Guerra fra Roma e i Seleucidi

La guerra fra Roma e i Seleucidi, guidati da Antioco III, fu uno scontro bellico che si svolse fra il 192 e il 188 a.C., e favorì nettamente la repubblica romana, che al termine dello stesso ne uscì sempre più padrona dell’Asia minore.

Il teatro del conflitto
il teatro del conflitto

Guerra fra Roma e i Seleucidi, contesto storico:

Nel 218 a.C., sul Mediterraneo si affacciavano cinque super potenze appese ad un sottilissimo filo che politicamente teneva tutto in equilibrio. Si trattava delle tre dinastie dei diadochi, quella Seleucide, padrona di tutta l’Asia minore fino ai territori di Persia, Siria e Mesopotamia, quella Antigonide che regnava sulla Grecia e sulla Macedonia e quella Tolemaica che controllava l’Egitto, oltre alle città stato di Roma e Cartagine. Una serie di conflitti però era alle porte e gli equilibri mutarono radicalmente. Dopo la seconda guerra punica, Roma prese un deciso sopravvento, costringendo una Cartagine ormai pronta alla sottomissione, ad un ruolo marginale, tuttavia l’emergente regno di Macedonia guidato da Filippo V, costrinse la repubblica romana ad un aspro confronto durato circa dieci anni. Pochi anni dopo, nel 203 a.C., lo stesso Filippo V,  strinse un’alleanza con il Re siriano, Antioco III con il quale decise di attaccare i possedimenti tolemaici affacciati sull’Egeo.  Al termine di questa guerra i Seleucidi occuparono tutti i territori tolemaici in Asia minore come ad esempio la Licia e la Caria, costringendo per questo l’Egitto a chiedere la protezione di Roma per evitare guai più grossi. Fu a questo punto che Roma, preoccupata per questa alleanza seleuco-macedone,  decise di entrare senza indugi nel conflitto, seppure fosse ancora in fase di ripresa dopo i tanti sforzi sostenuti durante la guerra con Cartagine da poco terminata. Dopo l’ultimatum imposto a Filippo V, e da questi ignorato, divampò la seconda guerra macedonica, culminata con la netta vittoria romana a Cinocefale del 197 a.C, il Re macedone continuò a regnare sulla sua terra, ma nel 196 a.C, il console romano, Flaminino, proclamò la libertà della Grecia. Nel frattempo Antioco III arrivava in Tracia, stabilendo a Lysimachea la nuova capitale della regione e mettendone a capo il proprio figlio. Era ormai evidente che gli equilibri erano  cambiati e nel 196 a.C., dalle cinque potenze affacciate sul Mediterraneo, ne rimanevano sostanzialmente due, e cioè Roma e l’Impero Seleucide, lo scontro che ne scaturì fu la naturale conseguenza degli eventi.

Guerra fra Roma e i Seleucidi, casus belli e conflitto:

Fino a quel momento Roma e Antioco III non si erano mai direttamente affrontati, mettendo in atto una sorta di guerra fredda, dove ciascuno dei due contendenti, tentava di allungare le mani sugli affari di tutto il Mediterraneo orientale, ma gli eterni scontri interni alla Grecia fornirono il classico “casus belli”. Dopo la seconda guerra macedonica, la lega etolica, alleata di Filippo V, non vedeva naturalmente di buon occhio l’occupazione romana, anche a causa delle numerose concessioni territoriali a loro dovute dopo la vittoria del conflitto, decise pertanto di chiedere aiuto ad Antioco III per liberare la Grecia dall’influenza romana. Il Re Seleucide, sebbene titubante dallo scatenare un conflitto di così grande portata, era però consapevole di avere in Annibale, il grande rivale di Roma nella da poco terminata seconda guerra punica, e rifugiatosi presso di lui,  un validissimo consigliere militare. Gli Etoli erano ormai decisi ad affrontare il conflitto attendendo l’arrivo di Antioco III alla guida di un forte esercito che comprendeva anche molti elefanti fatti arrivare direttamente dall’India, e neppure un diretto intervento del console Flaminino ad una loro assemblea riuscì a farli desistere dalla loro idea.

Fu così che nel 192 a.C., Antioco iniziò l’invasione della Grecia, temendo soprattutto che gli alleati Etoli non riuscissero da soli a sostenere l’impatto romano. Guidato dai consigli di Annibale, Antioco tentò di portare guerra non solo sull’Egeo, ma anche nella stessa Italia, Annibale infatti aveva nelle sue intenzioni di tornare al comando dei cartaginesi grazie agli uomini messi a disposizione dal Re seleucide, e di tentare una nuova invasione della penisola italica dall’Epiro, cercando una nuova alleanza con Filippo V di Macedonia. I piani di Annibale vennero scoperti, e i suoi messaggeri vennero  allontanati da Cartagine per paura di un nuovo conflitto con Roma, cosa che fece tramontare in parte i piani di Antioco, per altro mai troppo convinto, e forse anche invidioso della forte ascendenza del generale punico. Comunque sia, allo sbarco di Antioco III, il Re Seleucide non tardò a proclamarsi liberatore di tutta la Grecia, sperando così di trovare altri preziosi alleati come gli Spartani o i rinvigoriti macedoni. Le sue azioni diplomatiche fra i greci si rivelarono un totale fallimento, alcuni popoli, non solo rifiutarono di unirsi a lui, ma al contrario si rivolsero ai romani invocando il loro aiuto. La situazione non cambiò anche dopo che i Seleucidi ebbero ottenuto alcuni successi contro la cittadella di Calcide, alleata dei romani, e già nel corso dell’inverno del 192 a.C., la stessa alleanza fra Antioco e la lega etolica subì i primi cedimenti. Antioco III aveva già occupato gran parte delle città della Tessaglia, compreso l’importante centro di Larissa, e gli Etoli, ricordando che comunque dovevano ai romani la loro indipendenza, ora temevano di aver spianato la strada ad un nuovo e potente invasore, dal canto suo, Filippo V di Macedonia, preoccupato dall’invasione di un ingombrante vicino, decise anch’egli di scendere a patti con i romani.

Busto di Antioco III
Busto di Antioco III

191 a.C.:

Anche questo nuovo anno si aprì con l’avanzata di Antioco III in Acarnania, ponendo sotto assedio numerose città, ma all’annuncio che i romani avevano già varcato l’Adriatico e si stavano dirigendo verso la Tessaglia, accompagnati da Filippo V, il Re siriano decise di tornare sui propri passi per rifugiarsi a Calcide. Già nella primavera di quell’anno, anche l’esercito consolare guidato da Acilio Glabrione sbarcò in Illiria affiancando quello macedone e incontrando scarsa resistenza fra i Seleucidi, dopo di che con il benestare di Filippo, si diresse verso la Tessaglia per contrastare gli avanposti di Antioco. I romani ebbero facili successi e il Re Seleucide, terrorizzato dalla facile avanzata romana, non perse tempo a spedire messaggeri in Asia in cerca di rinforzi, mentre con il suo esercito si attestava presso il celebre passo delle Termopili. Acilio Glabrione raggiunse in breve tempo il nemico riportando una schiacciante vittoria che annientò gran parte dell’esercito Seleucide, costringendo Antioco ad una fuga precipitosa ad Efeso con soli 500 armati. Il re orientale non si perse d’animo e ordinò in tutta fretta ai satrapi della zona di inviare i loro eserciti verso le coste della Grecia con una imponente flotta sotto la guida di un certo Polissenida, fortificando allo stesso tempo le sue postazioni in Asia minore, nel caso i romani avessero deciso di portare li la guerra. Alla fine dell’estate di quell’anno la flotta romana guidata da Gaio Livio Salinatore raccolse un’altra grande vittoria sulla flotta seleucide, presso Capo Corycus, provocando la defezione di Rodi che passò dalla parte di Roma, partecipando attivamente al resto del conflitto. Antioco III ordinò quindi ad Annibale di reperire altre navi in Fenicia e in Cilicia.

190 a.C.:

In questo anno la flotta di Rodi sconfisse ancora una volta quella Seleucide comandata da Annibale in persona, presso la foce del fiume Eurimedonte, fu questa l’ultima battaglia combattuta dal condottiero carataginese. Nello stesso periodo Lucio Cornelio Scipione, accompagnato dal più famoso fratello, Scipione l’Africano, sostituirono al comando delle operazioni Acilio Glabrione. I due fratelli romani dopo aver ottenuto la resa di diverse città etoliche, proseguirono verso Macedonia e Tracia, fino all’Ellesponto dove si ricongiunsero con Gaio Livio Salinatore, ancora al comando della flotta. Il resto dell’anno trascorse fra diversi scontri navali, alcuni dei quali favorevoli ad Antioco, che portarono i Focesi a cambiare nuovamente parte passando fra gli alleati dei seleucidi. Gli scontri decisivi si ebbero comunque nelle celebri battaglie del Myonessus ma particolarmente in quella di Magnesia svoltasi presumibilmente a dicembre o a gennaio del 189 a.C.,. Nell’occasione circa 60.000 romani ebbero la meglio su circa 70.000 Seleucidi guidati personalmente da Antioco III, che ancora una volta riuscì miracolosamente a fuggire per rifugiarsi a Sardi.

L’anno successivo Antioco si vide costretto a chiedere una tregua ai romani che gli venne concessa a caro prezzo a fronte di un pagamento di 500 talenti d’argento e 20 ostaggi. Il conflitto si era praticamente risolto, ma ci volle almeno un altro anno di trattative prima di riuscire a siglare un trattato di pace.

Guerra fra Roma e i Seleucidi, il trattato di Apamea:

Dopo mesi di trattative, la pace di Apamea portò profondi cambiamenti nell’area del Mar Egeo. Antioco dovette rinunciare alla Tracia ed all’Asia minore fino ai monti del Tauro, rimanendogli solo parte della Cilicia, estromettendolo così definitivamente dall’area egea; dovette inoltre cedere buona parte della flotta a parte 10 navi e tutti gli elefanti da guerra,  pagare un’indennità di 15.000 talenti d’argento in 12 anni, gli fu vietato l’utilizzo di mercenari galati; fu obbligato ad inviare a Roma come ostaggio principale il figlio, il futuro Antioco IV; dovette estradare Annibale, che di lì a poco però fuggi in Bitinia. Roma invece acquisì, tramite gli stati “clienti” alleati, tutti i territori ad ovest del fiume Tauro, il nord della Caria, la città di Lysimachea ed il Chersoneso tracico furono affidate al regno ellenistico  di Pergamo; mentre Rodi acquisì la Caria a sud del Meandro e la Licia.

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