Aureliano, il Restitutor Orbis

Aureliano, il restitutor orbis, una dicitura ottenuta dal fatto che fu l’imperatore romano che riunì nuovamente sotto un’unica egida tutto l’impero, in un periodo durante il quale l’instabilità politica e militare la facevano da padrone, e culminata con la creazione del Regno delle Gallie, guidato dal secessionista Tetrico e la separazione del Regno di Palmira, per opera della regina Zenobia.

Aureliano, il Restitutor Orbis
Aureliano, il Restitutor Orbis

AURELIANO, IL RESTITUOR ORBIS: PREAMBOLO E ORIGINI:

Lucio Domizio Aureliano, nacque a Sirmio, (odierna Sremska Mitrovica, in Serbia),  il 9 settembre del 214 d.C., e morì a Bisanzio dopo soli cinque anni di regno, il 25 settembre del 275 d.C.. Militare brillante e valoroso, molto amato dai suoi soldati, venne elevato proprio da questi ultimi alla porpora imperiale, e malgrado sia stato assassinato dopo soli cinque anni di regno, molti e decisivi interventi riuscì a completare, aiutando Roma a superare la grave crisi del III secolo. Aureliano intervenne militarmente per riunificare l’impero, attuò un’importante riforma per combattere l’eccessiva svalutazione monetaria, sul piano religioso introdusse il celebre culto del “Sol Invictus”, una decisione che a conti fatti rafforzò notevolmente il potere imperiale, e in ultimo elevò attorno a Roma una maestosa cinta muraria che ne prese il nome, e che ancora oggi possiamo ammirare.

Aureliano nacque a Sirmio, nella Pannonia inferiore, da una famiglia di umili condizioni, il padre era un colono al soldo di un certo senatore Aurelio, mentre la madre sarebbe stata una sacerdotessa del Dio Sole, un culto che si era già propagato, maggiormente proprio in quelle zone a ridosso del Danubio, importato e sviluppato dai legionari che una volta smesso il servizio, facevano ritorno alle loro terre di origine e vi si stabilivano come contadini, probabilmente la stessa cosa che accadde al padre di Aureliano. Del futuro imperatore si sa soltanto che ebbe una sorella, il figlio della quale, una volta ottenuto il potere, fece uccidere.

AURELIANO, IL RESTITUOR ORBIS: CARRIERA MILITARE E ASCESA AL TRONO:

Le regioni danubiane, già da tempo fornivano all’impero un importante bacino dove arruolare nuovi soldati, e proprio in questa zona, un poco più che ventenne Aureliano venne per la prima volta reclutato. Nel 242 d.C., al comando di una coorte si trovò ad affrontare i Sarmati che avevano appena invaso le regioni illiriche, qualche anno dopo fu impegnato contro i Franchi sul fiume Reno nei pressi di Mogontiacum, nel 257 d.C.,  in assenza del comandante Ulpio Crinito, si assunse la responsabilità della difesa della zona del basso Danubio, riuscendo brillantemente a respingere i Goti. Il 268 d.C., risulta essere l’anno decisivo, non solo per le sorti dell’impero, ma anche per quelle dello stesso Aureliano. In quell’anno i Germani spingevano sui confini a nord, mentre ad est, i Goti costituivano un’altra spina nel fianco, come se non bastasse, il generale Manio Acilio Aureolo, si autoproclamò imperatore per contendere il trono al legittimo sovrano Gallieno, ma mentre quest’ultimo già assediava il  ribelle a Milano, il prefetto del pretorio Eracliano, lo stesso Aureliano, già allora Magister Equitum, il futuro imperatore Claudio, e Marciano, tramarono una congiura per eliminare l’imperatore. La congiura ottenne il successo sperato e una volta eliminato Gallieno, Claudio venne elevato alla porpora imperiale, e conosciuto in seguito come Claudio il Gotico, mentre il ribelle Aureolo, dopo aver tentato di scendere a patti, venne anch’egli trucidato.

Nel 268 d.C. Aureliano venne confermato comandante della cavalleria dal nuovo imperatore, che inoltre gli affidò il comando della guerra nell’illirico. Come braccio destro di Claudio, Aureliano si distinse nel 269 d.C., nei pressi del lago di Garda, dove in un’epica battaglia riuscì a sconfiggere i temibili Alamanni, dopo di che, sempre al fianco di Claudio raggiunse i Goti a Naisso (odierna Nis, in Serbia), ottenendo un’altra storica vittoria, al termine della quale almeno 50.000 barbari persero la vita. All’inizio del 270 d.C., l’imperatore era ancora alle prese con i grattacapi creati dai Goti, ma una nuova invasione barbarica creata dalla tribù degli Iutungi, provocò ingenti danni alla regione del Norico, costringendo Claudio ad intervenire con grande prontezza, il sovrano lasciò quindi il comando delle operazioni nei balcani ad Aureliano, mentre lui spostò il suo quartier generale a Sirmio, per meglio dirigere le operazioni. Sfortunatamente per lui, un’epidemia scoppiata tra le fila del suo esercito gli fece perdere la vita poco tempo dopo. Alla notizia della morte di Claudio, il senato conferì il trono al fratello Quintillo, al comando di un distaccamento militare ad Aquileia, ma la notizia raggiunse in poco tempo anche lo stesso Aureliano. Il futuro imperatore venuto a conoscenza della morte di Claudio non perse tempo, si affrettò a concludere la guerra contro i Goti, ponendo fine a tutti gli assedi che fino a quel momento erano ancora in atto, per poi dirigersi in breve tempo a Sirmio, dove  immediatamente venne acclamato imperatore dalle sue truppe. Il suo primo imperativo fu quello di raggiungere il Norico nel più breve tempo possibile per eliminare la minaccia portata dagli Iutungi, nel frattempo Quintillo, abbandonato anche dai suoi più stretti collaboratori che preferirono seguire l’astro di Aureliano, decise di suicidarsi.

AURELIANO, IL RESTITUOR ORBIS: IL REGNO:

Liberatosi in poco tempo, anche se non definitavemente degli Iutungi, Aureliano discese a Roma per raccogliere ufficialmente dalle mani del Senato il potere imperiale. Una volta giunto in città il nuovo imperatore si rese subito conto che nuovi difficili compiti erano alle porte, il secessionista Tetrico gestiva il cosiddetto impero delle Gallie, la cui influenza gravava anche sulla Britannia, mentre in oriente la regina Zenobia e suo figlio Vaballato, con il loro regno di Palmira, avevano rapidamente assoggettato l’Egitto e molte altre regioni del medioriente, guardando con occhio più benevolo i vicini Sasanidi piuttosto che i Romani. Aureliano si trovava così con 14 legioni disponibili, un impero di fatto diviso in tre parti e contemporaneamente con le frontiere danubiane da difendere dalle continue incursioni barbariche. Pur deciso di riunficare l’impero sotto un’unica egida, ad Aureliano serviva tempo, le risorse militari erano troppo esigue e logore da troppe battaglie per poter affrontare un’impresa tanto ampia, quindi si affidò inizialmente alla diplomazia. Se per il mediocre regno Gallo-Romano di Tetrico, incapace di una qualsiasi politica espansionistica bastava la guardia del corpo militare stanziato nella Gallia Narbonense, comandato da Giulio Placidiano, non poteva essere adottata la stessa tattica per la grande ascesa del regno di Palmira, al quale Aureliano, dovette per forza di cose,  fare alcune concessioni, come ad esempio quella di concedere al figlio di Zenobia, Vaballato, il titolo di Rex e Dux Romanorum. Nel frattempo nuove minacce venivano portate dai barbari alle frontiere dell’est. Se una prima invasione di Vandali e Sarmati venne prontamente stoppata da Aureliano in persona, una seconda, più organizzata formata da Marcomanni e Alamanni, penetrò molto più in profondità, fino ad arrivare alla pianura padana. Aureliano li affrontò a Piacenza andando incontro ad una impronosticabile sconfitta, e fu solo grazie all’avidità dei barbari che li spinse a dividersi in tanti piccoli gruppi alla ricerca di qualsiasi cosa da poter saccheggiare, che l’imperatore in seguito ne potè avere ragione. Una volta ribaltate le sorti della guerra che videro Aureliano combattere piccoli gruppi di invasori che si erano spinti forse fino all’Abruzzo, l’Imperatore tirò le somme e decise di occuparsi del regno di Palmira.

La situazione della provincia di Dacia era già da alcuni anni compromessa, le continue pressioni dei Goti costituivano un impegno troppo gravoso per i piani di Aureliano, il quale decise di abbandonare gradualmente quella regione e di rinominare una provincia di Dacia più a sud,  rendendo i confini più difendibili e nello stesso tempo liberando dai loro compiti ben due legioni. Tale decisione creò inoltre diverse tensioni fra le tribù barbariche della regione che le tennero impegnate per un pò di tempo dando così la possibilità a quelle frontiere martoriate di rifiatare. Le forze romane così si apprestarono a dirigersi verso oriente dove il regno di Palmira aveva di fatto distaccato dall’autorità romana le province di Cilicia, Siria, Mesopotamia, Cappadocia ed Egitto. Dopo una serie di campagne militari, culminate nel 272 d.C., con il grande assedio di Palmira, Aureliano ottenne una grande vittoria che riportò tutti quei territori sotto il diretto controllo di Roma. Sull’onda dell’entusiasmo, l’anno successivo l’imperatore portò il suo esercito dalla parte opposta dell’impero per porre fine al regno Gallo-Romano di Tetrico. Tetrico, saputo dell’arrivo di Aureliano, si mosse con i suoi soldati verso sud, scontrandosi con quest’ultimo nei pressi di Chalons sur Marne, una battaglia che terminò con la cattura di Tetrico e di suo figlio. Al termine di questa guerra il senato conferì ad Aureliano il titolo di “Restitutor Orbis”, e la possibilità di ottenere un sontuoso trionfo, durante il quale sia Zenobia che Tetrico vennero esibiti come trofei, ma non giustiziati in seguito  come era in uso fare, al contrario, alla regina venne data la possibiltà di insediarsi a Tibur (Tivoli), mentre il secondo venne nominato governatore della Lucania.

Aureliano, il Restitutor Orbis, tratto delle mura Aureliane
Aureliano, il Restitutor Orbis, tratto delle mura Aureliane

 POLITICA E OPERE:

Senza alcun dubbio l’opera più celebre costruita da Aureliano fu la costruzione delle imponenti mura che ancora oggi portano il suo nome e che possiamo ancora ammirare per larghi tratti. La costruzione avvenne dal 270 al 273 d.C., sintomo chiaro di come in quei tempi difficili, neppure la capitale poteva dirsi al sicuro. La lunghezza complessiva del perimetro delle mura aureliane era anticamente di ben 19 km, mentre oggi ne rimangono circa 12, e si presentano ancora in un discreto stato di conservazione. L’intera struttura si componeva di muro merlato, intervallato ogni 30 metri da  torri a pianta rettangolare, e da 17 o 18 porte principali. Solo ai lati delle porte si trovavano torri cilindriche, ma è in  dubbio se fossero inizialmente così o se la forma a pianta circolare sia frutto del restauro realizzato più di un secolo dopo da Onorio. Nei punti  più scoscesi la parte interna del muro era rinforzata da un terrapieno. Le porte, erano generalmente di tre tipi, a seconda dell’importanza che all’epoca rivestivano le strade che da esse si dipartivano: le più importanti si componevano di due arcate gemelle, avevano una pavimentazione in travertino ed erano affiancate da due torri cilindriche; una sola arcata avevano quelle porte a cui si riconosceva un’importanza secondaria,  al terzo tipo appartenevano porte costituite da una semplice arcata e affiancate dalle comuni torri quadrangolari.

Di questo periodo si ricorda anche la costruzione del tempio del Sole, dedicato da Aureliano al “Sol Invictus” nel 275 d.C. per sciogliere il voto fatto in occasione del suo successo sulla regina Zenobia a Palmira tre anni prima. Per il culto fu istituito un collegio di Pontefices Dei Solis, e dei giochi annuali con corse nel circo, oltre a giochi quadriennali (agon Solis) da tenersi al termine dei Saturnalia.  Dalle fonti sappiamo che si trovava nella via Lata nel Campus Agrippae, che fu ornato con il bottino di guerra preso a Palmira e che era circondato da portici, dove aveva sede il deposito dei vina fiscalia, vino venduto a prezzo ridotto alla plebe di Roma a partire dall’epoca di Aureliano. La localizzazione coincide con l’attuale piazza di San Silvestro, presso la chiesa di S. Silvestro in Capite.  La sorte per Aureliano girò quando nel 275 d.C., con un forte esercito, l’imperatore si preparava ad attraversare il Bosforo per dare vita ad una campagna contro i Sasanidi. Nell’occasione un suo segretario, pare per una vendetta privata, lo trafisse alle spalle,  uccidendolo all’istante. La morte di questo grande sovrano generò grande commozione in tutto l’impero, e contemporaneamente un motivo alle tribù barbariche di ricominciare a spingere sui sempre più incerti confini danubiani.

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