La storia della vestale Cossinia

La storia della vestale Cossinia è molto particolare, in quanto tratta di una donna che al termine del suo servizio, anzichè iniziare la sua nuova vita, scelse di continuare  a fare sacrifici e privazioni fino al termine dei suoi giorni.

La storia della Vestale Cossinia
La storia della Vestale Cossinia

LA STORIA DELLA VESTALE COSSINIA, CONTESTO STORICO:

L’ordine delle Vestali si narra che fosse di origine antichissimo, risalente addirittura ai tempi del secondo Re di Roma, Numa Pompilio, il quale stabilì che il loro compito principale,  fosse quello di mantenere acceso, giorno e notte, il fuoco sacro alla Dea Vesta. Le Vestali venivano selezionate fra un gruppo di 20 bambine, fra i 6 e i 10 anni, appartenenti esclusivamente a famiglie patrizie, il servizio aveva una durata di 30 anni, e per i primi dieci le ragazzine erano considerate novizie, fra i 10 e i 20 anni venivano addette al culto, mentre nell’ultimo decennio erano tenute ad addestrare le nuove entrate. Dopo 30 anni le Vestali tornavano alla vita normale, avendo la possibilità di sposarsi e di procreare, anche se l’età iniziava ad essere un pò avanzata per l’epoca. Tuttavia, anche durante il loro periodo di servizio, queste donne avevano privilegi di non poco conto, per esempio avevano facoltà di fare testamento, erano mantenute a spese dello Stato, potevano testimoniare ad un processo senza giuramento, e al loro passaggio anche un’importante magistrato avrebbe ceduto loro il passo, facendo abbassare i fasci. Sul fatto della libertà di uscire dai propri ambienti, la questione è ancora aperta, le Vestali infatti non potevano uscire da sole, anzi, erano autorizzate a comparire in pubblico solo durante i riti davanti ai templi interessati, oppure per partecipare ai vari spettacoli, anche gladiatorii. Le uniche colpe di cui si potessero macchiare le Vestali erano essenzialmente due: far spegnere il fuoco sacro e avere relazioni sessuali, in quanto erano severamente obbligate a fare voto di castità. Chi veniva riconosciuta colpevole andava incontro ad una fine orribile, la vestale in questione infatti veniva vestita in abiti funebri e portata in una lettiga chiusa al Campus Sceleratus, li veniva lasciata in una piccola sepoltura, con una lucerna e una piccola scorta di pane, latte e acqua, il sepolcro veniva poi chiuso e la memoria della colpevole, veniva cancellata definitivamente in ogni sua forma. Un esempio lo troviamo con la vestale Orbilia, nel 472 a.C., quando a Roma si cercavano i motivi della peste, ed ella venne riconosciuta di aver mancato al voto di castità, e quindi messa  a morte. Ancora, Tito Livio ci racconta della vestale Minucia, condannata a morte per un abbigliamento non adeguato al suo ruolo. A conti fatti fare la Vestale equivaleva ad una vita da carcere, fatta di privazioni e sacrifici, per la quale serviva un’abnegazione assoluta. Dopo i 30 anni di servizio, come detto si poteva iniziare una vita normale, e sposarsi,  ma arrivate ormai ai 40 anni era complicato per una donna, portare avanti una gravidanza, quindi per molte si apriva un’altra scelta, che non era altro che proseguire quella vita fino alla fine.

LA STORIA DELLA VESTALE COSSINIA:

Proprio la Vestale Cossinia, faceva parte di quest’ultima categoria, discendente di una nobile famiglia di Tivoli, fu destinata al sacerdozio proprio al tempio della Dea Vesta in città,  ma scaduti i 30 anni di servizio, scelse di non tornare a casa, ma preferì rimanere fra le Vestali, nel quale ambito evidentemente si trovava benissimo, sintomo di una vera vocazione, fino alla morte avvenuta alla veneranda età di 75 anni. Alla sua morte il popolo la onorò per la sua infinita devozione, trasportando il suo corpo a braccia fino alla sua tomba, in segno di profonda stima. Quasi un secolo fa venne rinvenuto, lungo la riva destra del fiume Aniene, nei pressi della Villa Gregoriana, il cippo funerario, destando molto scalpore, perchè fu la prima volta che venne rinvenuto il sepolcro di una Vestale, durante gli scavi nell’area, oltre all’elegante ara, venne ritrovato un altro ambiente, caratterizzato da tre gradini, sotto i quali furono scoperti i resti di una sacerdotessa, o almeno si pensava che lo fosse,  all’interno di un sarcofago di marmo. La partcolarità di questa scoperta, fu che all’interno del sarcofago, venne recuperata una bellissima bambola, oggi conservata al Museo Nazionale Romano, acconciata secondo i dettami dell’epoca, e perciò a cavallo tra il II e il III secolo d.C., più o meno ai tempi del regno di Settimio Severo, periodo nel quale anche il monumento è stato in un primo momento datato. La bambola aveva un scriminatura centrale che divideva la capigliatura in due parti ondulate, un pò sullo stile di Giulia Domna, moglie di Settimio Severo, inoltre era dotata da una discreta quantità di minuscoli e preziosi gioielli per polsi e caviglie. Il corpo del giocattolo era inoltre snodabile in tutte le articolazioni, il che lascia trasparire la grande abilità dell’artigiano che lo fabbricò.

La storia della Vestale Cossinia
La storia della Vestale Cossinia

LA STORIA DELLA VESTALE COSSINIA: L’ara:

Altre informazioni riguardo questa fedele Vestale le possiamo trovare nell’ambito del suo seplocro, sulla parte anteriore dell’Ara, possiamo infatti leggere:

V V COSSINIAE L F
L.Cossinius Electus

e cioè:
alla Vergine Vestale Cossinia figlia di Lucio Cossinio Eletto

Sul retro due frasi:

Undecies senis quod Vestae paruit annis
hic sita virgo, manu popoli delata, quiescit
L(ocus) D(atus) S(enatus) C(onsulto).

e cioè:

Obbedi a Vesta 11 volte l’età che aveva al suo ingresso nel sacerdozio
qui riposa la Vergine, trasportata a braccia dal popolo
il terreno per la sepoltura è stato donato per decisione unanime dal Senato.

Ma proprio qui il mistero si infittisce, le iscrizioni parlano chiaro, e non si fece fatica all’epoca ad attribuire il sepolcro a Cossinia, ma la presenza di quella bambola, destò e desta tutt’oggi numerose perplessità. E’ risaputo che le fanciulle romane potevano giocare con le proprie bambole fino a poco prima del matrimonio, per poi offrire alle divinità i loro giocattoli una volta divenute adulte, si pensò quindi che la bambola potesse essere un simbolo di verginità e purezza, che avevano caratterizzato la vita della Vestale, ma l’incongruenza fra la moda dell’acconciatura della bambola e un’iscrizione risalente al I secolo d.C., non avvalora interamente la tesi. E’ quindi molto probabile che si tratti di due sepolcri separati, facenti parte di un complesso di tombe molto più ampio, forse la Vestale venne cremata secondo le usanze del tempo, e i suoi resti, inumati in una posizione diversa,  mentre il sarcofago adiacente potrebbe essere stato danneggiato in seguito. Fatto sta che oggi a Tivoli, lungo l’antica via Valeria possiamo finalmente ammirare il monumento funebre, dedicato a questa Vestale, figlia di Lucio Cossinio, sul quale, con ogni probabilità,  anticamente, svettava una statua, dedicata alla defunta, ma anche quella, mai ritrovata, come del resto molte altre, fatte sparire dall’iconoclastia cristiana, sopravvenuta alcuni secoli dopo.  Come si apprende quindi dall’epigrafe, la Vestale Cossinia, servì la Dea Vesta per ben 66 anni. Il monumento purtroppo, dopo una sistemazione avvenuta nel 1967, è oggi in stato di abbandono.

Credits to:

https://www.romanoimpero.com/2016/02/la-vestale-cossinia.html

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