocò un ruolo secondario nella prima guerra punica. Le operazioni rimasero infatti confinate ad alcune scaramucce fra le forze in campo, con solo qualche vera battaglia. In generale si assistette ad assedi e blocchi di comunicazioni che furono le sole vere operazioni degli eserciti. Lo sforzo maggiore fu concentrato nei tentativi di chiudere i porti principali in quanto sia Roma che Cartagine erano entrambi nella condizione di dover rifornire le truppe di viveri, materiali ed effettivi, non avendo nessuna delle due città vere e proprie basi militari in Sicilia. Nonostante tutto almeno due battaglie di larga scala furono combattute durante questa guerra. Nel 262 a.C.. Roma assediò Agrigento in un’operazione che coinvolse entrambi gli eserciti consolari per un totale di quattro legioni (circa 20.000 legionari e 2.000 cavalieri) e che tenne campo per molti mesi. La seconda operazione terrestre  fu quella capitanata da Marco Attilio Regolo. Fra il 256 e il 255 a.C., Roma tentò di portare la guerra in Africa invadendo le colonie cartaginesi. Per l’occasione venne costruita una grande flotta sia per il trasporto delle truppe e dei rifornimenti sia per la protezione dei convogli. Cartagine in quel frangente cercò di fermare questa operazione ma venne sconfitta nella battaglia di Capo Ecnomo presso Licata.

La  missione di Attilio Regolo fallì nello scontro di Tunisi dove venne fatto prigioniero, mettendo così la parola fine sulla guerra d’Africa. Nel frattempo Cartagine inviò in Sicilia uno dei suoi più valenti generali: Amilcare, padre di quell’Annibale che pochi decenni dopo avrebbe fatto davvero tremare Roma. Amilcare alla testa dei suoi soldati si impadronì velocemente di gran parte dell’entroterra siciliano rimanendo praticamente imbattuto negli scontri che ebbe con i romani. Fu in questo contesto che Roma iniziò a comprendere che la guerra contro Cartagine si sarebbe potuta vincere solo in campo marittimo.

 

Prima guerra punica
Prima guerra punica

SECONDA FASE DELLA PRIMA  GUERRA PUNICA

La guerra via mare era una pratica certamente più conosciuta e più favorevole a Cartagine, Roma infatti nel corso della sua storia non aveva mai avuto una propria flotta, basti pensare che per i propri interessi marittimi la capitale del futuro impero si serviva di navi greche o etrusche, popolazioni più affini alla navigazione.  Roma e Cartagine dovettero investire pesantemente nell’allestimento delle flotte e questo diede fondo alle finanze pubbliche delle due città, cosa che probabilmente segnò il corso degli eventi bellici.

Roma non aveva nessuna esperienza di guerra navale. Le sue legioni erano vittoriose da secoli nelle terre italiche ma non esisteva una Marina, tanto meno una Marina militare. Così  la prima grande flotta romana fu costruita dopo la battaglia di Agrigento del 261 a.C. Per compensare la mancanza di esperienza in battaglie fra navi, Roma sviluppò una tecnica di combattimento tutta particolare che permetteva di sfruttare la conoscenza delle tattiche di combattimento terrestri in cui non aveva rivali. Le navi romane furono così equipaggiate con uno speciale congegno d’abbordaggio: il corvo. Questo strumento agganciava le navi nemiche e permetteva alla fanteria di combattere quasi come sulla terraferma. L’efficienza di quest’arma fu provata per la prima volta nella battaglia di Milazzo, la prima vittoria navale romana; e continuò ad essere provata negli anni successivi, specialmente nella dura battaglia di Capo Ecnomo.

Se in un primo momento il corvo montato sulle navi romane forniva un vantaggio per quanto riguardava gli scontri armati, alla lunga si rivelò però un impaccio per quanto riguardava la navigazione, verso la fine di questo primo conflitto la fazione che subì le maggiori perdite, sia umane che di vascelli da guerra, fu quella romana. Questo fu più comunque il risultato delle numerose tempeste in cui occorsero, più che una netta superiorità cartaginese, sta di fatto che Cartagine sul mare dominava, non avendo in quel frangente Roma le possibilità economiche per armare una nuova flotta.  A questo punto, attingendo dai propri fondi personali, numerosi facoltosi romani con le loro donazioni volontarie permisero un riarmo della flotta.  La prima guerra punica fu decisa nella battaglia delle Egadi (10 marzo 241 a.C.) vinta dalla flotta romana sotto la guida del console Gaio Lutazio Catulo. Cartagine, persa così la maggior parte delle navi della flotta inviata in soccorso di Amilcare, assediato negli ultimi avamposti siciliani sull’estremità occidentale dell’isola, fu economicamente incapace di varare un’altra flotta o di trovare nuovi equipaggi. Senza navi che gli consentissero i collegamenti con la madrepatria, Amilcare in Sicilia, fu costretto ad arrendersi e a ritirarsi.

Roma vinse la prima guerra punica alla fine di 23 anni di combattimenti, fra alterne vicende, e alla fine sostituì Cartagine come maggiore potenza del Mediterraneo occidentale. Nel dopoguerra entrambi le fazioni erano finanziariamente e demograficamente esauste. La vittoria romana fu senza dubbio da attribuire, oltre al valore e al merito dei propri soldati, anche alla ferrea volontà delle proprie istituzioni, Senato in primis, che fin da subito non ebbero la minima esitazione su come si sarebbe dovuta concludere quella guerra, al contrario dei Cartaginesi, continuamente divisi su quale dovesse essere l’orientamento del conflitto, con decisioni poco chiare e paralizzati da continue lotte di potere al loro interno. Altro fattore decisivo che portò le sorti del conflitto dalla parte di Roma, fu senza dubbio il patriottismo dei personaggi più ricchi, che condividendo lo stesso obiettivo, con le loro donazioni, al contrario della nobiltà cartaginese che non voleva in nessun modo privarsi dei propri beni per contribuire alla guerra,  permisero alla flotta romana di riarmarsi, di reclutare nuovi soldati e di prevalere nello scontro navale decisivo.

Le condizioni di pace imposte a Cartagine dai romani furono particolarmente pesanti, tra queste vi era l’ordine di abbandonare completamente la Sicilia e di perdere tutto quello che i punici controllavano sul Mediterraneo, non che naturalmente di evitare qualsiasi conflitto con Siracusa e i suoi alleati.

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