Agricoltura e Commercio

Oltre ad essere  strette necessità, l’agricoltura e il commercio nell’antica Roma erano veri e propri stili di vita e considerate fra le migliori occupazioni possibili. La coltivazione di base era il grano e il pane costituiva l’alimento base di ogni tavola romana. Nonostante Roma si appoggiasse alle molte risorse acquisite dalle tante guerre di conquista, i romani più abbienti preferirono comunque sviluppare le proprie tecniche agricole in Italia per riuscire a sviluppare una più grande quantità di prodotti. Vero fattore discriminante fra patrizi e plebei le proprietà terriere stabilivano anche il grado di importanza all’interno della città di Roma stessa, gli stessi legionari venivano ricompensati con terreni da coltivare dal generale sotto il quale avevano servito, e nonostante le aziende dipendessero dal lavoro dei servi, non era raro che all’interno di esse venissero assunti anche liberi cittadini con la funzione di verificare che il lavoro avvenisse nel modo più opportuno.

agricoltura e commercio
agricoltura e commercio

Agricoltura e Commercio, pratiche agricole:

Nei primi secoli della Repubblica le terre romane erano divise in piccoli appezzamenti gestiti dalle varie famiglie di appartenenza, nello stesso periodo i Greci, già adottavano il metodo della rotazione delle colture e possedevano già grandi tenute. Proprio il contatto fra la civiltà latina ed ellenistica, ma anche le prime interazioni con Cartagine, favorirono nei romani, un rapido miglioramento che trovò il suo apice negli ultimi anni della Repubblica. La dimensione delle tenute agricole di quel periodo si divideva in tre categorie: piccole proprietà da 18 a 105 iugeri ( 1 iugero = un quarto di ettaro), medie da 80 a 500 iugeri, e grandi, chiamate anche latifondi, che si estendevano per oltre 500 iugeri. Nella tarda Repubblica il numero di latifondi aumentò considerevolmente, i più ricchi infatti acquistarono anche le terre dei meno abbienti che non riuscivano più a guadagnarsi da vivere, o a quelli che erano stati costretti a partire in guerra lasciando sguarnito il proprio terreno. All’interno di ogni singola  azienda le mucche provvedevano a fornire il latte, asini e buoi venivano impiegati per i lavori pesanti, mentre il latte di capre e pecore veniva utilizzato per la produzione di vari formaggi, veniva sviluppata l’apicoltura per la raccolta del miele, e in molti casi si allevavano lumache, utilizzate in pietanze di lusso sulle tavole di molti patrizi.  Vi erano inoltre quattro metodi principali di conduzione di un terreno agricolo: il primo era il lavoro diretto e visionato dal proprietario stesso, o dalla sua famiglia, vi era poi la mezzadrìa, un metodo per il quale il terreno veniva affittato a terzi, i guadagni poi venivano divisi egualmente fra proprietario e gestore. Vi era poi il lavoro gestito dagli schiavi sotto la stretta sorveglianza degli aristocratici proprietari e altri metodi per i quali vari terreni venivano ceduti in affitto ad altri contadini.

Agricoltura e Commercio, il commercio:

Gli scambi commerciali fra le varie province erano molto floridi, e ciascuna regione era sostanzialmente indipendente dal punto di vista economico. La peculiarità fu nel fatto che molte regioni si specializzarono nel proprio prodotto migliore, fu così quindi che in alcune zone si produceva principalmente vino, in altre l’olio d’oliva e in altre zone ancora, il terreno permetteva una migliore coltivazione del grano. Alcuni personaggi importanti dell’epoca, come Plinio il vecchio o il geografo Strabone, ci spiegano nei loro trattati di come la pianura del Po fosse economicamente strategica, per il fatto che in quella zona ogni pianta di cereale cresceva bene, a causa del terreno molto irrorato, oppure di come la terra di Etruria fosse ottima per la coltivazione del grano, e ancora di come il terreno vulcanico della Campania fosse ideale per la produzione di un ottimo vino. Il commercio, specialmente nei primi secoli della Repubblica era strettamente legato al bestiame, tramite baratto, tali mercati si svolgevano settimanalmente a Roma, tradizionalmente nella zona del Foro Boario, tra l’Aventino e l’Isola Tiberina. Successivamente, oltre al mercato dei buoi e della carne, presero piede anche quelli delle erbe, e più avanti ancora, con la crescita di molte città nel III sec. a.C., si svilupparono quelli che si potevano benissimo considerare, i centri commerciali dell’epoca, dei veri e propri mercati generali dove venivano convogliate ogni tipo di merci, dalla carne al pesce alle verdure, fino ai cibi più esotici di non facile reperibilità. Vista l’impossibilità per i senatori di commerciare, fu dall’ordine equestre che uscirono i maggiori imprenditori che si specializzarono in attività industriali e mercantili, riuscendo a ricavare enormi profitti, il che permise loro, in qualche caso, di acquisire un notevole prestigio. L’impulso fornito dalla forte urbanizzazione del primo periodo imperiale, e la messa in sicurezza di molte linee di traffico commerciale, favorì una fortissima espansione del commercio, aumentarono così a Roma, botteghe, depositi, e magazzini, così come le persone addette alle varie manutenzioni, i traffici marittimi si spinsero fino in luoghi lontanissimi e impensabili fino a pochi decenni prima, come l’Arabia, l’India e la Cina. Ma molto forte rimaneva anche il traffico commerciale interno, dove olio, grano e vino, venivano scambiati da provincia a provincia, molto frequenti erano anche gli scambi di materiali preziosi come granito e marmo, e ciò è degno di nota, poichè tali trasporti, anche su lunghe distanze, erano tutt’altro che agevoli da eseguire. Tali commerci erano poi favoriti anche da una fitta rete stradale che permetteva un trasporto molto più rapido.

agricoltura e commercio, resti di un mulino romano nel sud della Francia
agricoltura e commercio, resti di un mulino romano nel sud della Francia

Agricoltura e Commercio, meccanizzazione dell’agricoltura:

Con il trascorrere del tempo, i romani migliorarono sempre di più le loro tecniche agricole, riuscendo a meccanizzarle, rendendo più pratici e veloci alcuni tipi di lavori. Vennero quindi convogliate una parte delle acque degli acquedotti, sui campi coltivati per innaffiare regolarmente le varie piante, ci fu poi un grande incremento nella costruzione dei mulini per trasformare il grano in farina, specialmente in Gallia, dove ancora oggi possiamo ritrovarne i resti, particolarmente nella zona di Arles. La portata di questi mulini è stata sommariamente stimata in circa 4.5 tonnellate di farina al giorno, una portata considerevole che soddisfava il bisogno dei circa 12.500 abitanti dell’antica città di Arelate. Da alcuni bassorilievi si distingue anche che i romani avessero ideato una sorta di primitiva macchina adatta alla mietitura del grano, si pensa infatti che questo congegno, trainato da asini o buoi, riuscisse a strappare solo la spiga lasciando lo stelo piantato nel terreno, persino Plinio il vecchio menziona con meraviglia  tale marchingegno nel suo trattato di storia naturale.

In conclusione possiamo aggiungere come gli antichi agricoltori romani dovessero, tutto sommato, avere a che fare con i problemi che ancora oggi tormentano quelli moderni, ne sono esempio i vari parassiti, le alluvioni, oppure le tempeste, naturalmente gli antichi dovevano preoccuparsi maggiormente delle distanze e delle guerre. Roma ai tempi della Repubblica era in forte espansione e alcuni dei suoi più acerrimi nemici facevano parte di popolazioni a cui era appunto stata sottratta la propria terra,  anche se spesso l’esercito veniva in soccorso l’eventuale battaglia, indipendentemente dall’esito finale, si sarebbe conclusa con la quasi totale devastazione delle coltivazioni circostanti.  Le ribellioni degli schiavi o le invasioni dei barbari contribuirono alla distruzione delle tradizionali aziende agricole.

Si ringrazia per le foto:

http://factsanddetails.com/world/cat56/sub408/item2049.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Agricoltura_della_civilt%C3%A0_romana

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