Gli anni dell’anarchia militare

Gli anni dell’anarchia militare, si svilupparono nel corso del III secolo d.C., e più in particolare dal 235 al 284 d.C..  Con il termine della dinastia dei Severi, l’Impero romano sfiorò la catastrofe, sprofondando in una crisi sempre più grave e profonda, in un periodo durante il quale il titolo imperiale venne ripetutamente conteso fra militari e senato e in seguito fra i vari generali al comando delle truppe, stanziate nelle diverse province. La conseguenza fu che molti di questi comandanti, proclamati imperatori dai propri soldati, avevano certamente ottime capacità militari, ma erano privi della legittimità e di quel prestigio, utili per farsi rispettare, era così fin troppo facile trovare un altro uomo d’armi desideroso di eliminarli e prenderne il posto.

Gli anni dell'aanrchia militare
Gli anni dell’aanrchia militare


Durante gli anni dell’anarchia militare, quanto scritto sopra si evince già subito con l’avvento di Massimino il Trace, in carica dal 235 al 238 d.C., già ufficiale delle truppe del predecessore Alessandro Severo. Fino a quel momento l’imperatore eletto proveniva da buone famiglie o da personaggi della nobiltà senatoria, Massimino invece proveniva da una famiglia molto povera, tant’è che si diceva che il nuovo sovrano da giovane facesse addirittura il pastore, era oltretutto originario della Tracia, una delle province meno ricche e meno romanizzate dell’impero, e si era fatto strada nell’esercito, partendo dai ruoli più bassi. Il suo livello culturale era bassissimo, ignorava totalmente il greco, quasi uno scandalo per un imperatore dell’epoca, ma dal canto suo, possedeva il vantaggio di avere una grande stazza fisica e una forza immane, che abbinate a grandi qualità militari e di comando, gli procurarono presto grandissima fama. Questo repentino cambiamento fu senz’altro figlio di quei tempi, la scelta di un nuovo sovrano, così lontano dalla classica mentalità romana, mostrava quanto gli ufficiali di quel periodo preferissero una figura più rozza, ma militarmente più valida, a causa delle numerose preoccupazioni che li affliggevano, preoccupazioni che ad oriente prendevano la forma della nuova e molto più aggressiva dinastia Sasanide, mentre altre notizie poco rassicuranti giungevano anche dai confini sul Reno e sul Danubio. Al di la del Reno infatti anche le popolazioni germaniche, storicamente sempre divise fra loro, avevano nel corso degli anni imparato a mettere da parte ogni ostilità, dando vita a numerose confederazioni con l’intento di provocare la guerra con Roma, Gli stessi nomi che queste confederazioni si attribuirono, lasciano trasparire la loro comune organizzazione: gli Alamanni che tradotto significa “tutti gli uomini” si radunarono lungo il corso meridionale del Reno, mentre più a nord si raggrupparono i Franchi, ovvero “i coraggiosi”. Anche più ad est le cose non andavano meglio, al di la del Danubio, le popolazioni confinanti che avevano negli anni imparato a convivere più o meno pacificamente con l’impero, vennero spazzate via dai Vandali e dai Goti, popolazioni nomadi che potevano contare su di un bacino di uomini spropositato, ampliando incredibilmente il numero di persone da reclutare per le loro scorribande. Ciò spiega bene il gran numero di attaccanti e la loro capacità di rimettere in campo in poco tempo forze nuove, anche dopo le sconfitte più dure. L’unica soluzione per frenare quella minaccia era quella di promuovere una campagna militare che si addentrasse a fondo in quei territori, addirittura fino al Mar Baltico, come Massimino il Trace e i suoi uomini avevano progettato, con il grosso ostacolo rappresentato però dall’ enorme sforzo economico che una simile guerra avrebbe necessitato. Per nulla intimorito, Massimino cercò subito di raccogliere quanto più denaro possibile, appesantendo all’inverosimile la tassazione ai cittadini dell’impero, i quali non tardarono ad iniziare le proteste. Ad essi si unirono anche gli stessi senatori che mal tolleravano il nuovo sovrano per le sue origini,  quando nel 238 d.C., scoppiò una rivolta in Africa mirata a deporre Massimino. I generali fedeli al sovrano soffocarono le proteste, ma mentre Massimino giudava il suo esercito verso l’Italia, a causa degli scarsissimi rifornimenti, e dei dissidi interni alle legioni portati dalla pesante ostilità della popolazione, venne assassinato dai suoi stessi commilitoni mentre tentava di assediare la città di Aquileia.

Dopo la morte di Massimino, la situazione per l’impero peggiorò ancora di più. nel 238 d.C., con la rivolta tesa a spodestare il sovrano, la società romana aveva di fatto rifiutato un tipo di politica che si curava maggiormente dei pericoli militari imminenti per l’impero, sposando quindi il ritorno al potere dell’aristocrazia, che però era del tutto incapace di condurre una campagna militare in grande stile, come si proponeva Massimino, anche perchè per fare ciò, non si sarebbe dovuto badare a spese per rafforzare l’esercito, limitando di conseguenza i grandi privilegi degli stessi aristocratici. Nel bene o nel male ogni imperatore fino a quel momento riusciva a svolgere le proprie funzioni, ma ora non più, far funzionare la complessa macchina dello Stato, e difenderne allo stesso tempo i confini in maniera efficace, erano due cose che non riuscivano più andare di pari passo, e cosa peggiore, non vi era all’orizzonte nessuna personalità che potesse essere in grado di prendere il timone di una barca prossima ad essere affondata.

Gli anni dell'aanrchia militare
Gli anni dell’aanrchia militare

Gli anni dell’anarchia militare proseguirono con l’avvento del giovane Gordiano III (238-244 d.C.), imperatore tutelato dai più eminenti senatori proprio per la sua età, un periodo nel quale la situazione economica peggiorò ulteriormente, rendendo sempre più complicato persino reclutare nuove truppe. Tuttavia, assoldando molti mercenari germanici, l’impero riuscì per diverso tempo a fronteggiare le minacce esterne, non solo, in un momento di calma apparente, si riuscì addirittura ad organizzare una campagna militare contro i persiani del Re, Sapore I, ottenendo inizialmente una serie di incoraggianti successi, al fine di riconquistare la Mesopotamia. Quando però i due eserciti si trovarono di fronte nella grande e decisiva battaglia di Misiche, nel 244 d.C., i romani ebbero la peggio, tant’è che lo stesso Gordiano III morì poco tempo dopo a causa delle ferite riportate in combattimento. In questa situazione di assoluta emergenza. le truppe acclamarono al trono il prefetto del pretorio, Filippo, passato alla storia come Filippo l’Arabo, in quanto originario della provincia arabica, rimasto in carica fino al 249 d.C.. Ottenuta frettolosamente la pace con i persiani, grazie ad un grosso versamento di oro, Filippo tornò precipitosamente a Roma per organizzare i festeggiamenti in onore del millesimo anniversario della fondazione della città, per l’occasione migliaia di belve feroci e di gladiatori furono assoluti protagonisti, dimenticando per un pò i gravi problemi che attanagliavano l’impero. Infatti tra le file dell’esercito, il malcontento montava sempre più, la pressione alla quale erano sottoposte ai confini stava diventando insostenibile, a fronte di una paga che a causa dell’inflazione, diventava sempre meno importante, in poche parole, fare il soldato stava diventando un mestiere troppo rischioso. Le legioni stanziate in Pannonia si sollevarono, acclamando il loro generale, Decio, quest’ultimo marciò verso l’Italia senza perdere tempo, sconfiggendo ed uccidendo Filippo l’Arabo. Nei due anni di governo del nuovo imperatore, la situazione divenne praticamente ingovernabile, ormai soldati e ufficiali proclamavano i loro nuovi imperatori, sicuri di ottenere doni e promozioni, salvo poi eliminarli in caso di insoddisfazione, puntando poi su un nuovo candidato. La conseguenza fu che ogni angolo dell’impero divenne a rischio rivolte, lotte intestine fra i vari pretendenti si accendevano un pò ovunque, trascurando quindi i confini, attaccati dai nemici esterni. Nessuno infatti, fra il 261 e il 262 d.C., si preoccupò dei Goti, che con semplici navi da pesca, dal Mar Nero, si spinsero fino alle coste dell’Asia minore, depredandole senza pietà. Il risultato fu che dopo soli due anni di regno, l’imperatore Decio morì sul campo di battaglia nel tentativo di arginare gli sconfinamenti dei barbari, e quasi nello stesso tempo i persiani di Sapore I invasero la Siria spingendosi fino all’Asia minore. Il nuovo imperatore Valeriano (253-260 d.C.), riuscì ad ottenere alcuni importanti successi in oriente, ma il tutto si tramutò in una immane catastrofe quando ad Edessa i romani vennero sconfitti in battaglia, al termine della quale lo stesso sovrano venne fatto prigioniero, scatenando il panico in tutto l’impero, la cui fine sembrava veramente prossima. Governare un impero unito era ormai solo un miraggio, ed infatti il legittimo sovrano Gallieno (260-268 d.C.), dovette di fatto rinunciare alla quasi totalità della parte occidentale, in quanto l’ennesimo usurpatore, Postumo, aveva creato uno stato autonomo, meglio conosciuto come “Impero delle Gallie”, che comprendeva, oltre alla Gallia, la Britannia e tutta la penisola iberica. Tutto l’oriente era invece governato da Settimio Odenato e dalla sovrana di Palmira, la regina Zenobia, uno stato talemente ricco e in ascesa da essere riuscito a sconfiggere i persiani, ricacciandoli oltre i confini, formalmente agiva per conto dell’impero, ma di fatto era uno stato autonomo a tutti gli effetti.

Nonostante gli anni dell’anarchia militare avessero lacerato e messo a durissima prova l’impero, le basi costruite e rafforzate nei secoli precedenti continuarono comunque a dare i loro frutti, infatti nonostante tutto, seppur diviso in tre parti, Postumo in Gallia, Gallieno sul Danubio e il regno di Palmira in oriente, riuscirono a respingere in più occasioni gli attacchi dei barbari, anche se talvolta, particolarmente i Goti, riuscirono a penetrare in profondità nell’impero, raggiungendo l’Italia, e arrivando persino a bruciare Atene, nel 267 d.C., il centro della cultura di tutto il Mediterraneo. La crisi profonda in cui si trovava, spinse Gallieno ad operare importanti riforme, specialmente in campo militare, migliorando la velocità di risposta in caso di attacco nemico, oppure rafforzando i reparti di cavalleria, indispensabili per fronteggiare le orde barbariche, purtroppo per lui nel 268 d.C., durante un colpo di stato organizzato da ufficiali illirici, Gallieno venne assassinato, lasciando il posto a Claudio II, detto “il gotico”. Con l’avvento di imperatori-soldato, di bassa statura culturale, ma molto rudi e inclini alla battaglia, Roma ritrovò lentamente una supremazia militare sulle disorganizzate truppe barbariche, già Gallieno poco prima di trovare la morte sconfisse i Goti a Naisso, e anche Claudio li trucidò senza pietà quando questi ultimi si spostarono entro i confini imperiali, non per razziarli ma per tentare di stabilirsivi in pianta stabile, proprio in virtù di quella vittoria, Claudio ottenne il titolo onorifico di “Goticus Maximus”. Una vera svolta si ebbe con l’avvento di Aureliano (270-275 d.C.), il quale capì che la provincia della Dacia era ormai indifendibile, spostando più indietro i confini imperiali, risparmando così forze e moltissimo denaro, che vennero impiegati per respingere gli attacchi dei barbari, ma anche per porre fine alla vita dei due stati autonomi del regno delle gallie e di Palmira, riunendo così nuovamente l’impero romano sotto un’unica egida, gli anni dell’anarchia militare volgevano al termine.

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