Caligola

Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, meglio conosciuto come Caligola, regnò sull’Impero romano col nome di Gaio Cesare, nacque ad Anzio il 31 di agosto del 12 d.C. e morì a Roma il 24 gennaio del 41 d.C.,. Caligola fu il terzo Imperatore di Roma e regnò per soli quattro anni fino alla sopraggiunta morte per mano di una congiura ordita dai pretoriani. Le fonti storiche ci hanno sempre tramandato un’immagine negativa di Caligola, tracciandone un profilo discutibile mettendo in risalto le sue stravaganze e le sue depravazioni, tuttavia nel suo primo periodo alla guida dell’Impero gli vanno riconosciute alcune iniziative tutt’altro che negative; promosse infatti la riduzione della tassa sulle vendite, e fu il protagonista della realizzazione e ristrutturazione di alcune importanti opere pubbliche. Il suo declino potrebbe essere stato dovuto ad una malattia degenerativa che lo rese mentalmente squilibrato.

Caligola,  Anzio, resti della casa natale
Caligola, Anzio, resti della casa natale

Caligola, origini familiari:

Nato come Gaio Giulio Cesare Germanico, era il terzo figlio di Agrippina maggiore, e dell’amatissimo generale romano Germanico, che a sua volta era già stato adottato dall’ Imperatore Tiberio, il che rendeva Caligola il più probabile successore del prozio. Nato ad Anzio il 31 agosto del 12 d.C., fu allevato nei primi anni di vita a Roma all’interno della corte di Augusto. All’età di due anni partì con i genitori alla volta del fronte germano-gallico, e li rimase fino al 16 d.C, quando il padre  ebbe terminato le operazioni militari in quei territori. Proprio in questi tre anni il giovane Gaio Cesare si “guadagnò” il soprannome di Caligola, letteralmente “piccola caliga”, la classica calzatura del legionario romano che il giovanetto indossava sempre, al seguito del padre Germanico. Sembra però che tale soprannome, affibbiatogli dai legionari romani, non piacesse molto al futuro Imperatore.

Tornato a Roma nel 17 d.C., presenziò al trionfo del padre, dopo di che la difficile situazione mediorientale impose alla famiglia una nuova partenza. Tiberio nel 18 d.C. aveva deciso di inviare in quella regione il proprio figlio adottivo, Germanico, a cui, per l’occasione, fu concesso l’Imperium su tutte le province orientali. L’Imperatore Tiberio tuttavia, non avendo la minima fiducia in Germanico, confidando anzi di liberarsi con quell’incarico di una figura tanto ingombrante, scelse come governatore della Siria un uomo di sua fiducia, e la scelta ricadde su Gneo Calpurnio Pisone. Il 10 ottobre del 19 d.C., dopo lunghe sofferenze Germanico morì, ma prima di spirare  confessò la propria convinzione di essere stato avvelenato da Pisone, e rivolse un’ultima preghiera ad Agrippina affinché vendicasse la sua morte. Si diffuse subito, pertanto, la diceria di un coinvolgimento dello stesso Tiberio, quasi fosse il mandante del delitto di Germanico, avendo lo stesso scelto personalmente di inviare Pisone in Siria.  A Pisone non poté comunque essere imputata l’accusa di veneficio, che appariva, impossibile da dimostrare; il governatore della Siria, tuttavia, certo di dover essere condannato per altri reati, preferì suicidarsi prima che venisse emesso il verdetto. Messo ora di fronte alla morte paterna, e agli intrighi e alle congiure di palazzo, terminava per il piccolo Caligola un’infanzia tutto sommato serena.

La "caliga"romana dal quale l?imperatore Caligola prese il soprannome
La “caliga”romana dal quale l’imperatore Caligola prese il soprannome

Caligola, l’ascesa al trono:

Negli anni seguenti Tiberio, temendo di essere al centro di continue congiure, ordinava spesso esecuzioni sommarie, e così fece anche con il suo braccio destro, Seiano, sospettato di voler ambire al trono imperiale, durante l’assenza dell’Imperatore da Roma. Proprio nell’anno della caduta di Seiano (31 d.C.) Caligola entra più attivamente nella vita politica, riaprendo di fatto  la questione della successione. Tiberio, ormai ritiratosi sull’isola di Capri, dove si era auto esiliato dal 26 d.C., volle  che a fargli compagnia fosse il nipote Caligola. Svetonio ci racconta che, già in questo periodo, il giovane Caligola mostrò i primi segnali della sua natura crudele e viziosa, assistendo spesso e volentieri alle esecuzioni capitali, oltre a frequentare taverne e bordelli, mascherandosi per non farsi riconoscere. Tiberio che dal canto suo conosceva i vizi del nipote  ne tollerava la condotta, l’avversione che il popolo romano aveva per Tiberio si riversò da quel momento anche su Gaio Cesare. Nel 33 d.C. Caligola sposò Giunia Claudia, figlia di Marco Giunio Silano, un importante esponente dell’aristocrazia romana. Nel 35 d.C., Tiberio deponendo il testamento poteva scegliere fra tre possibili eredi, Gaio Cesare, il nipote Tiberio Gemello e il fratello di Germanico, Claudio.  Alla resa dei conti il candidato con le credenziali migliori pareva essere proprio Gaio Cesare, anche perchè Tiberio Gemello aveva solo 15 anni ed era fortemente sospettato di essere figlio di Seiano durante le  relazioni adulterine con la moglie di Druso minore, Claudia Livilla. Claudio invece non venne neppure incluso nel testamento a causa della sua debolezza nel fisico rendendolo del tutto inadatto al ruolo. Il 16 marzo del 37 d.C. le condizioni di Tiberio si aggravarono molto tant’è che Caligola scese per le strade già acclamato Imperatore dal popolo, Tiberio però sorprendentemente si riprese sucitando grande scalpore tra quelli che avevano già acclamato Imperatore Caligola. Fu a quel punto che il prefetto Macrone, personaggio che già da tempo tendeva ad accaparrarsi le simpatie di Gaio Cesare, ordinò che Tiberio fosse soffocato nelle sue coperte, il vecchio Imperatore, indebolito e del tutto incapace di reagire, morì all’età di 77 anni. Molti sostennero che fu lo stesso Caligola a soffocare Tiberio, teorie successive affermano invece che l’Imperatore spirò per cause naturali. Caligola tornò a Roma seguendo il corteo funebre di Tiberio e, entrato in città, ne pronunciò l’elogio funebre. Subito dopo partì per le isole di Ventotene e Ponza per riportare a Roma le ceneri della madre e del fratello Nerone.  Salpò poi per Ostia e proseguì fino a Roma dove le posò nel Mausoleo di Augusto.  La folla al suo passaggio lo acclamò, definendolo “nostra stella” e “nostro bambino”. Il Senato di Roma allora, su pressione del popolo, annullò il testamento di Tiberio, che aveva incluso erede anche Tiberio Gemello, con la scusa che l’imperatore prima di morire fosse uscito di senno, e proclamò nuovo “Princeps” Caligola. Era il 18 marzo del 37 d.C..

Caligola, il principato:

Come detto in precedenza i primi atti di Caligola come Imperatore di Roma furono tutt’altro che negativi, e anzi, in qualche modo anche rassicuranti. Per compiacere il popolo, uno dei suoi primi atti ufficiali fu concedere l’amnistia ai condannati, agli esiliati da Tiberio e a tutti coloro che erano imputati in un processo.  Per tranquillizzare i testimoni nel processo di sua madre e dei suoi fratelli, fece portare nel Foro tutti gli incartamenti processuali e li bruciò.  Attuò inoltre altre riforme per migliorare le condizioni di vita del popolo, aumentare la libertà dei cittadini e combattere la corruzione. Per farsi ben volere dalla popolazione organizzò spesso spettacoli e giochi gratuiti. Portò a termine opere pubbliche iniziate dal suo predecessore come il tempio di Augusto e ne fece ristrutturare altre, come il teatro di Pompeo. Rinnovò inoltre i porti di Reggio Calabria e della Sicilia per aumentare le forniture di grano provenienti dall’Egitto. Se l’inizio del principato fu promettente, lo stesso non si può dire per gli anni che seguirono, alla morte di Tiberio le casse dello stato contenevano all’incirca  2.700.000.000 sesterzi, Caligola riuscì nell’impresa di dilapidare una tale somma in appena un anno di regno, tra il 38 e il 39 d.C., numerose furono infatti le elargizioni al popolo, agli eserciti provinciali e alla guardia pretoriana, a cui Caligola raddoppiò il donativo promosso da Tiberio, portandolo a 2.000 sesterzi ciascuno. Sempre Svetonio, a testimonianza dell’eccentricità di Caligola, ci racconta che l’Imperatore fece costruire bagni costosissimi, formati da vasche enormi con alternanza di acque calde e fredde, faceva inoltre servire perle disciolte in aceto e cibi cosparsi d’oro in polvere. Stanziò una somma che giornalmente veniva lanciata dalla Basilica Iulia sulla folla sottostante. Costruì navi di dimensioni spropositate, con dieci ordini di remi, decorate con gemme preziose e colori sgargianti, sulle quali erano state poste delle vere e proprie terme, sale da pranzo, portici e addirittura piantagioni di viti.  Si adoperò affinché i suoi architetti innalzassero immense dighe, scavassero monti e producessero interramenti di vallate in tempi brevissimi. Terminati i fondi Caligola iniziò ad accumulare denaro con truffe ed imbrogli. Si racconta che organizzò aste obbligatorie di ogni genere; modificò testamenti per i motivi più disparati, nominandosi erede di persone sconosciute; rifiutò di riconoscere la cittadinanza a moltissime persone, dichiarando che gli atti prima del principato di Tiberio fossero troppo antichi; incriminò inoltre  chi aveva avuto una crescita del patrimonio da un censimento all’altro, processandolo e ottenendo enormi somme di denaro in pochissimo tempo; aumentò poi le tasse in modo esagerato e ne creò altre  totalmente nuove, come quelle sul cibo, sui processi, sulle cause, sulla prostituzione, sui matrimoni e sul gioco d’azzardo.  Le nuove leggi non furono rese del tutto pubbliche in modo tale da essere violate, ignorandosene l’esistenza e generando così pesanti multe che alimentavano le casse imperiali.

Lasciata Roma all’inizio di settembre del 39 d.C., condusse il suo esercito lungo il Reno, ammassandovi numerose legioni, insieme ai relativi ausiliari non che un ingente quantitativo di vettovagliamenti. Ad ottobre, dopo aver passato in rassegna le truppe, fece uccidere Gneo Cornelio Lentulo, governatore da dieci anni della Germania Superiore solo perchè  invidiava l’ottimo rapporto che aveva con le proprie truppe. Essendo discendente di importanti comandanti, Caligola intendeva non essere da meno, ma la sua spedizione tra il Danubio e il Reno, territori che si prefiggeva di conquistare, fu quasi del tutto inutile. Caligola rimase in quella regione senza compiere alcuna operazione militare rimproverando il Senato di vivere nel lusso mentre lui al fronte rischiava la vita ogni giorno.

Caligola
Caligola

Caligola, la malattia:

Nell’ottobre del 37 d.C. poco dopo il suo insediamento, Caligola venne colpito da una grave malattia che gettò nello sconforto il popolo romano. L’Imperatore si riprese dalla malattia, ma l’evento in questione rappresenta per la storia il vero spartiacque del suo principato tra il suo primo periodo di governo e il successivo, caratterizzato da una condotta folle. La malattia fu attribuita agli eccessi compiuti all’inizio del principato; in particolare Giovenale e Svetonio indicano come causa della pazzia di Caligola l’aver usato un afrodisiaco a lui offerto dalla moglie Milonia.  Anche se si ristabilì completamente dalla malattia, il suo modo di governare mutò profondamente. Le fonti antiche lo definirono “pazzo” dotato di una “follia sanguinaria”. Il suo breve regno fu, infatti, caratterizzato dai ripetuti massacri degli oppositori, e da atti di governo che miravano ad umiliare la classe senatoria e l’intera aristocrazia romana, famosissimo è l’episodio del cavallo chiamato Incitatus che, secondo quanto tramandano Svetonio e Cassio Dione, sarebbe stato dallo stesso Caligola, nominato senatore, come atto estremo di denigrazione nei confronti dell’assemblea senatoria. Subito dopo la malattia Caligola assunse comportamenti discutibili e provocatori, sperperò, come abbiamo visto, l’intero patrimonio dello Stato, venne accusato di uccidere i propri detrattori per puro divertimento, anche il popolo che si era schierato con lui grazie alle grandi elargizioni concesse, gli si rivoltò contro, quando Caligola alzò la tassazione alle stelle. Nel 38 d.C. quando il fido Macrone venne nominato prefetto d’Egitto, anche la moglie di quest’ultimo, Ennia, concessa a Caligola in più riprese, fu costretta a partire. L’Imperatore però addolorato per non potere più giacere con la donna e sentendosi da lei abbandonato, ordinò alla donna e al marito Macrone di suicidarsi prima della partenza. Svetonio riporta nella “Vita di Gaio” che molti eventi avevano anticipato la morte di Caligola: alcuni fulmini si abbatterono sul Campidoglio di Capua e sul Tempio di Apollo a Roma il giorno delle idi di marzo, e l’astrologo Silla gli predisse di essere prossimo alla morte. Le Fortune di Anzio lo ammonirono circa l’esistenza di un Cassio pronto ad assassinarlo; Caligola allora, credendo che si trattasse del proconsole  d’Asia Cassio Longino lo fece richiamare e assassinare, o forse secondo altre fonti, solo imprigionare .L’Imperatore  dimenticò tuttavia che vi era un altro Cassio, il tribuno della guardia pretoriana, Cassio Cherea. 

Caligola, la caduta:

La congiura nei confronti di Caligola fu ordita principalmente da tre persone, Cassio Cherea, il consigliere imperiale, Callisto, e il prefetto del pretorio, anche se molti altri senatori e cavalieri erano già a conoscenza del piano per uccidere l’Imperatore. Il 24 gennaio del 41 d.C., il piano prese forma, un gruppo di pretoriani guidati da Cherea e da Cornelio Sabino si scontrarono in armi con la guardia germanica personale di Caligola, dallo scontro l’Imperatore, la moglie Milonia e la figlioletta Giulia Drusilla ne uscirono senza vita colpiti a morte dai pugnali dei pretoriani. Al momento della diffusione della notizia che Caligola era morto nessuno osò festeggiare, poiché i più credevano che l’imperatore avesse messo in giro tale voce al fine di capire di chi potesse fidarsi. Alla morte di Caligola, i membri della famiglia imperiale rimasti ancora in vita erano pochi. Tra questi vi era il cinquantenne Claudio che, appena saputo della morte del nipote, corse a nascondersi nelle sue stanze; rintracciato in seguito da alcuni pretoriani, fu condotto nel loro accampamento per essere acclamato imperatore.  Mentre il Senato era occupato tra Foro e Campidoglio. Claudio venne invitato a presentarsi davanti al popolo, ma prima di fare ciò, decise saggiamente  di comprarsi la fedeltà della guardia pretoriana promettendo la somma di quindicimila sesterzi per ciascun pretoriano. Fu così che Claudio venne elevato alla porpora imperiale e divenne il quarto imperatore di Roma. Il nuovo Imperatore pose, quindi, il proprio veto a quanto il Senato aveva appena deliberato, ovvero condannare Caligola alla “damnatio memoriae”. Poi, su invito del popolo romano, fece imprigionare e condannare a morte tutti i congiurati, compreso Cassio Cherea. I resti di Caligola vennero quasi certamente inumati nel Mausoleo di Augusto come la maggiore parte dei membri della dinastia giulio-claudia.

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