La fine di Pompeo Magno

La fine di Pompeo Magno avvenne su di una spiaggia egiziana il 29 settembre del 48 a.C., il triumviro, in fuga dal rivale Giulio Cesare dopo la cocente sconfitta di Farsalo, incontrò il suo destino per mano del generale Achilla e del romano Settimio, inviati dal Re Tolomeo per tendergli un tranello, allo scopo di ingraziarsi il favore di Cesare.

La fine di Pompeo Magno
La fine di Pompeo Magno

LA FINE DI POMPEO MAGNO, CESARE CONTRO POMPEO:

Giulio Cesare, una volta terminato il suo consolato si diresse in Gallia alla ricerca della gloria militare che gli avrebbe permesso di consolidare notevolmente la sua posizione politica. Prima della partenza Cesare concesse in sposa la figlia Giulia al potente alleato Pompeo, suggellando ancor di più il loro patto, dopo quel momento i due si sarebbero rivisti solo un decennio più tardi quando ormai erano irrimediabilmente acerrimi nemici. La morte di parto inaspettata di Giulia  nel 54 a.C., e quella di Crasso durante la disfatta di Carre contro i Parti, l’anno successivo, vennero abilmente utilizzate dall’ala più conservatrice del senato, per portare dalla loro parte Pompeo. Per questo motivo, nel 52 a.C., il forte generale piceno rifiutò una nuova alleanza con Cesare e accettò l’inusuale, per l’epoca,  nomina a “console senza collega”. Questa strana scelta fu molto probabilmente un mezzo del Senato per assegnare a Pompeo i poteri da dittatore, senza dichiararlo espressamente. La già tesa situazione politica, si complicò ulteriormente quando il Senato informò Cesare che al termine del suo mandato in Gallia, sarebbe stato sottoposto a processo per frode e cattiva amministrazione. A fronte di questo nuovo affronto a Cesare non rimase che opporsi e nel 49 a.C., varcò in armi il fiume Rubicone, dando inizio ad una guerra civile che si protrasse per quattro anni. Nelle prime fasi del conflitto, nonostante la superiorità numerica del proprio esercito, Pompeo si rifiutò di affrontare Cesare in campo aperto, radunando prima le sue truppe a Brindisi, per poi attraversare l’Adriatico attestandosi a Durazzo. Cesare dal canto suo, una volta arrivato a Roma, ottenne pieni poteri con la nomina a “Dictator”, dopo di che, dopo aver prima eliminato in Spagna i sostenitori di Pompeo, inseguì l’ex triumviro in Tessaglia, dove a Farsalo ne ebbe ragione, il 9 di agosto del 48 a.C.. Pompeo in conseguenza di ciò riuscì a fuggire con una trentina di suoi fedelissimi, senza però una destinazione precisa, finchè qualcuno non gli suggerì l’Egitto, un consiglio che visti gli avvenimenti successivi si rivelò fatale.

LA FINE DI POMPEO MAGNO, L’ASSASSINIO IN EGITTO:

Una volta giunto di fronte alle coste egizie, Pompeo inviò un messaggio al sovrano Tolomeo XIII, anch’egli impegnato in una lotta intestina al paese contro la sorella Cleopatra VII, anche se in realtà, a causa della giovane età del Re, il potere era effettivamente detenuto dall’eunuco Potino, che dato gli eventi, non esitò a convocare tutti i consiglieri reali. Dal consiglio venne decretato che Pompeo andava eliminato, questo per evitare che la sua presenza sul suolo egizio, provocasse eventuali ingerenze romane negli affari interni del paese. Il grande generale romano venne quindi attirato nella trappola preparata dai consiglieri di Tolomeo che si offrirono di trasportarlo sulla terra ferma a bordo di una piccola imbarcazione, a bordo della quale si trovavano, Achilla, prefetto del Re, e un vecchio compagno d’armi dello stesso Pompeo, Lucio Settimio. Alla vista del suo conoscente Pompeo accettò il passaggio con fiducia, ma quando la costa ormai era prossima i due lo pugnalarono a tradimento, uccidendolo. Di particolare interesse è il modo in cui lo storico Anneo Lucano descrive quei momenti:

“Difatti, lo spietato Settimio, mentre sta perpetrando il delitto, ne escogita uno ancora più nefando: strappa il velo, mettendo allo scoperto il volto venerando di Pompeo moribondo, afferra il capo, in cui è ancora presente il respiro, e appoggia il collo, ormai abbandonato, di traverso su uno dei banchi dei rematori. Tronca poi i nervi e le vene e spezza, con reiterati colpi, le vertebre: essi non conoscevano ancora il modo di staccare, con un solo fendente della spada, la testa dal busto. Ma, dopo che il capo, troncato dal corpo, rotolò via, il cortigiano Fario reclamò per sé la prerogativa di mostrarlo con la sua destra».

Dopo aver assistito a quell’incredibile epilogo, i suoi pochi seguaci, rimasti al largo, levarono immediatamente le ancore e fuggirono senza neppure tentare di vendicare il proprio generale, cosa che quasi paradossalmente, avrebbe fatto Cesare poco tempo dopo, una volta arrivato anch’egli in Egitto. Il corpo di Pompeo venne quasi subito cremato sulla spiaggia, ma la sua testa venne conservata in un cesto, con lo scopo di mostrarla a Cesare una volta che quest’ultimo fosse giunto in Egitto. A differenza di ciò che credevano i consiglieri di Tolomeo, Cesare fu tutt’altro che felice di vedere che un nobile romano qual’era Pompeo fosse stato trucidato a quel modo, la sua ripugnanza alla vista di quel trofeo fu totale e per tutta risposta, il dittatore romano depose immediatamente Tolomeo XIII e giustiziò Potino e tutti coloro che avevano partecipato al delitto, elevando poi Cleopatra sul trono d’Egitto. Subito dopo Cesare si assicurò che le ceneri, l’anello e i poveri resti del suo ex collega facessero ritorno in Italia, nelle sue proprietà. Nel 45 a.C., Pompeo Magno venne deificato dal Senato su espressa richiesta dello stesso Cesare.

La fine di Pompeo Magno
La fine di Pompeo Magno

ULTIME CONSIDERAZIONI:

In generale molti dei principali storici antichi hanno giudicato in modo favorevole Gneo Pompeo; se Tacito non lo ritenne meno dispotico di Giulio Cesare, Plutarco e soprattutto Velleio Patercolo, ne lodano la “rettitudine”, la “probità” e la moderazione. Velleio Patercolo afferma che occorrerebbero “molti volumi” per descriverne la “grandezza” e lo giudica “dall’eccezionale esperienza nelle armi”, “privo di quasi tutti i vizi”. Plutarco invece ne sottolinea la grande “benevolenza” che ricevette sempre dal popolo, a differenza del padre Pompeo Strabone, che si mantenne inalterata anche nella fase delle sconfitte; lo scrittore greco descrive le numerose  qualità positive di Pompeo come: “la semplicità del tenore di vita, l’abilità militare, l’eloquenza persuasiva, la lealtà del carattere, l’affabilità nei rapporti umani”.

Sia per gli storici del suo tempo che per quelli successivi, la vita di Pompeo fu semplicemente troppo irrealistica per essere vera. Non esisteva un precedente storico soddisfacente di un grande uomo che, avendo realizzato con i propri sforzi trionfi straordinari, avesse tuttavia perso tutto il potere e l’influenza guadagnati e infine fosse stato assassinato così a tradimento.

Credits to:

https://www.storicang.it/a/pompeo-magno-storia-di-disfatta_14721

 

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