Tito Flavio Vespasiano

Appartenente alla dinastia dei Flavi, Tito Flavio Vespasiano, più conosciuto semplicemente come Tito, nacque a Roma il 30 dicembre del 39 d.C. e morì nei dintorni di Rieti il 13 settembre dell’anno 81 d.C..
Figlio dell’Imperatore Vespasiano che lo precedette sul trono di Roma, Tito si distinse per la sua abilità nel reprimere la rivolta giudaica nel 70 d.C., culminata col drammatico assedio del tempio di Gerusalemme, tempio che venne completamente raso al suolo al termine dei tumulti.
L’Imperatore Tito è inoltre noto per il suo programma di opere pubbliche a Roma e per la sua generosità nel soccorrere la popolazione bisognosa in seguito a due eventi disastrosi come l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e l’incendio di Roma dell’80 d.C.. Celebre è la definizione che diede di lui lo storico Svetonio: ” Amor ac deliciae generis humani. ” ovvero ” Amore e delizia del genere umano. “.

Busto dell'Imperatore Tito.
Busto dell’Imperatore Tito.

Tribuno militare in Germania tra il 58 e il 60 d.C., e poi in Britannia, probabilmente a seguito della rivolta della regina degli Iceni, Budicca, Tito fece ritorno a Roma nel 63 d.C. per intraprendere la carriera politica, venendo subito eletto come Questore, e sposando la figlia di Marco Arrecino Clemente, un ex Prefetto del pretorio, Arrecina Tertulla. Due anni dopo, Tito a seguito della prematura morte della prima moglie, si risposò, questa volta con Marcia Furnilla. La nuova moglie del futuro Imperatore apparteneva a una nobile famiglia, collegata, però, con l’opposizione senatoriale a Nerone, tanto che lo zio di Furnilla, Barea Sorano, e sua figlia Sevilla morirono nelle purghe neroniane seguite alla fallita congiura di Pisone del 65 d.C.. La successiva decisione di Tito di divorziare da Furnilla fu presa probabilmente per allontanare da sé i sospetti di una possibile collusione con la congiura.
Allo scoppio della rivolta giudaica nel 67 d.C., Nerone incaricò il generale Vespasiano di occuparsi della faccenda, e Tito che all’epoca aveva appena 28 anni, prese il comando della Legio XV Apollinaris, che prelevò personalmente da Alessandria d’Egitto, dove era stanziata, per portarla con se in Giudea.
Nelle descrizioni di Giuseppe Flavio, storico e scrittore dell’epoca, non che sfacciatamente dalla parte dei flavi con cui aveva rapporti di clientela, Tito è l’eroico comandante che assediò e conquistò cinque insediamenti nemici, ma, una volta soppesato il punto di vista dell’autore, appare chiaro che all’inizio della campagna Tito, che non aveva avuto precedenti esperienze di comando, non fu così brillante come lo scrittore vuole farcelo apparire. Tito fu incaricato da Vespasiano di recarsi ad Antiochia a mediare con Gaio Licinio Muciano, governatore della Siria e come tale responsabile della Giudea, affinché i due generali giungessero a dividersi proficuamente le competenze: Tito riuscì nel compito, protrattosi fino alla fine del 67, e si unì al padre nella guerra.
Nel 69 d.C., il famoso anno dei quattro imperatori, Vespasiano, acclamato Imperatore partì per Roma per rivendicarne il trono, non prima però di aver lasciato le redini del comando al figlio Tito, che a sua volta impiegò un anno per porre fine alla rivolta conclusasi con la distruzione del tempio di Gerusalemme. Alcune immagini relative al saccheggio del tempio sono scolpite nel marmo dell’arco dedicato a Tito all’interno dei Fori Imperiali.
Al suo ritorno a Roma, nel 71 d.C., fu accolto in trionfo. Fu più volte console durante il regno del padre e fu anche censore e prefetto della Guardia pretoriana, assicurandone in tal modo la fedeltà all’imperatore.
Tito succedette al padre Vespasiano dopo la sua morte avvenuta nel 79 d.C.. Svetonio a proposito scrive preoccupato di come allora molti temettero che Tito si sarebbe comportato come un novello Nerone, a causa dei numerosi vizi che gli venivano attribuiti. A smentire tali preoccupazioni egli fu invece un valido e stimato imperatore, amato dal popolo, e pronto a riconoscerne le virtù. Pose fine ai processi per tradimento, punì i delatores, e organizzò sontuosi giochi gladiatòri, senza che il loro costo dovesse esser sostenuto dalle tasche dei cittadini. Completò poi la costruzione del Colosseo e fece costruire le terme, a lui intitolate, nel sito dove si trovava la Domus Aurea, restituendo l’area alla città.
Statua di Tito conservata al museo del Louvre a Parigi.
Statua di Tito conservata al museo del Louvre a Parigi.

L'Arco di Tito, innalzato dal fratello Domiziano per celebrarne i successi militari in Giudea.
L’Arco di Tito, innalzato dal fratello Domiziano per celebrarne i successi militari in Giudea.

L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che causò la distruzione di Pompei ed Ercolano e provocò gravissimi danni nelle città attorno al golfo di Napoli, seguito l’anno successivo da un rovinoso incendio divampato a Roma, diedero modo a Tito di mostrare la propria generosità: in entrambi i casi infatti contribuì con le proprie ricchezze a riparare i danni e ad alleviare le sofferenze della popolazione in difficoltà. Questi episodi, e il fatto che durante il suo principato non fu emessa nessuna sentenza di condanna a morte, gli valsero l’appellativo presso gli storici suoi contemporanei di “delizia del genere umano”.
Dopo appena due anni di regno, Tito morì per una forte febbre. Svetonio ipotizza che potrebbe essere stato colpito dalla malaria assistendo i malati, oppure avvelenato dal suo medico personale, di nome Valeno, su ordine del fratello Domiziano, che gli sarebbe poi succeduto. Alla sua morte fu deificato dal Senato, e un arco trionfale fu eretto nel Foro Romano dallo stesso Domiziano per celebrare le sue imprese militari.
Ancora oggi, si usa una frase a lui attribuita (“Ecco una giornata perduta!”) che avrebbe pronunciato al tramonto di una giornata in cui non aveva avuto occasione di fare del bene.

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