L’Impero venduto all’asta

Nel corso della  storia, di episodi strani e curiosi ne possiamo trovare molteplici, ma uno dei più rilevanti fu senza dubbio l’Impero venduto all’asta dalla guardia pretoriana al miglior offerente, e ciò avvenne esattamente nel 193 d.C., quando il facoltoso Didio Giuliano superò l’offerta del rivale Sulpiciano.

L'Impero venduto all'asta, moneta raffigurante Dido Giuliano
L’Impero venduto all’asta, moneta raffigurante Didio Giuliano

l’impero venduto all’asta, contesto storico:

Alla fine del II secolo d.C., l’Impero romano aveva toccato il punto più alto della sua potenza militare ed economica,  la dinastia degli Antonini, aveva a lungo garantito un periodo di grande stabilità, e grazie al processo dell’adozione, ogni Imperatore veniva nominato dal predecessore grazie ai propri meriti acquisiti sul campo, lasciando al Senato il solo compito di ratificarne la legittimazione. Questo sistema sembrò funzionare molto bene, basti pensare che in questo periodo temporale, vennero elevati alla porpora, personalità illuminate del calibro di Traiano, Adriano e Marco Aurelio. Quando però quest’ultimo passò a miglior vita, questa tradizione di personalità eccelse, si spezzò con la nomina del figlio Commodo, un personaggio a dir poco discutibile e molto lontano dalla sensibilità del saggio padre. Commodo si fece in breve tempo odiare sia dal popolo, sia dal senato, per la sua crudeltà e inadeguatezza, tuttavia il suo regno durò per più di un decennio, distinguendosi, oltre che per i suoi innumerevoli eccessi, anche per aver cambiato il nome di Roma in Colonia Commodiana, dopo che un devastante incendio la modificò radicalmente. Dopo la sua dipartita che certamente fece la felicità di tutti, rimaneva però un problema di non poco conto, ovvero la mancanza di un erede designato.

l’impero venduto all’asta, il ruolo dei pretoriani:

Publio Elvio Pertinace, era una delle personalità più eminenti del periodo, validissimo generale, ex governatore della Britannia e console, proprio affiancando l’ormai defunto Commodo, aveva già rifiutato l’offerta della guardia pretoriana di assumere la porpora con la violenza, ai danni del figlio di Marco Aurelio, ma ora, dopo che Commodo venne effettivamente assassinato da una congiura messa in atto dal suo istruttore Narcisso, non potè più tirarsi indietro e accettò il trono. Appare subito evidente di come la guardia pretoriana, organizzata e pensata da Ottaviano Augusto, con lo scopo di difendere la persona dell’Imperatore, ebbe buon gioco nella scelta di Pertinace e ad influenzare le scelte future dell’Impero. Non era certo una novità, il potere dei pretoriani era una cosa assodata già da diversi decenni, già più di un secolo prima, infatti, lo stesso Claudio, venne quasi costretto dai soldati dell’imperatore, dopo aver ucciso il predecessore Caligola, ad assumere il potere, scovandolo, mentre goffamente tentava di nascondersi dietro una tenda. Pertinace purtroppo, pagò in breve tempo la sua eccessiva, ma dovuta moderazione, (le casse dello stato erano infatti praticamente vuote), e dopo soli 86 giorni di regno, la mancata promessa di un donativo, scatenò ancora una volta la rabbia dei pretoriani, che in breve tempo assediarono la sua stanza, uccidendolo senza troppi scrupoli. Ancora una volta i soldati dell’imperatore decisero le sorti dell’impero, intravvedendo all’orizzonte una fantastica occasione di ricchezza, a reclamare il trono della città, erano ora due personaggi fra i più facoltosi di tutta la società, Tito Flavio Sulpiciano da una parte e Didio Giuliano dall’altra.

L'Impero venduto all'asta, presunto busto di Tito Flavio Sulpiciano
L’Impero venduto all’asta, presunto busto di Tito Flavio Sulpiciano

l’impero venduto all’asta, i due pretendenti:

Tito Flavio Sulpiciano, nacque sull’isola greca di Creta nel 145 d.C., da una famiglia di rango senatoriale. La sua carriera politica rimane avvolta dal mistero a causa delle poche notizie giunte a noi oggi, ma di sicuro fu molto positiva, fu console suffetto e poi governatore in Asia, durante il principato di Commodo, dopo di che si imparentò col futuro sovrano Pertinace, dandogli in sposa la figlia Tiziana. Dopo la morte di Commodo, Sulpiciano venne nominato “Praefectus Urbi”, mettendo subito un uomo del nuovo sovrano a capo delle truppe stanziate in città, rafforzandone di conseguenza la figura agli occhi del popolo. Quando però anche Pertinace subì lo stesso destino, in modo non preventivato, Sulpiciano, per il ruolo da lui ricoperto, si recò ai Castra Pretoria, per verificare la situazione, e proprio in quel frangente, tentò di cogliere la sua occasione di potere, chiedendo ai soldati che avevano appena ucciso Pertinace, di elevarlo al potere, garantendo loro una forte somma di denaro, pari a circa otto anni di paga!. Probabilmente le redini di Roma sarebbero toccate a lui, se non fosse che proprio a distanza di pochi metri,  intervenne quello che si rivelò essere il suo rivale.

Didio Giuliano, nato a Mediolanum nel 133 d.C., era un ricchissimo senatore, e la sua carriera, piena di cariche importanti, parlava per lui: già questore all’età di 24 anni, poi edile e questore, Legato in Germania e poi governatore nella Gallia Belgica, dove respinse alcune incursioni di barbari che gli fecero guadagnare il consolato nel 175 d.C.. Divenne in seguito governatore della Dalmazia, della Germania inferiore e poi infine prefetto dell’annona, insomma, non certo uno qualunque….Sotto Commodo rischiò la condanna a morte, in quanto sospettato di aver fatto parte della congiura ordita dalla sorella del sovrano, Lucilla, ma il principe credette alla sua buona fede e se la cavò.

Fatto sta che mentre Sulpiciano faceva le sue offerte ai pretoriani, Didio Giuliano alle sue spalle rilanciò la cifra, aumentandola di 5.000 sesterzi, Cassio Dione ci narra così la vicenda:

Sulpiciano era in procinto di vincere, visto che era dentro l’accampamento ed era il prefetto della città e fu il primo a promettere 20.000 sesterzi, se non che Giuliano alzò la sua offerta non di una piccola quantità, ma di 5000 in una sola volta, sia gridando con una forte voce sia indicando la quantità con le dita. Così i soldati, affascinati da questa offerta eccessiva e, allo stesso tempo temendo che potesse vendicare Sulpiciano Pertinace (un’idea che Giuliano mise in testa ai pretoriani), ricevettero Giuliano entro l’accampamento e lo dichiararono imperatore.

Tutti e due i candidati erano personalità più che rispettabili, ma Didio Giuliano ebbe la meglio, non solo per la cifra (spropositata), promessa, ma anche per il timore che Sulpiciano potesse in qualche modo vendicarsi per l’uccisione di Pertinace, con il quale, come abbiamo visto, era imparentato. Una ulteriore prova del buon animo dei pretendenti la troviamo nel fatto che Didio Giuliano, una volta proclamato imperatore, non giustiziò il rivale, ma lo perdonò, lasciandolo libero. Tuttavia le modalità con cui venne nominato Didio Giuliano, non passarono inosservate, in tutto l’impero infatti ovunque fossero dislocate le legioni, nascevano quasi spontaneamente nuove acclamazioni, facendo intravedere quanto sarebbe successo da li a poco, una nuova guerra civile era alle porte. I soldati di Siria ed Egitto proclamarono Imperatore, Aquino, in Pannonia venne nominato Settimio Severo, mentre in Gallia e in Britannia venne chiamato in causa Clodio Albino. Dopo un alternarsi di vicende nelle quali Settimio Severo riuscì a liberarsi di tutti i contendenti, venne oltremodo a galla la totale inadeguatezza di Didio Giuliano, che con le sue ricchezze potè, si, comprare il titolo di sovrano, ma di certo non la scaltrezza necessaria per ricoprire tale ruolo, finito in breve tempo in balia degli eventi, finì anch’egli giustiziato dopo appena 3 mesi di regno.

l’impero venduto all’asta, conclusioni:

Settimio Severo uscì vincitore dal conflitto civile, nato da questo periodo di caos, dando vita alla dinastia dei Severi, trasformando l’Impero da “principato” a “dominato”,  di fatto una monarchia assoluta che trovava la sua legittimità nella forza dell’esercito e non più dal Senato. Per Roma si chiudeva un’era dorata, e anche se il nuovo sovrano riuscì comunque a garantire un buon periodo di stabilità, questa nuova dinastia, non fu in grado di produrre imperatori all’altezza della dinastia precedente, le scelte fatte dai successori, uno su tutti Caracalla, con la concessione della cittadinanaza a tutti coloro i quali vivevano entro i confini imperiali, finirono per diminuire l’affluenza di nuove leve nell’esercito, minando così  alla base la colonna portante della potenza di Roma. La dinastia dei Severi non durò a lungo e ben presto si estinse, traghettando l’impero verso anni di profonda crisi, instabilità e anarchia militare, un periodo durante il quale l’Impero riuscì si a sopravvivere, senza però passare indenne di fronte a grandissimi cambiamenti. Da un lato la guardia pretoriana, venne fortemente ridimensionata da Settimio Severo che la riteneva giustamente, molto pericolosa, mentre dall’altra parte, la città di Roma, tendeva gradualmente ad essere sempre più messa in disparte, a causa dei continui intrighi politici, così quando pochi decenni dopo, l’Imperatore Costantino, proclamò la costruzione di una nuova Roma in oriente (Costantinopoli, oggi Istanbul), l’Impero romano era ormai diventato ben altra cosa.

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Quando l’impero romano fu venduto all’asta

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