La gestualità dei romani

Fin dagli albori la gestualità dei romani serviva a rafforzare i discorsi e le tesi di qualunque oratore, e non era una pratica sconveniente, come in effetti avvenne in epoche più tarde, ma al contrario  era strettamente collegata all’istintività della singola persona e al lasciarsi andare, cosa che i romani, con le dovute regole, amavano tutto sommato fare. Si racconta che il grande Giulio Cesare fosse dotato di un’ampia ed elegante gestualità con la quale aumentava il risalto dei suoi discorsi, contribuendo notevolmente all’ascendenza che aveva sulle persone.

LA GESTUALITA’ DEI ROMANI, IL SALUTO:

La gestualità dei romani
La gestualità dei romani

Su questo blog esiste già un articolo che tratta del saluto romano per cui ci limitiamo qui a trattarlo per sommi capi. Una delle prime regole del saluto era mostrare per prima la mano disarmata, chiarendo subito di avere buone intenzioni, dopo di che non vi era alcun contatto fisico, come del resto prevedeva l’antica cultura mediterranea. Più anticamente  gli Etruschi si limitavano ad alzare il braccio per salutarsi, nelle cerimonie ufficiali, il braccio doveva essere alto e ben teso, ma nella vita quotidiana, molto spesso il gesto era per lo più solo accennato. Per avere un’idea  più chiara di quale fosse il gesto in questione, è sufficiente osservare le celebri statue di Ottaviano Augusto, o quella equestre di Marco Aurelio per osservare che il braccio non era ben teso, bensì leggermente piegato, ma sempre con il palmo della mano rivolto in avanti. Saluti simili sono raffiugurati anche sulla colonna Traiana, nella quale alcuni soldati, salutano il proprio imperatore con il palmo della mano rivolto in avanti, con tutte le dita unite, tranne il pollice. Lo storico Giuseppe Flavio ci narra che durante le guerre giudaiche, i legionari erano soliti acclamare il loro generale, alzando tre volte il braccio destro, tuttavia non sono da mettere sullo stesso piano, il saluto civile e il saluto militare. Il saluto fra legionari di pari grado, consisteva nello scambiarsi una vigorosa stretta di avambraccio, poco sopra il polso, mentre un generale veniva omaggiato portandosi la mano destra, aperta o chiusa a pugno, all’altezza del cuore. Un altro tipo di saluto militare, portando la mano all’altezza dell’elmo, più o meno come ai giorni di oggi, è stato ipotizzato, e corroborato dalle immagini su alcuni rilievi, ma probabilmente poco in uso. Una curiosità rilevante riguarda invece il saluto con la stretta di mano. La stretta di mano nacque come saluto fra coloro che si ritrovavano nei mitrei per praticare il culto misterico di Mitra, e poichè era un culto molto diffuso, ma soprattutto perchè prevedeva la novità del contatto fisico, prese rapidamente piede fra la popolazione, tanto da superare praticamente intatto duemila anni di storia, visto che tutt’oggi anche noi ci salutiamo esattamente come facevano gli adoratori di Mitra.

LA GESTUALITA’ DEI ROMANI, IL GESTO OSCENO:

Il gesto del pugno chiuso e del dito medio eretto, era già in uso ai tempi dell’antica Grecia, i romani lo chiamavano “digitus impudicus”, cioè osceno. Tale gesto è spesso identificato in alcuni antichi scritti greci, come ad esempio nella commedia di Aristofane: “Le nuvole”. L’uso di questo gesto è presente in diverse e differenti culture, probabilmente a causa della vasta influenza greco romana su tutta l’area del Mediterraneo. Il gesto veniva utilizzato per identificare la perversione di una persona, rapportando il dito medio ad una minaccia di sodomizzazione. Si racconta che l’imperatore Caligola amasse sfoggiare il “digitus impudicus” mentre i suoi più stretti collaboratori erano intenti a baciargli la mano, allo scopo di umiliarli, tuttavia l’aneddoto è probabilmente privo di fondamento, perchè l’usanza del bacio alla mano era tipica dell’oriente, e molto lontana dai costumi romani di quell’epoca. Di natura sessuale era anche il gesto del pollice posizionato fra il dito indice e il medio, anche questo di provenienza greco romana, poteva essere utilizzato per insultare una persona, ma in molti casi era considerato anche gesto di buon auspicio e porta fortuna. Il gesto in se è una tipica rappresentazione dell’organo riproduttivo femminile, molto popolare in antichità in quanto simbolo di fertilità e prosperità, tant’è che  i “Milloi”, i dolci tipici cucinati in onore di Cerere, avevano la stessa forma. Un altro gesto di buona sorte per gli uomini era considerato il grattarsi i cosiddetti attributi, tant’è che esisteva un detto molto esplicativo che recitava: “gratatio pallorum omnia mala fugat!” cioè, “grattarsi le palle allontana tutti i mali”.

TACI!:

La gestualità dei romani
La gestualità dei romani

Un modo abbastanza semplice e chiaro, per far capire a qualcuno di smettere di parlare, consisteva nel far combaciare rapidamente il pollice con le altre quattro dita della mano, ovvero “chiudi il becco!” diremo noi oggi.

LA GESTUALITA’ DEI ROMANI, LA PREGHIERA, SUPINA MANUS:

Pregare a mani giunte con le dita intrecciate, come accade ai giorni nostri, nel mondo romano era assolutamente vietato, poichè, come spiega Plinio, tale gesto avrebbe inibito qualsiasi tipo di rituale. I romani erano soliti innalzare le proprie preghiere agli Dei rivolgendo gli occhi al cielo e mantenendo il braccio destro teso con il palmo della mano aperto verso l’alto. Il gesto della “Supina Manus” è menzionato in molte occasioni da poeti e scrittori come Catullo, Virgilio o Tito Livio. In epoche successive le usanze cambiarono leggermente, e nei primi decenni dell’Impero, alcuni poeti come Valerio Flacco o Papinio Stazio ci narrano di come i romani iniziassero a pregare non più con una mano sola, ma elevando entrambe le braccia verso l’alto. La particolarità nell’invocare la divinità stava essenzialmente nel fatto che il palmo della mano andava rivolto nela direzione nella quale si ritenesse che il Dio in questione, dimorasse, così se si voleva invocare una divinità celeste, il palmo si indirizzava verso il cielo, se invece si voleva invocare il Dio Nettuno, la mano andava diretta verso  lo specchio d’acqua più vicino, oppure verso la  sua dimora terrestre, che poteva essere un tempio o un altare a lui dedicato. Anche durante i sacrifici rituali si servivano le offerte e le libagioni con la mano destra, ma se viceversa si sacrificava agli Dei degli inferi, la mano destra veniva rivolta verso il basso, e le offerte si servivano con la sinistra, versando il contenuto in una fossa scavata a terra.

GESTI PROPIZIATORI: IL SEGNO DEL TRE:

La gestualità dei romani
La gestualità dei romani

Gesto propiziatorio e scaramantico, posizionare indice e medio a V, con il pollice distanziato, veniva spesso raffigurato in molti dipinti e sculture, a cui venivano aggiunti amuleti  portafortuna, o disegnati a rilievo nel primo caso.

TOCCARSI I GENITALI:

Rito propiziatorio, o per allontanare la sfortuna, relativo solo agli uomini, tale gesto derivava dal fallo della divinità greco-romana di Priapo. Il fallo di Priapo, simbolo di grande prosperità veniva dipinto o scolpito nelle piazze o agli angoli delle strade, e ogni persona che possedeva un’attività commerciale, non avrebbe mai aprerto il proprio negozio senza prima aver toccato un’immagine priapea.

ALTRI GESTI:

La gestualità dei romani
La gestualità dei romani

 

Famosissimo è il gesto del “Pollex Versus”, ovvero il pollice verso, raffigurato nell’ideale comune, per stabilire la morte di un gladiatore sconfitto, ma non è così, e non c’è nessuna prova che questo gesto indicasse una condanna. La tesi più comune vuole che a simboleggiare una condanna fosse il gesto di tenere la mano aperta verso il basso, con le quattro dita unite e di conseguenza con il pollice rivolto verso il basso. In questo modo le dita puntate verso il basso significavano la volontà che la persona indicata scendesse agli inferi, mentre il pollice indicava la spada che doveva affondare il colpo. Il pollice verso viene eseguito con la mano aperta anche da chi veniva battuto sul campo di battaglia, per rimettere nelle mani del vincitore il destino della propria vita, e alcuni esempi sono visibili anche sulla colonna Traiana e Antonina, viceversa non ci sono prove che ciò accadesse anche fra i combattenti dell’arena. Nel combattimento fra gladiatori, la grazia veniva invece concessa mediante il gesto del “Pollex Pressus”, ovvero con il pollice racchiuso dentro il pugno, ad indicare la spada che doveva essere rinfoderata.

IL PALMO TESO A RESPINGERE:

Al tempo dei romani quello di mantenere il palmo in avanti era un segno di stupore, ma anche di paura o di forte rifiuto verso qualcuno o qualcosa, un inequivocabile gesto, spesso in uso ancora oggi.

IL MEDIO CONTRO IL POLLICE:

La gestualità dei romani

lo scrittore romano, Quintilliano, ci riferisce di come questo inusuale gesto fosse molto in uso in antichità. Tale gesto era l’ideale per esordire in un discorso, agitando appena la mano da destra a sinistra. Tale movimento era molto utile per attirare l’attenzione, ma anche per rafforzare l’esposizione dei fatti, ma quando l’argomento esigeva fermezza e decisione, la mano si poteva spostare più in avanti eseguendo lo stesso movimento con più veemenza.

Credits to:

https://www.romanoimpero.com/2011/02/gestualita-dei-romani.html#:~:text=I%20Romani%20pregavano%20gli%20Dei,tra%20cui%20Catullo%20e%20Virgilio.

 

 

 

2 Risposte a “La gestualità dei romani”

  1. Interessante, ma attenzione ad una svista: la commedia “Gli uccelli” di Aristofane è greca, non romana (Aristofane vive ad Atene nel V a.C.).

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