Il breve Regno di Pertinace

il breve regno di Pertinace si sviluppò nel corso della storia della Roma imperiale, per soli tre mesi, dal 1 gennaio del 193 d.C. al 28 di marzo dello stesso anno, dopo essere stato assassinato dai soldati della guardia pretoriana. Publio Elvio Pertinace, nato in Piemonte, ad Alba, il 1 agosto del 126 d.C., prima di ottenere il principato fu anche un brillante militare e console al servizio di Roma.

Il breve regno di Pertinace
Il breve regno di Pertinace

IL BREVE REGNO DI PERTINACE, ORIGINI FAMILIARI E CARRIERA MILITARE:

Come confermato sulla “Historia Augusta”, Pertinace nacque ad Alba Pompeia, (odierna Alba, in provincia di Cuneo), in quella che allora era la Regio IX Liguria, da una famiglia di liberti. In gioventù, il futuro imperatore si distinse come insegnante di grammatica, cercando in seguito un incarico che lo potesse maggiormente gratificare. Con l’aiuto di qualche protettore riuscì ad ottenere l’incarico di prefetto della coorte IV Gallorum Equitata, e mandato in Rezia.

I primi veri passi della sua carriera militare, Pertinace li effettuò però in Siria come prefetto della coorte ausiliaria, VII Gallorum, fra gli anni 157 e 162 d.C., dopo di che ebbe modo di mettere in mostra le sue abilità in battaglia durante le campagne partiche condotte dall’imperatore, Lucio Vero. Alla luce di ciò ottenne una promozione e venne inviato in Britannia, prima come preposto della coorte II Tungrorum, e poi come legato della Legio VI Victrix fra il 164 e il 166 d.C.. L’anno successivo lo troviamo prefetto dell’ala I  Flavia Augusta britannica miliaria, dislocata a Sirmium (odierna Sremska Mitrovica in Serbia), sotto il diretto comando del legato Augusti pro-pretore, Tiberio Claudio Pompeiano di cui divenne in seguito grande amico e protetto. Nei due anni successivi si unì al seguito dell’imperatore Marco Aurelio durante le guerre marcomanniche, dove si occupò della logistica, ed infine negli anni 169 e 170 d.C., lo troviamo procuratore “Ducenarios” delle tre Dacie. Successivamente cadde in disgrazia e rimosso da questo ultimo ruolo, probabilmente a causa di alcuni intrighi politici, per poi essere richiamato dall’amico Pompeiano affinchè lo affiancasse durante la guerra contro i Germani. Qui ottenne notevoli successi sul campo di battaglia che gli fecero ottenere un’Adlectio (una particolare procedura giuridica e politica del sistema istituzionale dell’antica Roma con la quale si era ammessi a far parte di un corpo politico, amministrativo, militare o religioso) in Senato dall’imperatore Marco Aurelio in persona, che compensò il torto al quale aveva dovuto fare buon viso a cattivo gioco, solo poco tempo prima, e promosso quindi fra i pretori.

Nel 175 d.C., per i molti meriti acquisiti in battaglia negli anni precedenti, ottenne la nomina a console e subito dopo il governatorato delle due Mesie, accompagnando Marco Aurelio in oriente in occasione dell’usurpazione di Avidio Cassio. Nel 179-180 d.C., divenne governatore delle Dacie e subito dopo legato Augusti pro pretore in Siria dove rimase circa tre anni. Nel 183 d.C., infatti venne richiamato in Italia dal prefetto del pretorio, Tigidio Perenne, che lo sostituì con Gaio Domizio, costringendolo quindi a ritirarsi a vita privata ad Alba, sua città di origine. La morte di Perenne l’anno successivo,  consentì a Pertinace di tornare in auge alla corte di Commodo, che subito sfruttò le sue doti militari per spedirlo nuovamente in Britannia a sedare alcuni ammutinamenti. I suoi successi fecero ottenere a Pertinace il governatorato dell’isola, dove sembra sia rimasto fino a tutto il 187-188 d.C.. Tornato in patria venne prima nominato Prefectus Urbi nel 189 d.C., e poi proconsole d’Africa nel 190 d.C.. Ottenne poi un secondo consolato avendo come collega lo stesso imperatore Commodo, nel 192 d.C. Il 31 dicembre di quell’anno Commodo venne assassinato e il prefetto del pretorio, Quinto Emilio Leto, nominò Pertinace, Imperatore di Roma.

Il breve regno di Pertinace, soldati della guardia pretoriana
Il breve regno di Pertinace, soldati della guardia pretoriana

IL BREVE REGNO DI PERTINACE, IL PRINCIPATO:

Il breve regno di Pertinace, oltre ad essere molto stringato fu anche decisamente inquieto. Devotissimo al Senato, il nuovo imperatore fu in un primo momento tentato di cedere il principato ad Acilio Glabrione, uno dei senatori più autorevoli di quegli anni, per poi accettare quel ruolo cercando di imitare quanto fatto da Marco Aurelio, soprattutto in ambito finanziario per cercare di sollevare le disastrate casse dello stato, purtroppo per lui però,  le sue riforme in ambito di distribuzione di terre ed alimenti incontrarono subito l’ostilità di diversi quartieri della capitale. Le fonti antiche ci tramandano di come molti pretoriani rimasero delusi da Pertinace, in quanto si aspettavano l’eliminazione di tutti i seguaci e fiancheggiatori di Commodo, non che l’elargizione di ricchi doni, tratti proprio dalle ricchezze degli stessi. Pertinace però non intendeva punire chi semplicemente era tenuto ad eseguire degli ordini, così i pretoriani presero ad agitarsi ancora di più fino a quando l’imperatore non si vide costretto, per evitare tumulti, ad elargire loro forti somme di denaro tratto dalle proprietà di Commodo, compresi ragazzi e ragazze che l’eccentrico imperatore teneva per se per i suoi piaceri sessuali. Poco tempo dopo Pertinace sventò una congiura nei suoi confronti, mettendo a morte tutti coloro che ne facevano parte. Tuttavia l’epilogo era solo rimandato, il 28 marzo del 193 d.C., i pretoriani assaltarono il palazzo imperiale, già precedentemente abbandonato dalle guardie, raggiungendo le stanze dove Pertinace li attendeva, rifiutandosi di fuggire. In un primo momento i soldati rimasero sorpresi dal coraggio e dalle parole dell’imperatore, ma subito dopo un certo Tungas, incitò i compagni, e scagliò una lancia che trafisse al petto Pertinace, che in punto di morte si coprì il capo, come fece anche Giulio Cesare in occasione del suo assassinio, rivolgendo un’ultima preghiera a Giove Vendicatore. Il segretario di Pertinace, Ecletto, si battè anch’egli con valore, trafiggendo due pretoriani prima di cadere anch’esso sotto i colpi dei congiurati. Compiuto il delitto, i pretoriani tagliarono la testa di Pertinace, la posero in cima ad una picca dopo di che sfilarono vittoriosi per le vie della città. Il fatto che Pertinace rifiutò gli attributi imperiali per la moglie e per il figlio Publio Elvio, lascia immaginare che fosse ben cosciente del pericolo incombente, proteggendoli così dalle conseguenze di un suo assassinio.

Pertinace era un sostenitore della pace  e della giustizia, ma forse fu proprio la passione per questi ideali che lo portarono ad una morte così violenta. Era quello già un periodo dove i soldati preferivano imperatori più decisi che dessero libero sfogo alla loro smisuarata sete di denaro e di bottini, mantenere il potere significava quindi assecondare in larga parte l’eccessiva corruzione dei pretoriani, cosa che invece il forse troppo onesto Pertinace non fece.

 EVENTI SUCCESSIVI:

Subito dopo la morte di Pertinace, i pretoriani indissero un’asta vera e propria, mettendo in palio il principato, e fu il ricchissimo senatore, Didio Giuliano ad ottenerlo. La sua totale inettitudine al ruolo si rivelò prestissimo,  ed una guerra civile per una più sicura e solida guida dell’impero si presentò all’orizzonte. Didio Giuliano sfidando Settimio Severo prima di rimanere impantanato in sterili trattative diplomatiche, rimase completamente solo e abbandonato anche dagli stessi pretoriani che il 1 giugno del 193 d.C., lo decapitarono senza pensarci troppo a lungo. Alla sua salita al potere, Settimio Severo fece pressioni sul Senato affinchè concedesse l’apoteosi e i funerali di stato a Pertinace. Come nuova divintà, per qualche tempo vennero organizzati a Roma, giochi per l’anniversario della sua ascesa al potere e per il giorno della sua nascita.

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