Idistaviso, i romani vendicano Teutoburgo

Idistaviso, i romani vendicano Teutoburgo nel 16 d.C., quando il generale Germanico affrontò i barbari guidati da Ariminio in due differenti battaglie, la prima nella piana di Idistaviso, e la seconda di fronte al vallo costruito dalla tribù degli Angrivari, posizionato sulla riva destra del fiume Visurgi (odierno fiume Weser).

IDISTAVISO, I ROMANI VENDICANO TEUTOBURGO, CONTESTO STORICO:

Dopo la terribile disfatta a Teutoburgo, subita dalle legioni di Publio Quintilio Varo nel 9 d.C., i romani decisero di abbandonare gradualmente la Germania ad est del fiume Reno. Seguirono in conseguenza di ciò, due anni di campagne militari sotto l’alto comando dello stesso imperatore Tiberio, al quale partecipò anche lo stesso Germanico, tese ad impedire che le tribù germaniche, in fiducia per la grande vittoria ottenuta, progettassero un’invasione in territorio italico, ma anche per prevenire possibili sommosse tra le vicine tribù galliche. Una volta succeduto ad Augusto, Tiberio intendeva seguire la politica estera del suo predecessore, tesa a mantenere i confini sul Reno e abbandonando definitivamente l’idea di annettere la Germania come nuova provincia. Tuttavia, Germanico, figlio adottivo dell’imperatore, spedito in Gallia ufficialmente per eseguire un censimento, spinto dal desiderio di volere emulare le gesta del padre Druso, decise in modo univoco di riprendere le ostilità con le tribù germaniche, invadendone i territori.

IDISTAVISO, I ROMANI VENDICANO TEUTOBURGO, PRIMO SCONTRO SULLA PIANA DI IDISTAVISO:

Germanico, che aveva raggiunto il fiume Visurgi all’altezza dell’odierna città di Minden, trovò l’esercito barbarico già schierato a battaglia sulla sponda opposta del fiume. Ritenendo saggiamente di non mandare allo sbaraglio le sue legioni, Germanico si assicurò di costruire ponti e alcuni presidi per rendere più sicura la sua posizione, dopo di che decise di mandare in avanscoperta alcuni reparti di cavalleria guidati dai centurioni, Emilio e Stertinio. Le otto legioni a sua disposizione vennero poi divise in due diverse colonne, acquartierate poi in luoghi sufficientemente distanti in modo da non rimanere totalmente schiacciate da un eventuale attacco nemico, ma anche per dividerne le forze. Fu a questo punto che il generale degli alleati Batavi, Cariovaldo, decise con i suoi di attraversare il fiume per inseguire i Cherusci, che nel frattempo avevano finto la ritirata, traendo così in trappola il nemico, alleato di Roma. I germani attirarono i Batavi lontano dalle legioni in una radura boscosa, dalla quale, una volta organizzata la contromossa, uscirono in massa sorprendendo l’incredulo Cariovaldo, il quale tentò subito la fuga. Purtroppo per lui gli abili Cherusci sbarrarono ogni varco disponibile, bersagliando allo stesso tempo i Batavi con una pioggia di dardi, e provocando loro fortissime perdite. Esasperato dalla situazione il generale batavo tentò il tutto per tutto, tentando di sfondare lo schieramento germanico per ricongiungersi con le legioni romane, il tentativo però fallì, Cariovaldo finì sbalzato da cavallo e ucciso da una pioggia di frecce, insieme a molti nobili della sua tribù. Fu solo grazie agli squadroni di cavalleria romana guidate da Stertinio ed Emilio che i sopravvisuti Batavi poterono fare ritorno fra i ranghi. Una volta varcato il Visurgi, Germanico venne a sapere da un disertore, tempi e modi dell’attacco che Arminio aveva programmato all’accampamento romano, ed infatti, come previsto, i germani assaltarono il campo nella notte, dove però trovarono i legionari in armi, pronti a chiudere prontamente ogni varco possibile, e così i barbari furono costretti a rititrarsi poco dopo l’inizio delle ostilità.

LA BATTAGLIA:

Il mattino seguente i romani erano talmente impazienti di combattere contro il nemico, che alle prime luci dell’alba furono condotti immediatamente sul campo di battaglia, la piana di Idistaviso che si estendeva tra le anse del fiume e le colline boscose, innanzi alle quali si schierarono i germani. Gli schieramenti erano pronti ad affrontarsi, solo i Cherusci di Arminio erano distaccati su altre alture circostanti, pronti per attaccare i romani su di un altro fronte. Come ci racconta Tacito, furono proprio i Cherusci a lanciare per primi l’attacco:

«Come vide le orde dei Cherusci precipitarsi giù con furore, Germanico ordinò ai migliori della cavalleria di attaccarli di fianco, a Stertinio e agli altri cavalieri di assalirli alle spalle; egli sarebbe sopraggiunto al momento opportuno. E intanto, felicissimo auspicio, egli scorse otto aquile dirigersi verso le foreste e penetrarvi: «Avanzate», gridò allora ai soldati, «seguite gli uccelli di Roma, tutelari delle legioni!». Nello stesso momento avanza la fanteria, mentre la cavalleria dell’avanguardia si getta su le ultime file e i fianchi dello schieramento nemico. Accadde allora un fatto sorprendente, che due formazioni nemiche si dettero alla fuga in direzioni opposte: quelli che si tenevano nella foresta si precipitarono nel campo aperto, quelli che lo occupavano, invece, si diedero a correre verso la selva. I Cherusci che si trovavano in mezzo tra gli uni e gli altri venivano cacciati giù dai colli. Tra tutti spiccava Arminio. Con i gesti, con la voce, mostrando la ferita sosteneva i combattenti…. Ed egli, (Arminio) con grandissimo sforzo e spronando il cavallo, riuscì a fuggire, dopo essersi imbrattato il viso col suo stesso sangue affinché non lo riconoscessero. Secondo alcuni furono i Cauci, che militavano tra gli ausiliari romani, avendolo riconosciuto, a lasciarlo fuggire.  Gli altri caddero da tutte le parti e quelli che cercavano di attraversare il fiume furono uccisi dai dardi o travolti dalle acque, infine dalle orde dei fuggiaschi e dal franare delle rive. Alcuni poi, in fuga vergognosa, si arrampicarono sugli alberi nascondendosi tra i rami, ma gli arcieri avvicinatisi li trafiggevano per divertimento; altri infine precipitarono insieme agli alberi abbattuti.»

La vittoria romana fu netta, testimone ne sono le ridottissime perdite subite, viceversa la piana sulla quale si era svolta la battaglia era ricoperta di barbari caduti o gravemente feriti, una piccola curiosità, sul campo insieme ai cadaveri vennero recuperate una gran quantità di catene, che sarebbero servite ai germani per mettere in schiavitù i romani dopo la vittoria che evidentemente loro credevano scontata.

Idistaviso, i romani vendicano Teutoburgo, prima fase della battaglia
Idistaviso, i romani vendicano Teutoburgo, prima fase della battaglia

IDISTAVISO, I ROMANI VENDICANO TEUTOBURGO, SECONDA FASE DI FRONTE AL VALLO DEGLI ANGRIVARI:

Non tanto provocati dalla netta sconfitta subita, ma quanto dalla gioia romana per averla ottenuta, i germani si riorganizzarono nel più breve tempo possibile e si prepararono per una nuova battaglia. Venne così arruolato ogni uomo che potesse brandire un’arma, da ragazzi poco più che fanciulli fino ai più anziani, tutti erano desiderosi di partecipare all’imboscata alle colonne romane in marcia, che si stava preparando. Ancora una volta furono i barbari a stabilire il luogo del combattimento, nello specifico una piana molto meno ampia della precedente, circondata tutto attorno da una palude, meno che dal lato dove la tribù degli Angrivari aveva costruito un lungo terrapieno che divideva il loro territorio da quello dei Cherusci. I germani così si attestarono sul terrapieno con i Cherusci di Arminio nascosti nelle foreste per tentare di cogliere di sorpresa i romani una volta che fossero avanzati sopra al vallo germanico. Venuto a sapere di ciò, Germanico prese tutti gli accorgimenti necessari per evitare che la tattica dei barbari avesse successo, disponendo che la cavalleria comandata dal legato Seio Tuberone occupasse la pianura, mentre la fanteria che si dividesse in due colonne, per poi mandarne una verso la foresta occupata dagli uomini di Arminio e l’altra verso il terrapieno. In un primo momento i romani incontrarono notevoli difficoltà ad attaccare il vallo, principalmente per la sua ripidità, ma anche perchè i difensori bersagliavano dall’alto i legionari con numerosi proiettili. Germanico, accortosi del problema fece prontamente indietereggiare la fanteria per far avanzare arcieri e frombolieri, i quali con una pioggia di dardi e pietre, fiaccarono in modo decisivo le difese del vallo, permettendo così ai legionari di poterlo scalare più agevolmente ed occuparlo in breve tempo. Ben diversa fu la battaglia nel cuore della vicina foresta, dove i Cherusci impegnarono oltremodo le armate romane in uno scontro estremamente cruento, reso ancora più violento dal fatto che sia gli uni che gli altri erano impossibilitati a ritirarsi, i germani per le paludi alle loro spalle, mentre i romani a causa del fiume Visurgi che scorreva dietro di loro, si combatteva quindi per vincere o per morire. Nonostante le difficoltà la disciplina delle legioni prevalse, la scarsa possibilità di movimento nella foresta finì per penalizzare maggiormente i germani  che non riuscivano ad utilizzare in modo efficace le loro lunghe lance, subendo praticamente da fermi il pesante impatto delle legioni. Dopo una estenuante lotta, Arminio, logorato anche dalla recente ferita subita iniziò ad indietreggiare, viceversa Germanico che condusse personalmente l’assalto finale, si tolse l’elmo per essere riconosciuto anche dalle fila più arretarate, incitando i suoi uomini ad avanzare per continuare il massacro. Verso la fine di quella giornata, una volta preso il controllo della situazione, il generale romano ritirò una legione dal combattimento, affinchè si occupasse di costruire il campo, mentre le altre continuavano incessantemente ad incalzare il nemico ormai in rotta.

Idistaviso, i romani vendicano Teutoburgo, seconda fase della battaglia
Idistaviso, i romani vendicano Teutoburgo, seconda fase della battaglia

IDISTAVISO, I ROMANI VENDICANO TEUTOBURGO, CONSEGUENZE:

Le due battaglie vittoriose dei romani ebbero grande risalto in patria, sottolineate dal fatto che inoltre erano state recuperate due delle tre aquile legionarie perdute da Varo pochi anni prima, costituendo quindi una vera e propria vendetta di quella tremenda disfatta. Nonostante il successo, comunque non decisivo, Germanico venne richiamato a Roma dall’imperatore Tiberio, e non come molti pensano, per l’invidia della fama di cui godeva il giovane generale, bensì per una maggior consapevolezza del fatto che Germanico, anche a causa dei grandi danni che la sua flotta sul Reno subì a causa di una tempesta, non avrebbe potuto resistere per lungo tempo in quei territori che rimanevano fortemente ostili. Tiberio considerò una tattica migliore e molto meno dispendiosa, attendere che le annose diatribe interne ai germani facessero ciò che i romani avevano tentato per anni, ovvero mantenere i confini sul Reno senza subire danni. I fatti diedero ragione all’imperatore, visto che pochi anni dopo, Arminio, uno dei più grandi nemici di Roma, venne ucciso in una congiura ordita dalle altre tribù germaniche che ormai mal sopportavano il suo strapotere.

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