I Galli entrano in Senato

I Galli entrano in Senato, dopo che nel 48 d.C., l’imperatore Claudio propose una legge che concedeva lo “Ius Honorum”, cioè il diritto a ricoprire cariche poltiche, anche ai cittadini romani della Gallia Comata, ovvero quella transalpina ad esclusione della Narbonensis. Il nome “Comata”, significava “Gallia capelluta”, riferendosi alle lunghe chiome dei suoi abitanti, romanizzati, ma ancora distanti dagli usi e costumi romani.

I Galli entrano in Senato, il senatore Papirio percuote un Gallo
I Galli entrano in Senato, il senatore Papirio percuote un Gallo

Essere romani ai tempi dell’impero, non significava essere nati e vissuti a Roma, o in territorio laziale, al contrario, chiunque, o quasi, poteva ambire alla cittadinanza romana, sottolinenando un concetto semplice ma allo stesso tempo veramente rivoluzionario per il periodo, rappresentando un vero punto di forza dell’impero romano. Fin dai primi tempi dopo la fondazione di Romolo, la città di Roma, inizialmente soprattutto  per necessità, apriva volentieri le sue porte a chi proveniva da altri luoghi, affinchè potessero far loro gli usi e le abitudini della nuova città. Lo stesso Romolo fondò un “asylum” per facilitare questo percorso agli stranieri. Nel corso della storia infatti ricordiamo che ben tre dei sette Re di Roma, erano etruschi diventati romani, e in altri ambiti della società, in tutte le epoche storiche, sono molteplici i cittadini stranieri che una volta diventati romani ricoprirono importanti incarichi, e fino a diventare addirittura imperatori in epoche successive. Come detto in precedenza dunque, nel 48 d.C., l’imperatore Claudio promosse una legge che concedeva ai cittadini della Gallia transalpina di poter ambire alla carriera politica e quindi di poter entrare a far parte del Senato. Inutile sottolineare che le reazioni sdegnate dei senatori furono numerose e piene di risentimento. La gran parte dei senatori sosteneva infatti che gran parte degli avi di quei Galli avevano, decenni addietro, combattuto e ucciso molti romani, non meritando quindi un tale riconoscimento. L’imperatore Claudio aveva però ormai preso la sua decisione e pronunciò un discorso che sarebbe passato alla storia, le sue parole sono riportate da Tacito e da un epigrafe rinvenuta in Francia, a Lione.

” I miei antenati, al più antico dei quali, Clauso, venuto dalla Sabina, furono conferiti insieme la cittadinanza romana e il patriziato, mi esortano ad adottare gli stessi criteri […] non ignoro che i Giuli vennero da Alba, i Coruncanii da Camerio, i Porcii da Tuscolo e, per non risalire ad epoche più antiche, furono tratti in Senato uomini dall’ Etruria, dalla Lucania e da tutta l’Italia […] A quale altra cagione fu da attribuirsi la rovina degli Spartani e degli Ateniesi, se non al fatto che essi, per quanto prevalessero con le armi, consideravano i vinti come stranieri? Romolo, nostro fondatore, fu invece così saggio che ebbe a considerare parecchi popoli in uno stesso giorno prima nemici e subito dopo concittadini. Stranieri presso di noi ottennero il regno […] O padri coscritti, tutte le cose che si credono antichissime furono nuove un tempo […] Anche questa nostra deliberazione invecchierà, e quello che oggi noi giustifichiamo con antichi esempi, sarà un giorno citato fra gli esempi.”

Tacito, Annales, XI, 24.

I Galli entrano in Senato, dopo che la legge promossa dall’imperatore naturalmente divenne attiva  e il suo discorso sopra citato,  rimase emblematico allorchè veniva abbandonata una certa idea di vedere le cose, ma si  si rifaceva comunque alle più antiche tradizioni romane, che vedevano di buon occhio le entrate degli stranieri a patto che questi ultimi accettassero di romanizzarsi. Veniva così rimarcato il classico pragmatismo romano, oltre che accogliere nuove popolazioni queste dovevano adottare i costumi romani a partire dalle gerarchie più alte fino ad arrivare agli strati più bassi della società, potendo altresì mantenere intatta la lingua e le varie usanze locali, portando così le popolazioni soggiogate a diventare volontariamente romane, il che era un privilegio e permetteva di avere una posizione giuridica più vantaggiosa.

I Galli entrano in Senato, tavola con il discorso di Claudio in Senato
I Galli entrano in Senato, tavola con il discorso di Claudio in Senato

I GALLI ENTRANO IN SENATO, UN IMPERO DI ROMANI:

Fino ai primi anni del III secolo d.C., i cittadini romani erano pressapoco così suddivisi: romani, latini, peregrini, dediticii, e schiavi. I cittadini romani, nati liberi, detti “ingenui”, avevano  maggiori diritti di uno schiavo affrancato. I peregrini invece erano abitanti liberi delle province, letteralmente il termine “peregrino” indicava lo straniero che proveniva da altri luoghi, ma secondo l’accezione romana non erano altro che stranieri nella loro stessa terra, dopo la conquista di Roma. Per quanto riguarda i Dediticii venivano considerati come la forma più bassa di libertà, concessa per lo più a popolazioni tribali ed estremamente arretrate. Letteralmente il termine significa “che si è dato”, e indicava quelle popolazioni che si erano concesse ai romani in cambio della loro stessa vita. Una seconda svolta storica avvenne nel 212 d.C., quando l’imperatore Caracalla, attraverso un editto, passato alla storia come “Constitutio Antoniniana”, concesse la cittadinanza romana a tutti coloro che vivevano entro i confini imperiali. Del perchè l’imperatore prese questa decisione è sempre stato oggetto di discussione, ma almeno tre principali motivazioni sembrano emergere. In primo luogo per aumentare il gettito fiscale incrementando quindi in modo consistente il numero di cittadini tenuti a versare le tasse, in secondo luogo per motivi demografici. l’impero in quegli anni versava ancora in gravi condizioni dopo i terribili decenni imperversati dalla terribile peste antonina, più cittadini romani permettevano così un più rapido arruolamento di soldati. Per ultimo infine ci potrebbe essere un motivo etico, in quanto Caracalla, fortissimo ammiratore di Alessandro Magno, con questo provvedimento avrebbe mirato ad imitare, o quanto meno ad avvìcinare la grandezza del condottiero macedone. L’unica cosa certa è che dopo questo editto l’unica vera differenza era tra quanti facevano parte e vivevano all’interno dei confini imperiali, e tra quanti ne vivevano al di fuori. Il testo di questa legge rivoluzionaria non è giunta ai giorni nostri, solo lo storico Dione Cassio vissuto proprio in quei tempi, ne fa qualche accenno, tuttavia non soffermandosi molto a causa della sua avversione verso Caracalla. Solo successivamente in Egitto venne rinvenuto un papiro con parte di quel testo, riguardante la posizione dei Dediticii, ma essendo in gran parte lacunoso, non viene chiarita la loro posizione.

credits to:

http://storieromane.altervista.org/claudio-e-i-galli-in-senato/

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