La Rivolta di Viriato

La rivolta di Viriato si materializzò nel 147 a.C., quando in Lusitania, (odierno Portogallo), il condottiero Viriato guidò la sua gente contro i romani, per ottenere l’indipendenza da questi ultimi, che già da qualche tempo erano soliti vessare quelle terre con tassazioni molto elevate. Per i romani Viriato non era altro che un comune pastore e cacciatore, ma con il passare del tempo la sua grande conoscenza del territorio gli permise di attuare una guerriglia a cui i soldati dell’Urbe non erano abituati, mettendoli così in forte difficoltà.

La rivolta di Viriato, statua di Viriato sulla piazza di Zamora
La rivolta di Viriato, statua di Viriato sulla piazza di Zamora

LA RIVOLTA DI VIRIATO, CONTESTO STORICO:

I Lusitani, già da moltissimo tempo,  erano un popolo solito a procurarsi il proprio sostentamento, grazie a scorribande e a rapine di vario tipo, e questo comportamento non cambiò neppure quando i romani si avvicinarono, conquistando i territori a loro limitrofi. La loro inaffidabilità e pericolosità erano due “qualità” che Roma non poteva permettersi, e di conseguenza, nel 151 a.C., il pretore Servio Sulpicio Galba, alla guida di un forte esercito invase la Lusitania, seguito l’anno successivo dal proconsole, Lucio Licinio Lucullo. I Lusitani, colti alla sprovvista, inviarono subito offerte di sottomissione, rimettendosi al volere romano, Servio Sulpicio Galba per tutta risposta invitò tutti gli abitanti delle principali fortezze del luogo a scendere a valle, promettendo loro nuove terre dove potersi insediare. Con fiducia i Lusitani accettarono la generosa offerta, e una volta giunti in pianura, vennero suddivisi in tre accampamenti in attesa di istruzioni, con la preghiera di deporre ogni arma in segno di amicizia. Qui i romani si macchiarono di un infame tradimento, una volta deposte le armi, i tre accampamenti vennero per ordine di Galba, circondati dai legionari romani, che poi trucidarono tutti coloro che vi erano al loro interno. Solo pochissimi sfuggirono al massacro, ma fra questi vi era Viriato, un personaggio che non poteva dimenticare ciò che era accaduto, ripromettendosi di far pagare a caro prezzo quel tradimento ai romani. Presto Viriato divenne il leader di tutte le persone che avevano subito torti o che avevano perso qualcosa per mano romana, favorito anche dal fatto che era un perfetto conoscitore del territorio, potendo qundi sfruttare questo particolare a suo favore. Viriato da subito, ben conoscendo le abitudini dei suoi connazionali, pur non essendo ancora riconsciuto come loro capo, improvvisò una guerriglia incessante nei luoghi montuosi, evitando accuratamente di scendere in pianura, dove i romani molto più forti e numerosi avrebbero avuto vita troppo facile. Per i primi anni i Lusitani non riuscirono a contare su di un gruppo compatto di uomini con cui condurre le ostilità, almeno fino al 147 a.C., quando dopo aver devastato i territori della vicina Turdetania, vennero attaccati dal pretore Gaio Vetilio, per poi ripiegare verso una vicina fortezza amica dove in seguito vennero assediati dai romani. Proprio durante l’assedio i Lusitani si resero conto che senza un vero capo in grado di predisporre i giusti ordini, non sarebbero stati in grado a lungo di respingere gli attacchi dei legionari, così Viriato si propose a quel ruolo con la promessa di trarli tutti in salvo da quella difficile situazione. All’unanimità i Lusitani acconsentirono.

LA RIVOLTA DI VIRIATO, I PRIMI SUCCESSI DEI LUSITANI:

Audace e sapiente fu lo stratagemma con il quale Viriato si sottrasse dalla morsa romana, egli infatti tramite alcuni messaggeri riuscì a far convergere una parte delle sue forze a Tribola, una cittadina a sud del fiume Tago, costringendo il pretore Gaio Vetilio a muovere le sue truppe verso quel luogo. Una volta giunto sul posto anche lo stesso Viriato, i Lusitani finsero di ritirarsi, facendo cadere nel tranello i romani, che durante l’inseguimento, vennero continuamente bersagliati dalle tattiche di guerriglia del capo lusitano, il che provocò forti perdite nemiche, dei quasi 10.000 soldati romani, ben 4.000 persero la vita, fra i quali lo stesso pretore Gaio Vetilio. I soldati romani superstiti si ricompattarono e i caduti vennero reintegrati con gli uomini mandati da alcune tribù vicine alleate, dopo di che furono nuovamente spedite contro gli uomini di Viriato che di nuovo li sconfisse duramente. Nel 146 a.C., Gaio Plauzio, il nuovo pretore romano, non risparmiò le forze per inseguire il ribelle lusitano, tagliando ogni ponte sul fiume Tago, allo scopo di limitarne gli spostamenti, tuttavia, durante la costruzione di un accampamento, i romani vennero colti di sorpresa dagli uomini di Viriato, pagando ancora una volta un caro prezzo di vite umane. Dopo quell’episodio il pretore rimase così colpito e demoralizzato che non tentò la minima reazione, giudando anzi le sue truppe verso i quartieri invernali, nonostante si fosse ancora in piena estate.

La guerra in quella regione iniziò a prendere una piega minacciosa per Roma, così il Senato, per l’anno 145 a.C., deliberò l’invio di un esercito consolare, guidato appunto dal console, Quinto Fabio Massimo Emiliano, figlio del famoso Lucio Emilio Paolo, già conquistatore della Macedonia, il quale ottenne due nuove legioni, appena reclutate, allo scopo di far tirare il fiato ai veterani già spossati dai recenti conflitti in Grecia e Macedonia. All’inizio delle operazioni, il console romano poteva contare su circa 15.000 legionari e 2.000 cavalieri. L’arrivo di Quinto Fabio fu tutt’altro che agevole, durante il suo arrivo da Roma, le truppe  sul posto furono ancora una volta falcidiate dai Lusitani, i quali riuscirono a sottrarre un grande bottino, che poi esposero nei loro accampamenti, non solo, lo stesso console si ripromise di non combattere il nemico se prima non si fosse recato a Gades (odierna Cadice), per offrire un sacrificio ad Ercole, così facendo lasciò il suo esercito per recarsi sul posto, ma nel mentre, Viriato ingaggiò una feroce offensiva durante la quale furono ancora una volta i romani a soccombere. Al suo ritorno Quinto Fabio si ritrovò un esercito fortemente rimaneggiato, il che lo costrinse a passare il resto dell’anno ad addestrare nuove reclute.

Per il 144 a.C., Quinto Fabio riuscì a riottenere il governatorato della Spagna, il che gli permise di attaccare il nemico, visto che il suo esercito nel frattempo era stato opportunamente addestrato e rifornito. Viriato venne così scacciato dai territori dell’odierna Andalusia, e le sue principali città passarono sotto il controllo romano, facendo passare un tranquillo inverno a Quinto Fabio nei quartieri di Cordoba, ma altre nubi erano pronte ad addensarsi all’orizzonte.

La rivolta di Viriato
La rivolta di Viriato

AMPLIAMENTO DEL CONFLITTO E MORTE DI VIRIATO:

In tutto questo, le tribù ispaniche già inglobate dai romani e diventate loro alleate, vennero indotte al ripensamento dai successi di Viriato, e per questo si ribellarono ai nuovi conquistatori per affiancarsi al generale lusitano. La guerra Celtibera, si rivelò per certi versi anche più complicata, così nel 143 a.C., l’ex console, Quinto Cecilio Metello Macedonico ottenne il controllo della Hispania Citeriore, mentre il propretore Quinto Pompeo di quella Ulteriore, ma se Metello riuscì a condurre con esiti molto buoni la guerra Celtibera, lo stesso non si poteva dire di Quinto Pompeo che contro i Lusitani di Viriato si ritrovò in grosse difficoltà. L’anno successivo, visti gli scarsi risultati, Quinto Pompeo venne sostituito da Quinto Fabio Massimo Serviliano, che uomo di ben altra pasta, ottenne subito i primi successi, riuscendo a mettere in fuga Viriato, impadronendosi anche di alcune sue  importanti piazzaforti. Tuttavia nel 141 a.C., una nuova sconfitta turbò l’animo dei romani. Durante l’assedio della città di Erisane, Viriato riuscì ad eluderlo per entrare in città, una volta all’interno delle mura, iniziò ad organizzare le difese, le quali sfociarono in una decisiva sortita offensiva che colse Serviliano di sorpresa, costringendolo non solo a togliere l’assedio alla città, ma addirittura a cercare riparo in un impervio passo di montagna. Per Viriato l’occasione era troppo ghiotta, la sua grande conoscenza del territorio gli permise in poco tempo di circondare i romani, costringendoli alla resa incondizionata, per avere salva la vita. La vittoria del generale lusitano fu completa, tuttavia egli ne approfittò con moderazione, concedendo la libertà ai romani, a patto che i Lusitani potessero liberamente disporre dei loro territori ed essere riconosciuti amici di Roma. Serviliano accettò e siglò un patto con Viriato, il che sembrò mettere la parola fine al conflitto.

Per l’anno 140 a.C., il successore di Serviliano fu il fratello e console Servilio Cepione, il quale, deluso dall’epilogo della guerra, cercò in tutti i modi di ottenere la sua gloria personale, cercando per prima cosa di convincere il Senato sull’inadeguatezza del patto siglato dal fratello, considerandolo indegno del popolo romano. Il Senato però non se la sentì di contravvenire agli accordi da poco sanciti, ma appoggiando comunque  i proclami di Cepione, lo autorizzò ad intraprendere alcune azioni che intereferissero con gli affari di Viriato, indebolendo quindi la sua posizione. Questo periodo transitorio terminò in breve tempo, pensando infatti di avere pretesti sufficienti, il Senato si decise infine di infrangere i patti e concedere a Cepione di dichiarare guerra a Viriato. Subito il generale lusitano, che non voleva la guerra,  si affrettò a chiedere accordi di pace, inviando presso i romani a tal proposito, tre dei suoi più fidati amici: Ditalco, Minurus e Audax. Cepione, ricevuti gli ambasciatori li adulò e promise loro grandi ricompense, se al loro ritorno avessero ucciso il carismatico generale. Le cose andarono proprio in quel modo, una volta tornati al loro campo, mentre Viriato dormiva nella sua tenda, i tre vi si introdussero uccidendolo a sangue freddo, e ancora prima che tutti si fossero accorti del delitto, gli ambasciatori lusitani erano già al cospetto di Cepione per reclamare la loro ricompensa. Per tutta risposta il romano freddamente disse: “Roma traditoribus non praemiat!, cioè “Roma non premia i traditori!”.

La morte di Viriato non mise però fine al conflitto, al suo posto venne infatti elevato un certo Tantalo, che tuttavia non si rivelò all’altezza della situazione e in pochi mesi fu costretto alla capitolazione. La guerra contro gli uomini di Viriato fu per i romani oltremodo impegantiva e si protrasse per ben otto anni.

 

 

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