Campagne Sasanidi di Galerio

Le campagne Sasanidi di Galerio furono una serie di spedizioni militari che videro scontrarsi i romani con le tribù   orientali, eredi del grande impero di Partia. Tali scontri si svilupparono fra il 296 e il 298 d.C., anche se lo scrittore e politico romano, Flavio Eutropio, ci tramanda che i primi disordini si ebbero già nel 293 d.C., ma solo tre anni più tardi, il “Cesare”, Galerio, fu invitato dall’Imperatore d’oriente,  Diocleziano, ad intraprendere una guerra vera e propria contro il sovrano sasanide, Narsete, salito al trono tre anni prima.

Campagne Sasanidi di Galerio, busto di Galerio
Campagne Sasanidi di Galerio, busto di Galerio

Campagne Sasanidi di Galerio, contesto storico e “Casus Belli”:

Nel 285 d.C., L’Imperatore Diocleziano, compreso che un Impero tanto vasto sarebbe stato difficilmente difendibile dalle sempre più incessanti invasioni barbariche, decise di associare al potere Massimiano, nominandolo prima “Cesare” e poi “Augusto”, affidandogli la parte occidentale dell’Impero romano. Con il trascorrere del tempo, però, fu evidente che anche  la divisione in due parti dell’Impero non dava le necessarie garanzie, per cui Diocleziano nominò due “Cesari”, scelti per essersi distinti sui campi di battaglia, attribuendo quindi Costanzo Cloro alla parte occidentale retta da Massimiano, e affiancandosi Galerio per la parte orientale. Nacque così la Tetrarchia formata da due “Augusti” e due “Cesari”, che si spartirono l’Impero in quattro zone principali: a Diocleziano andò il controllo della Tracia, dell’Egitto e dell’Asia, a Massimiano l’Italia e L’Africa, a Galerio le province dell’Illirico, mentre a Costanzo Cloro andò il controllo della Spagna, della Gallia e della Britannia. I due “Cesari” subordinati così ai due “Augusti”, dopo la morte o l’abdicazione di uno di questi ultimi, sarebbero diventati a loro volta “Augusti”, nominando a loro volta altri due “Cesari” che li avrebbero coadiuvati. Questo sistema, per quanto di breve durata, ebbe un buon successo, rallentando la crisi che attanagliava l’Impero romano.

“Casus Belli”, la rivolta di Tiridate:

Durante il regno dell’Imperatore Publio Licinio Valeriano, l’Armenia venne conquistata dai persiani sasanidi che assassinarono anche il Re Cosroe. Il figlio di quest’ultimo, Tiridate, riuscì a fuggire trovando protezione nei territori sotto il dominio romano. Tiridate, grazie alla sua particolare forza fisica, salvò la vita a Licinio che rischiava il linciaggio della folla, ottenendo la sua gratitudine. Licinio, grande amico del tetrarca Galerio, persuase i sovrani ad appoggiare Tiridate nella riconquista al trono d’Armenia, cosa che puntualmente avvenne nel 288 d.C.. Stanchi dei persiani, molti armeni passarono subito dalla parte di  Tiridate che immediatamente affidò l’esercito al fidato generale Artavasde. I sasanidi tutt’altro che soddisfatti dall’andamento delle cose, mandarono in Armenia il principe Mamgo, alla guida di un’orda di soldati, con l’intento di soffocare la rivolta e far ritornare le cose su binari a loro più favorevoli. Il principe Mamgo tuttavia, a causa di alcuni rimproveri ricevuti dal sovrano sasanide, decise di disertare, favorendo e aiutando in modo decisivo Tiridate nella riconquista del trono d’Armenia. Quando la guerra civile in Armenia finì, Tiridate subì la reazione del Re persiano Narsete che con una serie di battaglie vincenti, non solo depose Tiridate, ma riconquistò nuovamente tutta l’Armenia.

Campagne Sasanidi di Galerio, Arco di Galerio a Tessalonica, fasi della guerra contro i Sasanidi
Campagne Sasanidi di Galerio, Arco di Galerio a Tessalonica, fasi della guerra contro i Sasanidi
Campagne Sasanidi di Galerio, Arco di Galerio a Tessalonica, avanzata Sasanide
Campagne Sasanidi di Galerio, Arco di Galerio a Tessalonica, avanzata Sasanide

Campagne Sasanidi di Galerio, fasi della guerra:

Nel 296 d.C., Narsete, per punire i romani, colpevoli di aver appoggiato l’ascesa di Tiridate, decise di invadere la provincia di Siria. I romani, a questo punto ancor più decisi ad aiutare il Re armeno, stabilirono il loro quartier generale ad Antiochia, dove Diocleziano affidò la direzione della guerra a Galerio. Dopo le prime due battaglie, terminate con esito incerto, la terza, svoltasi quasi per destino nei pressi di Carre, fu un’autentica disfatta per i romani, lo stesso Tiridate riuscì a salvarsi a stento la vita, riuscendo ad attraversare a nuoto l’Eufrate. A seguito di questa sconfitta, che molti addossano alla sola responsabilità di Galerio deciso ad attaccare battaglia nonostante il numero insufficiente di truppe a sua disposizione,  Roma perse la Mesopotamia. Come se non bastasse lo stesso Diocleziano umiliò il suo “Cesare” di ritorno dalla battaglia, costringendolo a seguire a piedi il carro imperiale per più di un miglio. Tuttavia, dopo numerose lamentele e suppliche, Diocleziano decise di rinnovare la fiducia al suo tetrarca, riaffidandogli il controllo dell’esercito. Galerio era ora deciso più che mai a vendicare l’onta subita e alla guida di 25.000 uomini, provenienti dai territori da lui controllati, penetrò in Armenia dove ricevette importanti aiuti dalla popolazione.

Nel 297 d.C., Galerio, avanzando attraverso le montagne d’Armenia, ottenne una vittoria decisiva sul Re persiano Narsete. Da questa vittoria i romani ne trassero un bottino immenso che comprendeva anche l’harem del Re. Dopo aver saccheggiato il campo persiano, si racconta che i romani, nella notte a sorpresa, sferrarono un nuovo attacco ai sasanidi, i quali, stanchi e impreparati, dopo aver opposto una debolissima resistenza, vennero trucidati. Il Re Narsete fuggì verso la Media, mentre le sue mogli, sorelle e figlie vennero catturate, ma trattate con grande rispetto, dai romani. Alla notizia della vittoria di Galerio, Diocleziano si affrettò e lo raggiunse a Nisibi, per frenarne l’impeto, il “Cesare” infatti era determinato a ridurre la Persia in una provincia romana, mentre il più saggio Diocleziano si sarebbe accontentato di una vantaggiosa pace. Anche il Re persiano Narsete desiderava la pace e inviò sempre a Nisibi l’ambasciatore Arfabano per  negoziarla. l’ambasciatore persiano, pur senza sminuire il suo Re, fece appello alla moderazione romana, paragonando l’Impero romano e quello persiano agli occhi della terra, senza gli uni o gli altri il mondo ne sarebbe risultato imperfetto. Galerio rassicurò il persiano che i romani non erano soliti schiacciare un nemico già sconfitto, ma ricordò comunque il trattamento irriguardoso che i persiani tennero alcuni decenni prima quando fecero prigioniero l’Imperatore Valeriano fino alla sua morte.

Nel 298 d.C., I tetrarchi romani inviarono in Persia Sicorio Probo, uno dei loro segretari, a intavolare le condizioni per la pace. Sicorio Probo venne ben accolto dai persiani, ma la sua udienza venne fatta slittare di giorno in giorno per permettere a Narsete di raccogliere un discreto esercito che avrebbe potuto permettergli di trattare da una posizione più favorevole, quando finalmente arrivò il giorno designato, Probo comunicò al Re di Persia le condizioni romane per la pace:

  • La città di Nisibi, dove fu siglata la pace, doveva rappresentare il  perno del commercio fra i due imperi
  • Il confine tra i due imperi sarebbe stato fissato sul fiume Arasse e la Mesopotamia doveva essere ceduta ai romani.
  • I Persiani dovevano cedere cinque province al di là del Tigri: Intiline, Zabdicene, Arzanene, Moxoene e Carduene. (furono invece cedute Intiline, Zabdicene, Arzanene, Rehimene e Sofene).

Il trattato venne accettato tranne il primo punto, e Diocleziano celebrò il trionfo in occasione dell’anniversario del suo ventesimo anno dall’ascesa al potere.

Campagne Sasanidi di Galerio, conseguenze:

La Mesopotamia ritornò per circa 40 anni sotto il dominio romano, l’Armenia fu riconosciuta come protettorato romano, mentre la città di Nisibi rappresentò un autentico crocevia per le vie carovaniere dei commerci verso l’oriente. Soprattutto però vennero iniziati i lavori per l’importantissima strada militare di frontiera, la famosa “Strata Diocletiana”. Galerio celebrò la sua vittoria erigendo a Tessalonica un arco di trionfo che rappresentava le sue imprese, anche se molti affermano che non avesse accettato di buon grado le condizioni di pace, a cui avrebbe preferito altre incursioni in territorio persiano.

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