La vittoria di Zama

Ultimo capitolo della seconda guerra punica, la vittoria di Zama segnò il definitivo ridimensionamento politico e militare di Cartagine come potenza affacciata sul Mediterraneo. la battaglia vide fronteggiarsi Romani e Cartaginesi nella piana di Zama, a un centinaio di chilometri a sud dell’odierna Tunisi il 19 ottobre del 202 a.C..

La Vittoria di Zama
La Vittoria di Zama

La Vittoria di Zama, contesto storico:

Nel corso della seconda guerra punica, la Repubblica romana e di conseguenza lo stesso esercito, subirono notevoli mutamenti, la disastrosa e umiliante sconfitta di Canne, dove Annibale annientò in un sol colpo ben otto legioni romane aveva si dato un buon punto di vantaggio alle armate cartaginesi, ma non aveva certamente intaccato l’animo dei romani, che dopo un primo e normale sbandamento, riorganizzarono le proprie forze sotto la guida di Quinto Fabio Massimo, detto “il temporeggiatore”, che con la sua tattica attendista, ottenne il doppio risultato di far guadagnare a Roma il tempo necessario per raggruppare nuove forze e inesorabilmente con tattiche di guerriglia a cui erano più avvezzi i cartaginesi rispetto ai romani, non consentì ad Annibale di assestare il colpo di grazia, anzi, infondendo tra i suoi soldati timore ed insicurezza. Il condottiero africano, deluso per la mancata defezione di molti italici, si accontentò solamente di mostare le sue forze a pochi chilometri da Roma, ripiegando poi verso il meridione per tentare di consolidare maggiormente le sue posizioni. Nel 212 a.C., Roma disponeva già di 22 legioni, più di quante ne avesse prima della sconfitta di Canne, ma gli interessi della Repubblica erano mutati, non erano più quelli che avevano visto scoppiare le ostilità tra le due città per questioni di egemonia in Sicilia, era mutata in una vera e propria politica di conquista, col Mediterraneo e l’Iberia come teatro e ben presto il vicino Oriente dei regni ellenistici come obiettivo. Le stesse legioni romane erano cambiate, solo in apparenza infatti l’esercito romano viitorioso a Zama era simile a quello annientato a Canne, le strutture organizzative erano le medesime e anche la legione manipolare si articolava sulle consuete tre linee di hastati, principes e triarii. Erano cambiati gli uomini. L’esercito di soldati-contadini, impiegati a Canne, erano si avvezzi alle fatiche della battaglia ma erano oltremodo legati alle proprie terre lasciate sguarnite dalla loro assenza, e quindi utilizzabili al massimo per un breve periodo di tempo. I legionari al seguito di Scipione a Zama erano, invece, un vero e proprio esercito di mestiere, formato da volontari ben addestrati e da veterani induriti da anni di campagne che ne avevano fatto dei veri soldati, fedeli al proprio comandante e disposti a restare nell’esercito per tutta la vita.

La vittoria di Zama, antefatti:

Publio Cornelio Scipione con molta audacia, ritenne che il modo migliore per concludere la guerra fosse quello di portarla al cuore del nemico, alle porte della stessa Cartagine. Nel 204 a.C., il generale romano sbarcò in Africa alla guida del suo esercito e subito iniziò la sua campagna che avrebbe dovuto portare i cartaginesi ad alzare bandiera bianca. Scipione sconfisse rapidamente in diversi scontri i reparti cartaginesi che gli si opponevano, in più era anche riuscito a portare dalla propria parte il potente Re numida  in esilio, Massinissa, appoggiandolo nella sua campagna militare volta a riconquistare il trono detenuto da Siface, sostenuto da Cartagine. Alla luce di tutto ciò il sinedrio cartaginese decise di richiamare in patria, dopo ben 33 anni, Annibale. Nel 203 a.C., il generale cartaginese sbarcò ad Hadrumetum con i suoi circa 15.000 veterani, e cominciò subito a risistemare il proprio esercito accogliendo per prima cosa i mercenari degli altri generali, Asdrubale e Magone, in cuor suo Annibale sapeva bene che la battaglia che si apprestava a combattere sarebbe stata quella decisiva.

Sicuri della vittoria i punici rifiutarono la tregua proposta da Scipione che subito iniziò a devastare i territori circostanti, richiamando anche Massinissa, impegnato a sedare alcune rivolte scoppiate nel suo regno. Annibale, spinto dai suoi concittadini a combattere, mosse contro Scipione a tappe forzate cercando però una soluzione pacifica che gli avrebbe fatto guadagnare altro tempo, vista la palese inferiorità sul campo dei suoi uomini. Ogni tentativo risultò comunque vano lo scontro era inevitabile e i due eserciti si ritrovarono uno di fronte all’altro.

La Vittoria di Zama
La Vittoria di Zama

La Vittoria di Zama, forze in campo e schieramenti:

Publio Cornelio Scipione poteva contare su 23.000 legionari tra Romani e Italici più 6.000 Numidi. La cavalleria poteva contare su circa 2.400 uomini tra Romani e Italici, 4.000 Numidi e 600 Berberi. I Romani non erano in superiorità numerica ma disponevano di una cavalleria superiore, i cavalieri numidi di Massinissa, infatti, più volte erano stati  decisivi a sostegno di Annibale in Italia.

Annibale dal canto suo poteva contare sui 15.000 veterani d’Italia, molti dei quali Italici o Spagnoli, altri 15.000 fanti Libici e Cartaginesi, 12.000 mercenari tra Liguri, Celti, Balearici e Mauritani più 4.000 Macedoni. La cavalleria contava invece su 2.000 cartaginesi e altrettanti numidi. A questi si aggiungevano più o meno 80 elefanti africani delle foreste, più piccoli di quelli delle savane, ma comunque molto pericolosi.

Sulla vasta pianura di Zama i due eserciti stavano per fronteggiarsi, Annibale schierò così il suo esercito su tre linee, tenendo in considerazione la qualità delle sue truppe. Davanti all’esercito erano posizionati gli elefanti da guerra nella speranza di mettere scompiglio nelle prime linee della fanteria romana. In prima linea i vari nuclei di mercenari o alleati italici, galli e liguri, a questi Annibale sapeva che poteva chiedere soltanto un impeto iniziale che si sommasse a quello degli elefanti, non certo una resistenza ad oltranza. La seconda fila, a poca distanza dalla prima, era formata dalle reclute africane, cioè da quei contingenti frettolosamente arruolati da Cartagine per fronteggiare l’invasione romana. Anche da questi non ci si poteva attendere molto, privi di esperienza e addestramento adeguati, erano in grado di affrontare i romani solo dopo l’intervento di elefanti e mercenari. In terza fila, distante oltre uno stadio dalle prime due (circa 178 metri), Annibale aveva tenuto i suoi veterani d’Italia pronti a intervenire anche con manovre tattiche più complesse e magari sferrare il colpo decisivo. Sulle ali la cavalleria, su cui Annibale non faceva molto affidamento se non quello di riuscire a neutralizzare e bloccare la cavalleria romana, superiore in numero e addestramento. Quindi uno schieramento differenziato tra le truppe opportunamente studiato, elefanti e mercenari dovevano costituire le prime due ondate in successione, le reclute africane invece un sostegno e un rincalzo, in riserva i veterani per scontrarsi contro le forze romane ormai logore.

Dal canto suo Scipione, come di consueto schierò le sue forze su tre linee  Ma, invece di alternare i manipoli nella solita formazione a scacchiera, dispose i manipoli in colonna per creare una sorta di corsie di scorrimento in cui far incanalare il prevedibile attacco degli elefanti. Perciò in prima linea pose i manipoli degli hastati, coi velites che mascheravano gli intervalli di queste corsie e a fare da esca: sarebbero stati loro ad assorbire il primo impatto con gli elefanti, avevano l’ordine di spostarsi quando i pachidermi fossero arrivati quasi a contatto con la fanteria lasciando così aperti i varchi e consentendo ai grossi animali di infilarsi nelle corsie per essere bersagliati anche sui fianchi. In seconda linea erano piazzati i manipoli dei principes, mentre quelli dei triarii, secondo la tradizione, erano di riserva in terza linea. La cavalleria romana di Caio Lelio era sulla sinistra mentre sulla destra stava la cavalleria numidica di Massinissa. Inoltre, tra le prime file dispose parecchi uomini con strumenti a percussione e trombe che avevano il compito di far rumore per spaventare gli elefanti.

La Vittoria di Zama, la battaglia:

Come previsto da Scipione, i punici fecero per prima cosa partire la carica degli elefanti, la mossa fu però controproducente in quanto, i grossi animali, spaventati dal fitto lancio di giavellotti dei velites e dai suoni delle trombe e tamburi ripiegarono all’indietro scompaginando la cavalleria punica. Vedendo la cavalleria punica in difficoltà le ali di cavalleria romana guidate da Caio Lellio e da Massinissa ne approfittarono, e dopo una breve mischia riuscirono a mettere in fuga il nemico. Nello stesso momento, altri elefanti ebbero maggior successo e riuscirono a penetrare nello schieramento romano, finendo comunque in quelle corsie lasciate per assorbirne l’urto. I Velites pagarono il prezzo più alto in vite, ma Scipione poteva comunque considerarsi soddisfatto, hastati e principes non erano stati minimamente coinvolti. A questo punto lo scontro toccò alle fanterie, e l’urto fu violentissimo, la mischia che ne seguì fu molto disordinata con grandi varchi che si aprivano nella formazione dei mercenari punici laddove alcuni si diedero alla fuga, inoltre, la linea delle reclute africane non intervenne subito a sostegno perché il fronte risultava occupato dai fuggitivi ai quali fu impedito di passare per non disordinare i ranghi. Appena ebbero il fronte sufficientemente libero alcuni reparti di reclute si unirono alla mischia entrando in contatto per primi con gli hastati che avevano lasciato la posizione gettandosi all’inseguimento dei fuggiaschi. Fu necessario il supporto dei principes nei punti in cui gli hastati non avevano recuperato la posizione. Nel disordine creatosi, i romani, meglio addestrati e armati, riuscirono a prevalere. Le prime due file cartaginesi, ora mischiate fra loro, cominciarono a ripiegare abbandonando la linea di combattimento. Annibale riuscì per qualche momento a riprendere il controllo della situazione, tentando con altre unità di reclute di allargare il fronte ma Scipione con i suoi principes fece altrettanto, e quando la cavalleria romana, dopo aver disperso i cavalieri nemici, fece ritorno sul campo di battaglia, caricò alle spalle le armate cartaginesi, che messe così sotto grande pressione, ruppero definitivamente lo schieramento. Iniziò così l’inseguimento ai nemici in rotta, da cui scaturì un grande massacro. Annibale fuggì verso Cartagine lasciandosi alle spalle  circa 20.000 vittime e circa 10.000 prigionieri, mentre i caduti da parte romana ammontavano a circa 4.000 di cui la metà numidi.

La Vittoria di Zama
La Vittoria di Zama

La Vittoria di Zama, conseguenze:

La vittoria decisiva nella battaglia di Zama pose fine alla seconda guerra punica (219-202 a.C.) e sancì, di fatto, la fine della potenza cartaginese nel Mediterraneo. Cartagine, la grande città di origine fenicia che col suo impero commerciale per sessant’anni aveva conteso a Roma il predominio sul Mediterraneo occidentale, era definitivamente vinta. Roma costrinse la città rivale a una pace umiliante. Un trattato pesantissimo imponeva di smantellare completamente la flotta da guerra, solo poche decine di navi, infatti, erano consentite alla marina cartaginese dalle clausole del trattato; tutte le colonie cartaginesi in Spagna passavano sotto il controllo romano; la stessa politica estera di Cartagine doveva conformarsi a quella romana e la obbligava al pagamento di un pesantissimo tributo che per cinquant’anni avrebbe gravato sulla sua economia.

Mezzo secolo dopo ci sarebbe stata una terza guerra punica, culminata con la distruzione di Cartagine, ma si trattò più di una vendetta postuma da parte di Roma che di una conseguenza di un risorto pericolo cartaginese, che dopo Zama era definitivamente tramontato.

Per paura della vendetta romana la città costrinse Annibale, il suo più grande figlio, ad andare in esilio presso il re di Siria Antioco III; dopo la sconfitta di quest’ultimo contro i Romani in Bitinia, Annibale si avvelenò per non essere consegnato a Roma. La sconfitta di Cartagine costituisce il primo elemento nella costruzione di quell’egemonia romana che in qualche modo ancora segna la civiltà del nostro continente.

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