Guerra civile romana 83-82 a.C.

La guerra civile romana degli anni 83-82 a.C., vide contrapporsi le fazioni degli “Optimates” guidata dal Lucio Cornelio Silla, e la fazione mariana dei “Populares”, guidata da Gaio Mario il giovane, figlio del grande generale Mario, morto solo tre anni prima. Ai “Populares” si aggiunsero anche il console, Gneo Paprio Carbone e le armate Lucane e Sannite, che temevano che l’eventuale vittoria di Silla, potesse far perdere loro i diritti civili così lungamente ottenuti dopo la guerra sociale. La guerra civile romana combattuta in Sicilia, Spagna e Africa risultò sempre molto incerta, ma si concluse con la completa vittoria della fazione sillana.

Guerra civile romana 83-82 a.C., busto di Silla
Guerra civile romana 83-82 a.C., busto di Silla

Guerra civile romana 83-82 a.C., contesto storico e “casus belli”:

Da diversi anni, ormai, la Repubblica romana era scossa al suo interno dal conflitto per ottenere il predominio politico della città, che divideva i “populares” guidati dal grande generale Gaio Mario, già vincitore su Giugurta in Africa e sui Cimbri e Teutoni ad Aix en Provence, in Francia, e dalla fazione sillana degli “optimates”, guidata dal nobile Lucio Cornelio Silla.

Casus belli:

Nell’88-87 a.C., la battaglia politica passò dalle parole alle armi, e con l’aiuto delle legioni a lui fedeli, Lucio Cornelio Silla allontanò la fazione mariana da Roma, ottenendo poi il comando della guerra contro Mitridate, Re del Ponto. Sempre con le armi, la fazione mariana, approfittando del fatto che Silla fosse impegnato sui campi di battaglia in Asia Minore, riuscì a tornare in città e a prenderne il comando, almeno fino al ritorno in patria del leader degli ottimati. Sappiamo infatti che nell’86 a.C., mentre Silla combatteva con grandi successi in Grecia,  i mariani, una volta raggiunto il potere, dichiararono Silla, come nemico pubblico, distruggendo quindi ogni sua abitazione e mettendo a morte i suoi amici più stretti, contemporaneamente, il Senato deliberò che fosse inviato in Grecia, il nuovo console, Lucio Valerio Flacco, affiancato da due legioni per rilevare Silla dal comando.  L’anno successivo, conclusa anzitempo la prima guerra mitridatica con il trattato di Dardano, Lucio Cornelio Silla, decise di fare ritorno in Italia per contrastare le manovre politiche mariane, in particolare dei due consoli, Lucio Cornelio Cinna e Gneo Papirio Carbone. I due consoli, infatti, appena sapute le intenzioni di Silla, tentarono di organizzare un esercito ad Ancona, per contrastare lo sbarco del loro nemico, ma le dure condizioni di vita imposte da loro ai soldati, crearono un generale malcontento che ottenne il risultato di far passare molti legionari alla parte sillana. Il tentativo dei due consoli tramontò definitivamente quando l’esercito si ribellò veramente, uccidendo Cinna e costringendo alla fuga, Carbone. Nei due anni che seguirono, Silla rimase in Grecia trasferendosi da Efeso ad Atene, per riorganizzare al meglio le sue forze, poi verso la fine dell’84 a.C., attraversò la Tessaglia fino a Durazzo, da dove si preparò ad affrontare la traversata con circa 1.200 navi.

Guerra civile romana 83-82 a.C.:

Nell’83 a.C., Silla sbarcò al porto di Brindisi con le sue cinque legioni di veterani, con cui aveva condotto brillantemente le operazioni in Asia. L’esercito di Silla contava  circa 40.000 uomini, un numero piuttosto esiguo in confronto alla fazione mariana, ma si trattava di uomini temprati da anni di guerre ed estremamente affidabili, non che disciplinati e legatissimi al loro comandante, nonostante ciò, Silla era ben consapevole sulla dura lotta che lo attendeva. In realtà le forze democratiche italiche erano, si, soverchianti come numero, ma molto meno preparate, e soprattutto erano guidate da generali mediocri, i nuovi consoli di quell’anno, Gaio Norbano e Lucio Cornelio Scipione Asiatico, erano si, personaggi fra i più popolari nell’Urbe, ma poco più che incapaci in ambito militare. Due personaggi di spicco, che forse avrebbero potuto ottenere nell’immediato qualche risultato migliore, come Quinto Sertorio e Gaio Mario il giovane, vennero relegati a ruoli secondari alle dipendenze dei due consoli. Lo  sbarco di Silla a Brindisi avvenne senza scontri in quanto la maggior parte delle forze democratiche si trovava concentrata a Rimini, lasciando così sguarnita tutta la costa pugliese che passò praticamente da subito dalla parte di Lucio Cornelio Silla. Questo consentì all’oligarca di guadagnare ulteriore tempo per organizzare ulteriormente le sue forze e per non allarmare le popolazioni italiche, tranqullizzandole anzi e preoccupandosi delle loro istanze. L’esercito sillano si mosse così dall’Apulia verso la Campania, ricevendo appoggio dai sillani sfuggiti alle persecuzioni mariane degli anni precedenti. Venuti a consocenza dello sbarco di Silla, altri generali si mossero per unirsi a lui, è il caso di Quinto Cecilio Metello Pio, che dall’Africa, dove era rifugiato, sbarcò in Liguria dove gli venne affidato il comando proconsolare dell’Italia meridionale, e di Marco Licinio Crasso, uomo dalle ricchezze smisurate e futuro triumviro, a cui venne assegnato il compito di reclutare nuove truppe. Nel frattempo si registrarono le prime diserzioni di parte popolare, due importanti uomini politici come Lucio Marcio Filippo e Publio Cornelio Cetego, chiesero il perdono a Silla da cui ottennero ruoli secondari. L’aiuto maggiore che ricevette Silla, fu però ad opera di un giovane generale che si stava in quegli anni mettendo in gran luce; si trattava del giovane Gneo Pompeo, il quale recatosi nel Piceno, sua regione natale, reclutò tre ottime legioni, già agli ordini del padre, Pompeo Strabone. Il giovane Pompeo ebbe così occasione, per la prima volta, di mostrare le sue grandi qualità affrontando le forze democratiche spedite nel Piceno contro di lui, guidate da Lucio Bruto, Gaio Albino e Gaio Celio. Pompeo giudò personalmente l’assalto della cavalleria contro le mal coordinate truppe mariane, che presto volsero in fuga, il che diede la possibilità al  generale di congiungere le sue forze con quelle di Silla, il quale, nominò il suo giovane rampollo “Imperator”.

La marcia di Silla proseguì verso la Campania dove, nel frattempo, si attestarono anche le forze democratiche dei consoli Gaio Norbano e Cornelio Scipione. Fiduciosi nelle proprie forze, i legionari di Silla attaccarono prontamente il campo di Norbano a Capua, per impedire che le forze dei due consoli si unissero, e dopo un tentativo dello stesso Silla di trovare un accordo, la battaglia che ne seguì vide un grande successo delle forze aristocratiche, Norbano perse ben 7.000 soldati e fu costretto a ritirarsi a Napoli. Dopo questa schiacciante vittoria le legioni guidate da Silla si diressero verso Teano, dove era situato il campo dell’altro console, Cornelio Scipione. Questa volta i tentativi del generale aristocratico di ricercare un accordo ebbero maggior successo, così il console accettò una breve tregua, nonostante la contrarietà di Quinto Sertorio. Cornelio Scipione, molto indeciso e poco scaltro, interruppe dopo poco tempo ogni trattativa, ma nel frattempo Silla non aveva avuto nessuna difficoltà nel convincere una grossa fetta dell’esercito mariano a defezionare in suo favore. Sconfitto così senza colpo ferire anche il secondo console, Silla arruolò nuove truppe prima di terminare ogni operazione per il sopraggiungere dell’inverno.

Nell’82 a.C., nonostante i pesanti insuccessi, la fazione mariana non demordeva, anzi con l’elezione dell’esperto Gneo Papirio Carbone e del talentuoso Gaio Mario, figlio del grande generale e già grande avversario di Silla, riprese la guerra con grande fervore. Vennero così arruolate nuove truppe, grazie soprattutto all’energia di Quinto Sertorio, spedito prima in Etruria e poi in Spagna proprio con quell’obiettivo, gli eserciti democratici vennero così rinforzati da reparti di veterani mariani costituiti in Gallia cisalpina ed Etruria. A complicare ulteriormente la situazione fu la sommossa dei Sanniti e dei Lucani, i quali temevano che l’avvento di Silla facesse perdere loro quei diritti civili così duramente ottenuti in passato, spostando così la guerra su due fronti: quello interno per la predominanza politica e quello per la lotta per l’indipendenza di quelle popolazioni stanche di sottostare alle regole romane. I primi scontri si ebbero nelle Marche, presso il fiume Esino, e furono favorevoli alle truppe aristocratiche guidate da Pompeo, nello stesso momento Silla ebbe ragione sulle truppe di Mario il giovane, che fu costretto a riparare a Preneste. I due consoli democratici, anzi che tentare un ricongiungimento, preferirono resistere con le proprie forze, dando così modo a Silla di attaccare ancora una volta i due eserciti separatamente, così il generale, lasciato un contingente con il compito di proseguire l’assedio di Preneste, si diresse con il grosso del suo esercito a Chiusi dove si rifugiava l’altro console Gneo Papirio Carbone. Il violento assedio che ne seguì non diede a Silla i risultati sperati, ma una nuova minaccia si affacciava all’orizzonte. Un esercito di oltre 70.000 uomini, fra Sanniti e Lucani, si stava muovendo dal sud in direzione di Preneste in soccorso di Mario il giovane, Silla fu così costretto a rinunciare all’assedio di Chiusi e spostare le sue forze a sud per sbarrare la strada alle popolazioni nemiche. Papirio Carbone ebbe così la possibilità di uscire da Chiusi e dirigere il suo esercito verso nord, in particolare verso l’odierna città di Forlì, dove stazionava Quinto Cecilio Metello Pio. il console democratico reputava Metello come il più debole fra i generali che affiancavano Silla, e perciò decise di attaccarlo immediatamente. Sfortunatamente per lui le sorti della battaglia non ebbero l’esito sperato e Carbone rimediò una cocente sconfitta, che gli fece perdere anche la roccaforte di Chiusi, lasciata da lui nel frattempo sguarnita.

Guerra civile romana 83-82 a.C., porta Collina
Guerra civile romana 83-82 a.C., porta Collina

Guerra civile romana 83-82 a.C.: scontro decisivo a Porta Collina:

Lo scontro decisivo avvenne il primo di novembre dell’82 a.C., a Porta Collina, proprio sotto le mura di Roma, dove nel frattempo il grosso esercito di Sanniti e Lucani si era diretto, modificando l’intenzione iniziale di recarsi a Preneste. Lucio Cornelio Silla riuscì ad arrivare in tempo sul luogo dello scontro solo grazie alla tenacia delle poche forze lasciate a guardia della capitale, le quali lottarono con grande valore per tutto il giorno. Anche dopo l’arrivo di Silla la battaglia ebbe esito incerto fino all’ultimo, risolvendosi infine a favore della fazione aristocratica. La battaglia di Porta Collina segnò così la fine di ogni velleità da parte delle popolazioni italiche e la definitiva sconfitta della fazione mariana, la città di Preneste si arrese a Silla, e Mario il giovane, piuttosto che cadere in mani nemiche decise di togliersi la vita dopo avere invano tentato la fuga. L’altro console, Papirio Carbone riuscì a fuggire prima in Africa, poi sull’isola di Pantelleria, dove però venne raggiunto da Pompeo che lo portò in catene alle carceri di Marsala, dove poi venne giustiziato.

Sconfitta così la fazione mariana, Silla prese il controllo di Roma, avviando le famose proscrizioni nei confronti di tutti i suoi avversari politici, assunse poi il titolo di Dittatore a vita, tentando di attuare una serie di riforme che ristabilissero un regime oligarchico, ma più nel complesso fu una guerra civile che lasciò sul terreno migliaia di morti e intere città danneggiate, o interamente distrutte, come nel caso di Forlì, città mariana, nel qual caso ci vollero decenni per ricostruirla.

Si ringrazia per le foto:

http://www.ereticamente.net/2018/05/lucio-cornelio-silla-felix-maria-luisa-silvestri.html

 

http://www.myvisita.it/poi-culturali/porta-collina.aspx

https://www.storiaromanaebizantina.it/tag/preneste/

 

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