La fine della Repubblica

La Fine della Repubblica, contesto storico:

Contrariamente alle dichiarate intenzioni di coloro che avevano organizzato e partecipato all’assassinio di Giulio Cesare, la morte del “dictator” non portò al ripristino della Repubblica, bensì ad un altro periodo di sanguinose lotte civili.

Il 21 maggio del 44 a.C., Ottaviano fece ritorno a Roma, dopo che i cesaricidi, grazie ad un’amnistia concessa da Marco Antonio, avevano già da un mese lasciato la città. Il futuro primo imperatore si affrettò a rivendicare il nome adottivo di Gaio Giulio Cesare,  dichiarando pubblicamente di accettare l’eredità del padre e chiedendo pertanto di entrare in possesso dei beni familiari. Il Senato, che a quell’epoca vedeva in Ottaviano niente più che un principiante facilmente manovrabile, apprezzava comunque un personaggio che tendesse ad indebolire la figura di Marco Antonio, ragion per cui ratificò il testamento riconoscendo quindi  ad Ottaviano lo status di erede legittimo di Giulio Cesare.

Circa un mese più tardi, con a disposizione il patrimonio del padre, Ottaviano ebbe la possibilità di ingaggiare un proprio esercito privato di circa 3.000 legionari veterani, mentre nello stesso tempo Marco Antonio si accingeva a portare guerra ai Cesaricidi per recuperare il favore della fazione cesariana.

La Fine della Repubblica, il secondo triumvirato:

Nel mese di ottobre di quello stesso anno, l’appoggio del Senato ad Ottaviano si intensificò, e Marco Antonio, nel tentativo di riprendere il controllo della situazione, richiamò le proprie legioni stanziate in Macedonia, e tentò di far dichiarare al Senato Ottaviano come “Hostis publicus” per avere arruolato un esercito privato senza averne l’autorità. Il tentativo naturalmente fallì, così Antonio per tentare di strappare una posizione di forza decise allora di accelerare i tempi dell’occupazione della Cisalpina, che una speciale legge del Senato al termine del suo anno consolare gli aveva assegnato, ma già affidata al pro-pretore Decimo Bruto. Ricevuto da quest’ultimo un categorico rifiuto alla richiesta di cessione di quella regione, Marco Antonio, alla testa delle sue legioni marciò su Modena, dove strinse d’assedio il pro-pretore.

Il 1 gennaio del 43 a.C., vennero eletti consoli Gaio Vibio Pansa e Aulo Irzio, e il Senato di Roma abrogò la legge speciale che assegnava ad Antonio la Cisalpina, ordinando quindi ai consoli in carica e ad Ottaviano di marciare contro Antonio. Il 21 aprile di quell’anno Marco Antonio uscì sconfitto dallo scontro che ne scaturì nei pressi della città emiliana di Modena. I due consoli da poco eletti caddero sul campo di battaglia lasciando come unico vero vincitore Ottaviano.

Arrivato quindi anche legalmente a capo dello stato romano, Ottaviano non perse tempo e prese subito contatti con il principale sostenitore di Antonio, il pontefice massimo,Marco Emilio Lepido, già “magister equitum” di Giulio Cesare, nel tentativo  di ricomporre i dissidi interni alla fazione cesariana. Con l’aiuto di quest’ultimo Ottaviano ottenne quindi un incontro a tre che si svolse  nei pressi Bologna. Da questo colloquio nacque dunque un accordo della durata di 5 anni passato alla storia con il nome di Secondo Triumvirato. Questo accordo venne riconosciuto e ratificato anche dal Senato di Roma il 27 di novembre di quell’anno con la “Lex Titia”, una legge che creava la speciale magistratura dei “Triumviri rei publicae constituendae consulari potestate”, ovvero “triumviri per la costituzione dello stato con potere consolare”.

L’accordo in questione prevedeva fra i tre la divisione territoriale del nascente Impero, ad Ottaviano vennero assegnate l’Africa proconsolare, la Siria e la Sardegna, contestualmente furono redatte delle liste di proscrizione che videro cadere le teste di tutti i più grandi oppositori di Cesare, Cicerone in primis, e ci si preparava alla guerra contro i cesaricidi, cosa che avvenne in modo decisivo nell’ottobre del 42 a.C.. In quel frangente solo Ottaviano e Marco Antonio si occuparono della guerra, lasciando a guardia della Capitale il solo Lepido. Nello scontro di Filippi i due triumviri uscirono completamente vincitori. Ottaviano, Antonio e Lepido si trovarono così padroni anche di tutto l’oriente, ragion per cui si rese necessaria una ulteriore spartizione dei territori, a Lepido furono assegnate l’Africa proconsolare e la Numidia, ad Antonio toccarono la Gallia, la Transpadana e tutto l’oriente romano, mentre ad Ottaviano rimanevano l’Italia, Sardegna Sicilia e Corsica comprese più la penisola iberica, ma nuovi contrasti erano all’orizzonte…

Nel 41 a.C., infatti, il fratello di Marco Antonio, Lucio, entrò in aperto contrasto con Ottaviano, pretendendo che fossero assegnate terre su suolo italico anche ai soldati veterani del fratello. I contrasti sfociarono ben presto in un conflitto armato che si risolse con l’assedio di Perugia, dove, forse per la prima volta, venne in risalto un Ottaviano tutt’altro che moderato e anzi piuttosto crudele e sanguinario. Tutta l’aristocrazia della città venne trucidata e la città stessa praticamente rasa al suolo. Per non creare altre tensioni i due triumviri non diedero troppo peso alla questione tant’è che Lucio Antonio, il principale fomentatore della rivolta, venne poi inviato come governatore in Spagna.

La fine della Repubblica, ritratto di Augusto
La fine della Repubblica, ritratto di Augusto

 

La fine della Repubblica, ritratto di Antonio
La fine della Repubblica, ritratto di Antonio

Fine della Repubblica, nuove divisioni:

Nel settembre del 40 a.C., con il trattato stipulato a Brindisi teso soprattutto a distendere la tensione fra Ottaviano e Antonio, venne nuovamente suddiviso fra i tre triumviri il territorio romano, a Lepido, ormai fuori dai giochi di potere furono concesse l’Africa e la Numidia, mentre ad Antonio venne assegnata anche L’Acaia e la Macedonia, ad Ottaviano oltre che all’Occidente venne affidato anche l’illirico. Dopo questo ulteriore accordo  i triumviri dovettero scendere a patti anche con Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno, per riprendere il controllo delle coste e permettere l’arrivo di rifornimenti: nel 39 a.C. si giunse alla pace di Miseno. In cambio della riapertura dei mari e dello smantellamento di parte della sua flotta, a Sesto Pompeo venne riconosciuto il governo di Sicilia, Sardegna, Corsica e del Peloponneso, promesso il consolato e concessa l’indennità ai suoi uomini.

Sesto Pompeo era però un alleato scomodo e di li a poco Ottaviano si decise a disfarsene, ma i primi tentativi furono poco fortunati, la flotta allestita dal triumviro, già pronta per sbarcare in Sicilia, fu distrutta prima dagli uomini di Sesto e poi da una violenta tempesta. La guerra contro Sesto Pompeo si risolse solo nel 36 a.C., quando Ottaviano, grazie all’aiuto dell’amico fidato Agrippa e di alcuni rinforzi mandati da Antonio, sconfisse il figlio di Pompeo Magno presso Mileto, la Sicilia capitolò e Sesto fuggì in oriente dove poco tempo dopo fu assassinato da alcuni sicari di Marco Antonio.  I problemi erano però ben lontani dall’essere risolti anche perchè Marco Emilio Lepido valutando che la Sicilia spettasse a lui, iniziò i preparativi per impossessarsene anche ricorrendo alla forza. Purtroppo per lui però molti dei  suoi uomini passarono di loro spontanea volontà ad Ottaviano rendendo così lo scontro molto veloce mai in discussione. A Lepido venne concesso di mantenere la carica di Pontefice Massimo, ma perse le terre a lui affidate e confinato al Circeo. A questo punto, rimaneva il solo Ottaviano in Occidente e il solo Marco Antonio che governava l’intero oriente romano, lo scontro era inevitabile, anche perchè Ottaviano conduceva brillantemente campagne militari in Illirico e si sbarazzava della minaccia portata da Lepido, mentre Antonio non guerreggiava contro i Parti come aveva promesso, lasciandosi andare al lusso e all’amore di Cleopatra.

Alla sua scadenza  nel 33 a.C., il triumvirato non venne rinnovato e, cosa ben più grave, Antonio ripudiò la sorella di Ottaviano, precedentemente sposata, con un affronto per quest’ultimo intollerabile. Il conflitto era ora inevitabile. Mancava solo il casus belli, che Ottaviano trovò nel testamento di Antonio, in cui risultavano le sue decisioni di lasciare i territori orientali di Roma a Cleopatra e ai suoi figli, compreso Cesarione, figlio naturale di Giulio Cesare, che acquisita la maggiore età avrebbe potuto ambire anch’esso ad alte cariche. Il Senato di Roma dichiarò guerra a Cleopatra,  e Antonio  sconfiggendoli nella celebre battaglia navale di Azio, del 2 settembre 31 a.C., questi fuggendo dallo scontro  si suicidarono entrambi, l’anno successivo in Egitto.

La battaglia di Azio sancì la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero Romano.  Ottaviano Augusto, infatti, pur mantenendo formalmente alcune istituzioni repubblicane, di fatto trasformò il nuovo stato romano in una monarchia pur nell’apparenza del principato.

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