L’episodio della pioggia miracolosa

Fra storia e leggenda, chi fece cadere sulle legioni assetate e circondate dai barbari, una pioggia torrenziale che ne ristorò il morale e le forze dando la possibilità ai romani di rompere l’accerchiamento e di ribaltare la situazione a loro favore? L’episodio della pioggia miracolosa è riportato sulla colonna di Marco Aurelio, situata oggi a piazza Colonna, davanti a Montecitorio.

L'episodio della pioggia miracolosa
L’episodio della pioggia miracolosa

L’episodio della pioggia miracolosa, raffigurato sulla colonna ha da sempre incuriosito, sia gli storici moderni, sia quelli vissuti nell’antichità, il fatto storicamente si colloca ai tempi delle guerre marcomanniche, condotte dall’imperatore Marco Aurelio dal 171 al 174 d.C., dopo che i barbari avevano varcato i confini, arrivando persino a compiere alcune scorrerie sul suolo italico. Durante una battaglia, dunque, un reparto di legionari romani si ritrovò in grave pericolo,  già fiaccati uomini e cavalli da giorni e giorni di carenza di acqua, i soldati finirono per giunta accerchiati dalle tribù dei Quadi e dei Marcomanni, rischiando una vera disfatta. Fortunatamente, una fortissima pioggia arrivò loro in soccorso, permettendo di placare la sete sia loro che degli animali, infondendo nei romani nuova forza, e la capacità di rovesciare le sorti di quella battaglia a loro favore, aiutati anche da una tempesta di fulmini e tuoni che terrorizzarono oltre modo i barbari che in breve tempo si dispersero. Fino a qui i fatti realmente accaduti, dopo di che si innesta in qualche modo una propaganda religiosa, sia da parte cristiana che da parte pagana, a seconda di chi si arrogasse il merito del prodigio appena avvenuto, che cosparge di leggenda l’episodio della pioggia miracolosa. Il punto principale infatti sarebbe che questa pioggia ristoratrice non sia stata un semplice evento metereologico casuale, ma  un prodigio accaduto e appositamente invocato dalle truppe ormai stremate dalla sete.

Le fonti principali dalle quali possiamo attingere alcune informazioni a riguardo sono principalmente rappresentate dallo storico Dione Cassio, autore di una “storia romana” composta di ben 80 libri, della quale però rimangono frammenti, specialmente dei primi 36, e un riassunto redatto dal monaco bizantino Giovanni, vissuto nell’XI secolo, per altro incompleto e poco attendibile per la poca scrupolosità e la libertà del religioso nel riportare i fatti. Ma torniamo ora all’episodio della pioggia miracolosa raffigurato sulla colonna di Marco Aurelio, con tanto di divinità barbuta che concede alla pioggia di cadere sui legionari assetati, e il nocciolo della questione è proprio questo: Dione Cassio attribuisce il prodigio ad un mago egiziano di nome Arnouphis, al seguito dell’esercito e pare anche amico dell’imperatore stesso, che avrebbe invocato le sue divintà in soccorso dei soldati, mentre la tradizione cristiana, riportata da Giovanni attribuisce il merito dell’episodio al Dio dei cristiani, invocato dai militari della XII legione, vicini alla nuova religione. Ed ecco quindi riemergere l’atavico contrasto fra pagani e cristiani, molto sentito particolarmente ai tempi di Marco Aurelio, tant’è che lo stesso imperatore attuò una decisa persecuzione contro i cristiani,  durata diversi anni. Questa guerra di propaganda religiosa si protrasse per più due secoli, tant’è vero che ancora nel 410 d.C., in occasione del sacco di Roma per opera dei Visigoti di Alarico, cristiani e pagani continuarono a rimpallarsi le responsabilità di quanto accaduto, in particolare i secondi rinfacciavano ai primi il totale abbandono delle antiche divinità protettrici dell’Urbe, come causa principale per l’avvenuta catastrofe. Di seguito riporto il brano di Dione Cassio riguardo l’episodio della pioggia miracolosa:

“Una grande guerra contro un popolo chiamato Quadi venne sostenuta dalla sua gente e fu la buona stella di Marco che gli fece cogliere una vittoria inaspettata, o meglio la vittoria gli venne concessa da Dio. Poiché quando i Romani nel corso della battaglia furono in pericolo, il potere divino li salvò nel modo più straordinario. I Quadi li avevano circondati in un luogo favorevole per loro e i Romani stavano combattendo coraggiosamente con gli scudi stretti l’uno accanto all’altro. I Barbari smisero per un attimo di combattere, sicuri di poter facilmente sopraffare i Romani, logorati dal caldo e dalla sete. Li circondarono da ogni parte, in modo che non riuscissero a procurarsi acqua in nessun luogo. Poiché erano molto superiori numericamente. Di conseguenza i romani erano in una brutta situazione, per la stanchezza, le ferite, il sole e la sete e non potevano né combattere né ritirarsi, ma si mantenevano schierati sulle loro posizioni, bruciati dal sole, quando improvvisamente molte nuvole si accumularono e una gran pioggia cadde su di loro, non senza l’aiuto degli dei. In realtà, c’è una storia che racconta che Arnouphis, un mago egiziano, amico di Marco, aveva invocato con degli incantesimo varie divinità, in particolare Ermes Aerios (Mercurio, il dio dell’aria) e in questo modo fece venire la pioggia… Quando la pioggia cominciò a cadere, dapprima tutti volsero la faccia all’insù e lasciarono che acqua entrasse in bocca, quindi stesero scudi ed elmi per raccoglierla e non solo ne bevvero grandi sorsate, ma la diedero anche ai cavalli da bere. Quando i Barbari li caricarono, bevevano e combattevano al tempo stesso. Alcuni, già ferirti, inghiottivano anche il sangue che era colato nei loro elmi insieme all’acqua.  In realtà, molti di loro erano cos’ assetati che avrebbero sofferto seriamente per l’assalto nemico, se un violento temporale e numerosi fulmini non fossero caduti sul nemico…”.

L'episodio della pioggia miracolosa, legionari romani sulla colonna di Marco Aurelio
L’episodio della pioggia miracolosa, legionari romani sulla colonna di Marco Aurelio

Il monaco bizantino Giovanni, giudicando molti secoli dopo tali trascrizioni insufficienti, le arricchì in base alle tradizioni cristiane che negli anni si erano consolidate, come ad esempio le preghiere elevate dai soldati cristiani della XII legione che sarebbero state decisive per l’improvviso acquazzone. La tradizione cristiana riportata dal monaco bizantino non ha però valore storico, e fornisce informazioni errate, in quanto da oltre un secolo la XII legione era chiamata “Fulminata”, portatrice di fulmini, probabilmente perchè il suo emblema era la folgore di Giove, mentre Giovanni racconta che quel nome lo guadagnò proprio dopo la battaglia di cui stiamo raccontando, tant’è che ad oggi non è ancora certo che la XII Fulminata combattesse in quelle regioni, essendo stanziata principalmente in Cappadocia. In ogni caso Marco Aurelio all’epoca di certo non diede alcun credito al Dio cristiano, attribuendo ogni merito ai suoi Dei, e in particolare al Dio Mercurio, invocato dall’amico mago Arnouphis, seppure sulla colonna, l’aspetto della divinità, dai capelli e dalla barba lunga che scivolano in rivoli di pioggia e dall’aspetto piuttosto cupo,  appaia distante dall’iconografia classica con cui è rappresentata quella divinità. In tutti i modi, ne la colonna, ne i resoconti degli storici antichi, ci raccontano se l’imperatore fosse presente durante l’episodio della pioggia miracolosa, ed è ben più probabile che solo un modesto contingente, comandato dal futuro imperatore, Pertinace, fosse caduto nell’imboscata dei barbari, come ci racconta Eusebio di Cesarea, un particolare difficile da falsificare e quindi abbastanza attendibile.

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http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/storia-e-identita/storia-antica-e-di-roma/2335-la-pioggia-di-marco-aurelio

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