L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

L’eruzione del Vesuvio avvenne fra il 20 e il 24 di agosto del 79 d.C., anche se alcune teorie basate sul ritrovamento nelle zone colpite di alcuni indumenti piuttosto pesanti spostano l’evento più verso i mesi autunnali.

L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

 I PRODROMI DELLA TRAGEDIA:

L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., fu solo  l’epilogo di una serie di eventi che oggi noi sapremo decifrare, ma che in antichità passarono completamente inosservati, come era naturale che fosse. Nei 15-20 anni che precedettero la tragedia, si susseguirono infatti diversi sciami sismici, alcuni dei quali molto violenti, tant’è che nel 62 d.C., uno di questi terremoti causò ingenti danni alle città circostanti, basti pensare che la stessa Pompei, al momento della grande eruzione, era ancora impegnata con la ricostruzione di alcuni quartieri.

Il Vesuvio anticamente era molto diverso rispetto a come siamo abituati a vederlo oggi, prima di tutto era molto più alto, e particolare importante i suoi rilievi erano ricoperti da una fitta e lussureggiante vegetazione, tant’è che le coltivazioni di viti e ulivi, si arrampicavano fin quasi sulla sommità. A conferma di ciò il geografo Strabone ci racconta:

“….tra Pompei ed Hercolaneum si trova il Vesuvio, tutt’intorno magnificamente coltivato ad eccezione della vetta… in gran parte spianata… del tutto sterile come un campo di cenere, e presenta caverne di pietre, simili a voragini, di colore fuligginoso come se fossero corrose dal fuoco. Quindi si può giustamente concludere che il monte in un primo tempo ha bruciato ed ha avuto un cratere attivo che poi si è spento quando il materiale igneo si è esaurito. Forse è proprio questa la causa della fertilità dei terreni circostanti, come a Catania la cenere decomposta dell’Etna…”. 

Dopo il rovinoso terremoto del 62 d.C., la vita riprese lentamente verso la normalità, e quelle terre, ormai inserite all’interno di un ampio sistema imperiale, potevano dirsi tranquille da qualsiasi minaccia esterna, i confini infatti erano ormai lontanissimi da quei luoghi, ma una minaccia inaspettata, e molto più vicina di quanto gli abitanti potessero pensare era pronta ad esplodere.

I MOMENTI DELL’ERUZIONE:

Fra il 20 e il 24 di agosto del 79 d.C., ripetute scosse sisimiche allarmarono i cittadini di Pompei ed Ercolano, molte fonti d’acqua si prosciugarono in pochissimo tempo, segnale che convinse alcuni cittadini ad allontanarsi da quelle zone, tuttavia la maggior parte della popolazione, quasi abituata a convivere con le frequenti scosse telluriche, non diede peso a questi eventi, continuando la  vita di tutti giorni come se nulla fosse, e fu un grosso errore. Più o meno alle nove del mattino del 24 di agosto il Vesuvio si risvegliò, anche se va detto che l’eruzione vera e propria avenne solo verso l’una del pomeriggio. Una serie di esplosioni sotterranee favorirono l’apertura di un condotto che portò il magma in risalita ad entrare in contatto l’acqua presente, trasformandola in gas, diventando una vera e potentissima bomba. Una colonna scura di detriti, ceneri e pomici si sollevò nell’aria fino ad un’altezza di circa 15-20 chilometri, formando una caratteristica nube che oscurò la luce del sole. Plinio il vecchio a capo della flotta del Miseno distante solo una ventina di chilometri, fu in grado di osservare l’eruzione in tutto il suo sviluppo potendola rappresentare come se la colonna di fumo assumesse una forma simile ad un pino, annotando inoltre di come i detriti lanciati in aria erano talvolta di colore più scuro  oppure di colore più chiaro, a seconda se ad eruttare fosse terra oppure cenere. Sopra Pompei iniziarono a cadere pomici e ceneri che ricoprirono la città sotto uno strato di quattro metri in pochissime ore. Nelle fasi iniziali qualcuno riuscì a fuggire, molti altri invece preferirono nascondersi all’interno delle proprie abitazioni, ignari del tragico destino che li attendeva da li a poche ore, infatti la maggior parte della popolazione rimase soffocata dall’intenso calore e dai vapori tossici che si stesero sulla città.

I corpi pietrificati di alcuni cittadini che trovarono la morte durante l'eruzione
L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., i corpi pietrificati di alcuni cittadini che trovarono la morte durante l’eruzione

Nella vicina Ercolano le cose andarono in maniera differente. Fino al mattino seguente la città venne ricoperta da un’incessante pioggia di cenere che non provocò danni, e il continuo sciame sismico in apparente attenuazione convinse gli abitanti al fatto che il peggio sembrava passato, e molti che avevano già lasciato le proprie abitazioni, invertirono la direzione per farvi ritorno, anche questo un errore che venne pagato a caro prezzo. Dopo le otto del mattino del 25 agosto, l’eruzione riprese con maggiore intensità, il magma riprese ad uscire in abbondanza, tant’è che la grande quantità di lava oltre che ad essere lanciata in aria, iniziò a scendere anche dai pendii del vulcano, trascinando con se massi e detriti di ogni tipo. Il passaggio di questo flusso di magma e detriti ad una velocità di circa 100 km/h rase al suolo Ercolano, abbattendo in pochi istanti muri, case e qualsiasi altra cosa lungo il percorso, compresi gli abitanti che si erano rifugiati negli angoli più nascosti delle loro abitazioni. Dopo questo violento passaggio l’area attorno al Vesuvio assunse le caratteristiche di un tetro deserto grigio scuro. Non era però la fine del dramma, a causa di questi violenti sconvoglimenti, i maremoti che si svilupparono, travolsero anche coloro che avevano cercato riparo verso le spiagge, e anche le barche ancorate e pronte per prendere il mare, vennero incenerite dalle fiamme. Intorno alle 10.30 del mattino del 25 di agosto un’altra serie di esplosioni provocarono altri danni alla struttura del Vesuvio, dopo di che, dopo 25 ore e dopo quasi un miliardo e mezzo di metri cubi di materiale espulso, l’attività eruttiva diminuì sempre di più fino a terminare completamente.

L’ERUZIONE DEL VESUVIO DEL 79 D.C., CONSEGUENZE:

Si stima che più di 2000 persone persero la vita nel disastro, e anche lo stesso Vesuvio, dopo l’eruzione subì profondi stravolgimenti, basti pensare che la sua sommità non era più di forma appiattita come ci raccontava Strabone, bensì di forma conica, e dalla quale fuoriusciva un denso vapore. Questa sommità conica che si venne a formare, e che ancora oggi ammiriamo, fu dovuta alla grande pressione del magma che sfondò il precedente cratere per circa tre quarti della sua circonferenza. La questione sollevò grande preoccupazione e grande interesse nei vertici imperiali, lo stesso imperatore Tito, si mosse in prima persona per organizzare gli aiuti alle popolazioni colpite, mettendo in moto esercito, flotte e ogni funzionario che potesse essere utile alla causa, non che ingenti somme di denaro per la ricostruzione. Quanti erano riusciti a fuggire per tempo, riuscendo così a salvarsi la vita, tornarono nei loro luoghi d’origine, ritrovando un paesaggio spettrale, la cenere caduta, mischiata alle pioggie che seguirono divenne una fanghiglia impraticabile, i segni del benessere, rappresentati da case lussuose e da bellissimi templi, era ora ricoperto e sepolto dai detriti vulcanici. Negli anni a seguire l’organizzazione romana riportò la normalità nelle zone colpite, che però subirono un generale processo di degrado, distante anni luce dai fasti di un tempo. Solo sotto il principato di Adriano, quindi alcuni decenni più tardi, Pompei ed Ercolano riuscirono ad imitare gli splendori del passato.

Credits to:

http://www.latelanera.com/grandi-disastri-tragedie/evento-drammatico.asp?id=170

 

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