L’arte dei tatuaggi nella Roma antica

L’arte dei tatuaggi nella Roma antica trova i primi riscontri in particolar modo fra le tribù barbariche, un nobile romano dell’epoca infatti non avrebbe mai fatto sfoggio di tale pratica, perchè avrebbe rischiato di essere assimliato ad uno di loro.

L'arte dei tatuaggi nella Roma antica
L’arte dei tatuaggi nella Roma antica, Nel celebre film “Il Gladiatore”, Russle Crowe mostra sulla sua spalla la celebre scritta S.P.Q.R.

L’ARTE DEI TATUAGGI NELLA ROMA ANTICA: LA “MODA BARBARICA”:

In ambito barbarico quella di tatuarsi era una pratica largamente utilizzata, ogni tribù si imprimeva sulla pelle il proprio simbolo, così da poter riconoscere gli alleati dai nemici, ma anche per poter in qualche modo incutere un maggior timore all’avversario sul campo di battaglia. Se in un primo momento questi tatuaggi potevano limitarsi a pochi simboli, che comunque ricoprivano una certa importanza, successivamente questa pratica venne ampliata, al punto che alcune tribù barbare, in particolare, quelle britanniche, ma anche Traci o Alamanni, aggiunsero altre decorazioni per dimostrare il loro valore in battaglia. Un po come fossero delle medaglie al valore e non solo, alcuni tatuaggi potevano avere anche un carattere religioso, e avere sembianze di cinghiali, gatti, o pesci, in segno di devozione verso la divinità che si voleva omaggiare. Le tribù britanniche, una delle più famose delle quali erano i temibili Pitti, usavano vestirsi con pelli di animali selvatici, ricoprendo il resto del corpo che non veniva protetto dal mantello, da incisioni sulla pelle che potevano avere varie forme e significati. Queste figure, che potevano rappresentare belve feroci o divinità protettive, venivano poi colorate con una tintura di colore scuro che assorbita dalla pelle diventava quasi indelebile. I punti preferiti per questi antichi tatuaggi erano senza dubbio gambe e braccia, ma in particolare potevano essere maggiormente richiesti sulle parti mobili di quest’ultime, come i gomiti o le ginocchia, perchè potevano rendere ancor di più l’idea del movimento, facendo quasi diventare “viva” la figura rappresentata. Oltre  a gambe e braccia, anche il viso poteva essere variamente decorato e praticamente sformato nei lineamenti da queste pitture, ingrandendo occhi e bocca e facendo assumere al guerriero un’immagine terribile e crudele, capace di terrorizzare qualunque avversario. Certamente anche i romani le prime volte che si trovarono a combattere contro queste tribù ne rimasero atterriti, ma con il passare del tempo decisero bene di utilizzare anche loro, seppure in modo molto più contenuto, questa arte.

L’ARTE DEI TATUAGGI NELLA ROMA ANTICA: IL TATUAGGIO ROMANO:

I primi romani ad eseguire volontariamente un tatuaggio furono i soldati delle legioni, a seguito di una sorta di giuramento fra commilitoni. Nella quasi totalità di questi tatuaggi era rappresentata la celebre scritta “S.P.Q.R”, propria dell’essere un cittadino romano, ma potevano anche essere indicati il nome e il numero della legione di appartenenza, il nome del generale al comando di quel reparto, o ancora più avanti nel tempo, il nome dell’imperatore. In epoca tardo antica, essendo il tatuaggio non cancellabile, sembra che la pratica di tatuare i legionari sia diventata obbligatoria quando l’esercito romano iniziò ad avere uno “stipendium” adeguato, al fine di scoraggiare la diserzione, ma in precedenza come si poteva ovviare a questo inconveniente?  Un soldato che si allontanava dal suo reparto senza una licenza ufficiale, poteva essere considerato un disertore e perciò rischiare la pena di morte, così ad ogni militare veniva distribuito un “Signaculum”, un pendaglio da mettere al collo che poteva essere l’equivalente delle comuni piastrine di metallo in uso fra i soldati degli eserciti moderni. Questa piastrina garantiva al soldato in libera uscita un’immunità praticamente totale. Tornando all’arte dei tatuaggi nella Roma antica, non erano da sottovalutare i tatuaggi aggiuntivi che potevano imprimersi sulla pelle i soldati veterani. Questi tatuaggi come il soldato stesso, provocavano nei più giovani e meno esperti un profondo rispetto, anche perchè in queste aggiunte poteva esserci una data con il nome di una famosa battaglia a cui il veterano in questione aveva partecipato, oppure il numero e il nome di un’altra legione nella quale aveva militato. In alcune fonti storiche si racconta che prima dei legionari, a Roma, ad essere tatuati, siano stati gli schiavi, i criminali, oppure i gladiatori,  la teoria però potrebbe essere in parte smentita dal fatto che molti schiavi, essendo in precedenza già guerrieri di altre tribù, fossero già tatuati per conto loro, rendendo perciò improbabile un’ulteriore tatuatura postuma, se non nei casi citati da Svetonio, nei quali gli schiavi venivano marchiati a fuoco con l’iniziale del padrone, o marchiati in fronte se fossero stati sopresi a rubare o tentare la fuga. Anche queste pratiche però non sembra fossero così usuali, tant’è vero che a questo scopo sono stati ritrovati molti collari in ferro con varie iniziali e scritte scolpite al di sopra, da assegnare solo agli schiavi più ribelli.

L'arte dei tatuaggi nella Roma antica
L’arte dei tatuaggi nella Roma antica, nei legionari, il numero romano seguiva la scritta “Leg.” ovvero il numero della legione di appartenenza.

L’ARTE DEI TATUAGGI NELLA ROMA ANTICA: ESECUZIONE DELLE “STIGMATA”:

Il medico dell’imperatore Giustiniano, Ezio, nel VI secolo d.C., nell’enciclopedia medica da lui scritta, conosciuta come “Terrabiblios”, definisce “Stigmata”,  “…..qualunque cosa segnata sulla faccia o in altre parti del corpo” prendendo in considerazione maggiormente le mani dei soldati, e ne spiega una sommaria procedura per eseguirle:

“…..pungere la zona con degli aghi, asciugare il sangue, strofinare per prima il succo di porro, ed infine la preparazione dell’inchiostro, la cui ricetta include, legno di pino, bronzo corroso, bile e vetriolo”.

In tempi più antichi, rispetto a quelli citati da Ezio, sembra che fra i romani fosse in uso rigorosamente il tatuaggio di colore nero,  ricavato dal carbone disciolto, ma Plinio il Vecchio, racconta anche di un colore rossiccio, probabilmente ottenuto dalla polvere di zafferano, ma non vi è certezza sui materiali impegati. Tra gli oggetti inclusi e adatti alla preparazione di queste misture vi erano: due mortai per mescolare gli ingredienti, un pestello per omogeneizzare il prodotto, e naturalmente alcuni aghi. Visto che in alcuni casi, gli eventi storici potevano far si che un certo marchio sulla pelle potesse diventare infamante, o comunque sconveniente, ci sono testimonianze scritte che ci informano anche sulle tecniche di rimozione. Esempio ne sono Plinio il Vecchio o il medico personale di Marco Aurelio, Galeno, che suggeriscono l’uso della pianta di ranuncolo dotata di proprietà caustiche. Sempre Ezio invece ci fornisce istruzioni vere e proprie su come poterli rimuovere.

 ANNOTAZIONI AGGIUNTIVE:

Nei legionari i tatuaggi venivano eseguiti quasi sempre sulle braccia e molto raramente sulle gambe, coloro che appartenevano ad una legione particolarmente virtuosa fregiarsi sulla pelle del suo nome e numero era un vero vanto. A volte però poteva essere impresso solo il simbolo del reparto, ad esempio sembra che fosse molto in uso tatuarsi il capricorno, simbolo di Ottaviano Augusto. Avendo Augusto copiato molte cose da Giulio Cesare, non è da escludere che all’interno delle sue legioni fosse in uso anche il simbolo del toro, che caratterizzava le legioni del proconsole delle Gallie. Questi simboli, riportati anche sui vessilli, rappresentavano il segno zodiacale del generale, ma non in tutti i casi, bensì solo qual’ora il comandante in questione fosse stata una persona all’altezza della situazione  e amata dai propri soldati. E’ risaputo che in molti casi fosse in uso tatuarsi il nome dell’imperatore, naturalmente quando quest’ultimo fosse stata una figura stimata e amata dal popolo, come ad esempio nel caso di Marco Aurelio, ma pare che questa cosa ad alcuni sovrani non piacesse.  Anche generali e comandanti di alto rango potevano portare tatuaggi sul loro corpo, non va dimenticato infatti, che molti di essi prima di ricoprire tale carica, furono  comuni militari che seppero distinguersi in alcune azioni o per il loro valore in battaglia, il generale più amato di solito era proprio quello che era emerso dalla massa per meriti particolari, e quindi non ci sarebbe stato niente di strano se un generale avesse un tatuaggio che inneggiasse a Roma. Tutto ciò risponde anche ad una piccola curiosità o critica che in molti muovono contro il celebre film “Il Gladiatore”, dove Russel Crowe che impersonifica il generale Massimo Decimo Meridio, mostra sulla sua spalla il tatuaggio con la celebre scritta S.P.Q.R.

Credits to:

https://www.romanoimpero.com/2014/04/i-tatuaggi-nellantica-roma.html

 

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