Lo scontro fra Clodio e Milone

Gli ultimi sette decenni della Repubblica romana furono a dir poco tumultuosi, prova ne sono le due sanguinose guerre civili che ne sancirono la fine a beneficio del principato di Ottaviano. L’ultimo secolo fu vissuto in preda ad un’anarchia sfrenata, e lo scontro fra Clodio e Milone, si innesta proprio in questo periodo. Tito Annio Milone, politico romano, faceva parte dell’aristocrazia conservatrice e quindi appartenente alla fazione dei cosiddetti “Optimates”, di contro il tribuno Publio Clodio era uno dei principali leader della plebe, e negli anni che andarono dal 63 al 52 a.C., imperversarono per la città, grazie ad alcune bande armate, da loro appoggiate e finanziate e dai metodi a dir poco discutibili, e incutendo grande paura fra la popolazione.

Lo scontro fra Clodio e Milone, busto di Clodio
Lo scontro fra Clodio e Milone, busto di Clodio

LO SCONTRO FRA CLODIO E MILONE, GLI ULTIMI ANNI DELLA REPUBBLICA:

Il decennio dal 63 al 52 a.C., vide come protagonisti Publio Clodio Pulcro, tribuno della plebe e fomentatore dell’odio di quest’ultima nei confronti del patriziato, e Tito Annio Milone, che invece dell’aristocrazia ne faceva parte, appoggiato dal Senato e da Cicerone in persona, che in questo racconto avrà anch’egli un ruolo da protagonista. Lo scaltro Publio Clodio Pulcro, appartenente alla gens Claudia, durante la sua vita ebbe modo di confrontarsi con diverse situazioni spinose e delicate: gli orrori della guerra civile dalla quale Silla uscì vincitore, le conseguenti proscrizioni e confische che permisero a molti di ottenere facili fortune, fecero forse maturare nel tribuno, la convinzione che solo con l’uso della forza era possibile raggiungere una posizione di rilievo all’interno della società, la sua grande capacità oratoria e l’arte di saper manipolare le persone per poter perseguire i suoi interessi, fecero il resto. Dopo il suo comportamento equivoco durante gli sviluppi che portarono alla congiura di Catilina, Clodio fu costretto a lasciare la città per ben due volte, prima di farvi definitivamente ritorno e di inimicarsi Marco Tullio Cicerone, che da sempre nutriva per lui grandi sospetti. La goccia che fece traboccare il vaso fu lo scandalo avvenuto durante i riti sacri dedicati alla “Bona Dea”. Clodio, che coltivava una storia segreta con Pompea, moglie di Giulio Cesare, si introdusse all’interno della casa di quest’ultimo vestito da donna, con lo scopo di trascorrere un pò di tempo con la sua amante, sfortunatamente per lui, Aurelia, madre del condottiero romano, riconobbe una voce maschile e riuscì a smascherarlo, costringendo il futuro tribuno ad una fuga precipitosa. Come era naturale che fosse, Publio Clodio, che in quel periodo si chiamava ancora Claudio in virtù delle sue origini patrizie, venne processato ed assolto, grazie soprattutto al denaro che aveva elargito per corrompere i giudici, ma non dimenticò che tra i suoi principali accusatori, c’era anche Cicerone, inziando così a coltivare per lui un forte rancore. Rinnegando il suo passato, Claudio, cambiando il suo nome nel plebeo Clodio, disconobbe le proprie origini e si preparò al tribunato, concentrando ogni sforzo per contrastare Cicerone.

LO SCONTRO FRA CLODIO E MILONE, CICERONE LASCIA ROMA:

Il rancore che divideva Cicerone da Clodio, vide l’entrata in campo di Giulio Cesare, il futuro conquistatore delle Gallie, infastidito da alcune prese di posizione del grande oratore, prese le parti di Clodio, facendolo adottare illegalmente dal plebeo Publio Fonteio, spianando di fatto la strada all’ex nobile romano per il tribunato, che regolarmente ottenne verso la fine del 59 a.C.. Publio Clodio non perse tempo e in poco tempo promulgò tutta una serie di leggi a lui care, ma di queste, una in particolar modo, era mirata a colpire personalmente Cicerone. Secondo questa legge veniva inflitta “l’interdictio aquae et ignis”, vale a dire l’esilio, a chi uccidesse o avesse ucciso cittadini romani senza giudizio popolare, colpa di cui il celebre oratore si era macchiato pochi anni prima con coloro che avevano partecipato alla congiura di Catilina. Cicerone non attese neppure di essere chiamato in giudizio e si allontanò spontaneamente dalla città. Non contento, Clodio, fece saccheggiare i possedimenti di Cicerone, ne distrusse la sua villa sul Palatino e gli confiscò tutti i beni, tuttavia dopo essere arrivato al punto più alto della sua carriera, la discesa era dietro l’angolo, e iniziò dal momento che sia Cesare che Pompeo, dopo averlo appoggiato, iniziarono a prenderne le distanze.

Nello stesso tempo, il partito degli ottimati, nonostante la perdita di Cicerone, godeva di ottima salute, e vedeva in Tito Annio Milone e Publio Sestio i principali  interlocutori. Il 15 gennaio del 57 a.C., venne approvata una proposta di legge che prevedesse il rientro di Cicerone dall’esilio, ma nel momento della discussione che avvenne una decina di giorni dopo, le bande armate di Clodio fecero irruzione nella curia, trucidando molti dei partecipanti, proprio nel momento del voto. Da quel momento Tito Annio Milone decise di combattere il sistema del terrore, diffuso da Clodio, con tutte le sue forze, non escludendo le stesse armi che egli aveva l’abitudine di usare, bande di gladiatori armati compresi. In un primo momento Milone citò in giudizio Clodio, ma quest’ultimo, mentre prendeva tempo per preparare i suoi raggiri, ebbe persino l’ardire di devastare l’abitazione di Milone, che in conseguenze di ciò decise di armare anch’egli, alcune bande  ai suoi servizi, con lo scopo di contrastare le violente azioni di Clodio. Il risultato fu che da quel momento in poi, Roma fu il teatro di continui tumulti, aggressioni e agguati che seminarono il terrore fra la popolazione. Il 4 agosto del 57 a.C., veniva deliberato il rientro in patria di Cicerone, al quale veniva inoltre restituito quanto gli era stato tolto in precedenza e riconosciuta un’indennità per le violenze clodiane ricevute. Publio Clodio nonostante tutto, continuò con le sue vessazioni, assalì coloro che lavoravano alla ricostruzione della villa di Cicerone, aggredendo lo stesso oratore sulla via del ritorno, che solo per poco riuscì ad uscirne indenne, e come se non bastasse tentò nuovamente di assaltare la villa di Milone. Il Senato decise quindi di processare Clodio che per tutta risposta si fece eleggere all’edilità curule, ottenendo quindi l’immunità.

Dopo un periodo di relativa calma, la violenza esplose nuovamente nel 53 a.C., quando Clodio iniziò i preparativi per la campagna elettorale per la pretura, mentre Milone si candidava al consolato, i tumulti che si vennero a creare rinviarono le elezioni all’anno successivo. Nel 52 a.C., dopo una nuova e astiosa campagna elettorale senza esclusione di colpi, dove Cicerone prese con forza le parti di Milone, l’epilogo fra i due era alle porte.

Lo scontro fra Clodio e Milone, busto di Cicerone
Lo scontro fra Clodio e Milone, busto di Cicerone

 MORTE DI CLODIO:

Il 17 o il 18 gennaio del 52 a.C., Publio Clodio, si diresse ad Ariccia per alcuni doveri, scortato da alcuni amici e da almeno una trentina di schiavi armati. Ad Ariccia passò la notte e il giorno successivo, durante il rientro si fermò nella sua villa di Bovillae. Ironia della sorte, lo stesso giorno anche Milone si doveva recare  a Lanuvium per l’elezione di un sacerdote, viaggiando su un carro assieme alla moglie e alla scorta di un gruppo di armati, fra i quali vi erano anche i gladiatori Eudamo e Birria. I due cortei si incrociarono lungo la via Appia, dando vita ad una violenta zuffa, Clodio, accortosi di quanto stava succedendo, si precipitò sul luogo dello scontro venendo ferito ad una spalla. Approfittando della confusione, il tribuno si rifugiò all’interno di una vicina osteria, ma Milone, vedendo che i suoi avevano avuto la meglio, ordinò che Clodio venisse stanato, e una volta portato allo scoperto che fosse massacrato. I suoi uomini ubbidirono e i poveri resti del tribuno rimasero a  bordo strada finchè il senatore Sesto Teidio, di passaggio da quelle parti, lo riconobbe e ne fece traslare la salma sul Palatino, nell’abitazione del tribuno. Il giorno successivo, la plebe inferocita per la perdita del loro principale esponente, trasportò le spoglie di Clodio nel Foro, organizzando la pira funebre alle porte della Curia Hostilia, simbolo del Senato e dell’aristocrazia romana, il rogo che ne scaturì, devastò l’edificio e gran parte della zona circostante. A quel punto Milone cercò di intervenire per calmare la folla, sostenendo che la morte di Clodio era scaturita solo dopo ad un tentativo di aggressione perpetrata dallo stesso tribuno, e di avere quindi agito solo per difesa, il risultato fu quello di accrescere ancora di più l’odio della folla. I Senatori impauriti per la situazione che si era creata, si decisero di votare un senato consulto, che elevava Pompeo Magno a console “sine collega” permettendogli di reclutare truppe su tutto il territorio italico. Nel giro di pochi giorni il triumviro riportò la calma in città. Mal volentieri, ma visti i grandi disordini scoppiati non ci fu altra scelta, il Senato fu costretto a citare Milone in giudizio per l’accaduto, e nell’aprile del 52 a.C., il processo divenne realtà. Per l’occasione venne scelta una giuria di indubbia moralità, e per i primi quattro giorni vennero ascoltate tutte le testimonianze di coloro che si trovarono in qualche modo coinvolti nei fatti di quel giorno. Appio Claudio e Marco Antonio vestirono i panni dei principali accusatori di Milone che viceversa poteva contare sull’appoggio di tutti i più grandi oratori dell’epoca, come Ortensio Ortalo e Cicerone. Paradossalmente quest’ultimo, quando salì sui rostri, rimase così atterrito dall’astio della folla contenuta a stento dai soldati di Pompeo, che non riuscì neppure a proclamare la sua orazione a difesa di Milone. A causa di ciò Milone venne condannato ed esiliato a Marsiglia.

 

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