Le Legioni romane in marcia

Le legioni romane in marcia avevano sostanzialmente tre parole per definirsi, e cioè: “Agmen” quando si trovavano in marcia, “Exercitus” quando intendevano un’armata ordinata e disciplinata e “Acies” quando si riferivano ad un’armata schierata e pronta per la battaglia. Un’armata che marciava in ordine serrato era detta “Agmen Justum” oppure “Agmen Pilatum”, d’altro canto se invece procedeva in territori senza insidie, lontano dai pericoli dei nemici, era detta “Agmen Incauto”, come probabilmente accadde nel caso della battaglia sul Trasimeno, quando i soldati del console Caio Flaminio, durante un normale trasferimento, vennero sorprese dall’esercito cartaginese di Annibale.

Le legioni romane in marcia
Le legioni romane in marcia

Per “Agmen Primun” o “Acies Primun” si intendevano le avanguardie della colonna in marcia, la parte centrale veniva chiamata “Medium”, mentre le retroguardie erano dette “Extremum” o “Novum”. Queste disitinzioni erano già presenti fin dall’epoca repubblicana, e in alcuni casi le legioni romane in marcia venivano dette anche “Acies” quando esse proiettavano durante le lunghe marce anche il prossimo schieramento di battaglia. Con il termine “Agmen Quadratum” veniva chiamata l’avanzata delle truppe schierate a quadrato, con le salmerie posizionate al centro, con la stessa concezione di protezione dei bagagli, ma con l’esercito in avanzata sulle tre classiche linee di combattimento, era invece “l’Agmen Triplex”.

LE LEGIONI ROMANE IN MARCIA, I TEMPI DI MARCIA:

Una tipica giornata di marcia per le legioni romane, solitamente si protraeva per circa sei ore, ma se la luce del sole lo permetteva, poteva durare anche di più. Le velocità di marcia a cui erano solite viaggiare le truppe di Roma erano sostanzialmente due: “L’Iter Justum”, circa 30 km al giorno, e “l’Iter Magnum”, circa 36 km. Giulio Cesare nei suoi scritti raccolti nel “De Bello Gallico”, ci tramanda di come i suoi fedelissimi soldati, durante le campagne militari contro Vercingetorige, riuscirono a coprire ben 75 km in appena 27 ore, riuscendo nello stesso tempo a sconfiggere e a disarmare la tribù degli Edui, in pratica spostandosi ad una velocità doppia rispetto all’Iter Magnum. Sempre Cesare in un’altra occasione ci racconta di come riuscì a condurre i propri uomini da Corfinum a Brindisi, dal 21 febbraio al 9 marzo del 49 a.C.,  lungo un percorso lungo 465 km in circa 15 giorni e due di riposo in caso di Iter Justum, o in 13 giorni e 4 di riposo in caso di Iter Magnum, ma questo Cesare non ce lo dice. In tutto questo non va dimenticato, ma va anzi sottolineato che ciascun legionario viaggiava con un carico di circa 15 kg sulle spalle nel caso di un avvicinamento al campo di battaglia, mentre in una normale marcia di trasferimento, il bagaglio di ogni soldato, con l’aggiunta di tutti gli attrezzi da lavoro o per cucinare,  poteva aumentare di altri 20 kg, per un totale di circa 35 kg, un carico che ancora oggi ci fa rimanere esterefatti.

Le legioni romane in marcia
Le legioni romane in marcia
LE LEGIONI ROMANE IN MARCIA, L’ORGANIZZAZIONE:

Una delle cose più difficili era certamente gestire ed organizzare una marcia di trasferimento, in modo ordinato e disciplinato di migliaia e migliaia di uomini, alcuni autori dell’antichità, fra i quali ricordiamo Polibio, Vegezio, Giuseppe Flavio e Arriano sottolinenano ripetutamente la loro ammirazione per la brillante organizzazione e attenzione che contraddistinguevano le armate romane in movimento. Per farci un’idea, basti pensare che una semplice legione romana, completa dei propri bagagli, occupava non meno di 4 km di strada, ma un esercito più nutrito poteva allungarsi anche per 20km!, praticamente quando per l’avanguardia la marcia volgeva al termine, le retrovie si erano appena incamminate. Tutto questo ci fa intuire di come certe cifre riportate dagli autori antichi siano gonfiate per motivi propagandistici o altri, anche perchè spostare circa 25.000 uomini era assai complicato ma non impossibile, riuscire a fare la stessa cosa con una cifra di soldati più elevata poteva avere del miracoloso, mentre quando i numeri si aggirano attorno alle 100.000 unità, sappiamo già che la gestione di una cosi gran massa di anime sarebbe stata assolutamente fuori portata anche per il più brillante dei generali.

LE LEGIONI ROMANE IN MARCIA, L’ACCAMPAMENTO E LE VETTOVAGLIE:

La velocità nel coprire le distanze, costituì per le legioni romane una vera carta vincente, al di la della loro meticolosa preparazione nel combattimento, di conseguenza era necessario essere molto veloci anche nell’approntare l’accampamento, ancora di più quando il nemico incalzava da vicino. L’accorgimento sperimentato dai legionari, per ottimizzare il tempo di costruzione era semplice, ma brillante al tempo stesso. Le avanguardie che giungevano per primi nel luogo prestabilito, iniziavano subito con vanghe e zappe a scavare le buche nelle quali venivano inseriti i pali da campo, trasportati dai soldati che sopraggiungevano subito dietro. dopo aver posizionato e fissato in profondita i pali, i reparti successivi con funi e travi provvedevano a fissarli, i chiodi non venivano mai usati, soprattutto per non aumentare il già gravoso peso sulle spalle dei militari, e così via fino a che gli ultimi reparti giunti sul posto provvedevano al completamento del campo. Durante la marcia, nulla era lasciato al caso, anche i materiali più pesanti caricati sui carri, erano posizionati in modo da essere scaricati in ordine di utilizzo, ottimizzandone anche il peso. Anche viaggiare il più leggeri possibile aveva chiaramente i suoi vantaggi, per darne un esempio banale, sempre Giulio Cesare ci racconta di come in Gallia avesse imparato a rilegare i fogli di papiro, inventando a sua insaputa il progenitore del libro, evitando così di portare i fastidiosi pannelli in legno sui quali poggiavano. Sembrerebbe una stupidaggine, ma questo particolare fa capire quanto fosse importante ottimizzare il trasporto di qualunque cosa per riuscire a marciare in modo più comodo e veloce possibile.

LE VETTOVAGLIE:

Una classica armata consolare, formata da circa 25.000 uomini poteva consumare fino a 23 tonnellate giornaliere di derrate alimentari, e la cifra raddoppiava se si considera che anche cavalli ed altri animali da carico andavano adeguatamente nutriti. L’alimentazione del soldato romano era molto semplice, ed era costituita da pane o polenta, verdure, carne salata e più raramente formaggi a pasta dura. Sempre a disposizione di ogni soldato c’era poi il vino agro, di bassa qualità, probabilmente molto simile all’aceto, e moltissimo aglio, un alimento molto consumato e considerato quasi come un vaccino contro le malattie per le sue qualità. Il pane si manteneva per diversi giorni, c’erano poi le gallette e i semi di grano, trasportati in sacchi  e molto apprezzati dai legionari quando durante le soste li macinavano ricavando la farina che poi bollivano in acqua per cucinare zuppe e minestre a base di carne e verdura. I vegetali venivano acquistati o raccolti lungo le strade percorse oppure razziati se ad essere percorsi fossero stati i territori nemici, questo naturalmente per il fatto che non esistevano metodi efficaci per conservare alimenti facilmente deperibili, stesso discorso per quanto riguardava la frutta. Quando si macellava un animale venivano subito cotte le parti più corrutibili, per poi passare al taglio della carne che avveniva creando fette sottili che venivano poi stese a dei fili esposti alla luce del sole. Il calore completava il procedimento disseccando l’alimento dopo di che venivano salate e riposte in appositi barili, lo stesso procedimento poteva essere utilizzato anche con i pesci.

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https://www.romanoimpero.com/2018/07/legioni-in-marcia.html

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