Lo smaltimento dei rifiuti

Il problema dello smaltimento dei rifiuti nella Roma antica, esattamente come ai giorni nostri, era un problema molto difficile da risolvere. Non sappiamo ad oggi come precisamente gli antichi romani avessero organizzato lo smaltimento dei rifiuti, di certo è che erano gli edili a doversi occupare della pulizia del suolo pubblico.

Lo smaltimento dei rifiuti
Lo smaltimento dei rifiuti

Almeno in epoca imperiale gli Edili avevano quattro autorità a loro subordinati, chiamati  “curatores viari”, due responsabili per i quartieri centrali della città e due addetti a quelli periferici. Questi “curatores” avevano il compito di controllare lo stato delle vie e delle piazze, invitando i cittadini a mantenere la pulizia davanti alle loro rispettive abitazioni, come stabilito dalla legge. Nel qual caso poi, qualche cittadino non avesse rispettato tali ordinanze, gli edili potevano incaricare della pulizia un imprenditore privato, addebitando poi il costo delle operazioni al cittadino negligente. Nel “Digesto” redatto da Giustiniano, già dopo la caduta dell’Impero d’occidente, si leggeva ancora che nulla doveva essere esposto davanti alle officine, e che non si doveva gettare in strada, sterco, cadaveri di animali o pelli, anche se poi cani e uccelli, nutrendosi di rifiuti, contribuivano in parte alla loro eliminazione. Lo stesso Giulio Cesare nell’editto di Eraclea, aveva bandito una gara d’appalto pubblico per la pulizia delle strade, dividendo nella stessa misura la spesa fra amministrazione pubblica e proprietari delle case. In questa epoca repubblicana ma anche imperiale si puo’ solo intuire che i rifiuti alimentari si usassero come mangime per gli animali , che  la cenere  venisse usata per il lavaggio dei vestiti ed altro, che gli escrementi animali venissero utilizzati come concime e gli oggetti rotti in metallo o consumati dall’ uso , recuperati per essere fusi e rilavorati per lo stesso uso o per altri scopi .  Una piccola curiosità, l’Imperatore Vespasiano, in gioventù pare fosse stato cosparso di fango dall’allora Imperatore Caligola, per non aver adeguatamente curato le strade da lui controllate. Proprio legato a Vespasiano Imperatore vale la pena ricordare di come sia passato alla storia per essere, probabilmente stato il più grande “igienista” della Roma antica, e tale inclinazione pare derivata da quando si rese conto in prima persona di come, per le vie della città, venissero abbandonati ogni tipo di rifiuto e persino cadaveri, quando il suo fedele cane, durante una cena si aggirava con quel che rimaneva di una mano fra i denti  raccattata in qualche vicolo. Egli fu infatti famoso per l’installazione di numerose latrine pubbliche, dietro il pagamento di una tassa, e quando il figlio Tito, portò le rimostranze della popolazione, Vespasiano rispose “Pecunia non olet, sed urina si” (I soldi non fanno odore anche se derivano dall’urina), una risposta passata alla storia.

In effetti dove venissero portati o come avvenisse lo smaltimento dei rifiuti, non lo sappiamo con esattezza, anche se la Lex Iulia Municipalis del 45 a.C., parla esplicitamente di “carri appositi per l’immondizia”. Certamente una grossa parte di questi rifiuti venivano smaltiti attraverso le fogne, di cui tutte le più importanti città erano dotate, come a Pompei ad esempio, dove buona parte delle abitazioni aveva un allacciamento diretto con la fogna pubblica, un sistema di smaltimento addirittura più efficiente della Capitale stessa, dove comunque funzionavano egregiamente la Cloaca Massima e gli altri sei canali di scarico, definiti da Plinio: “l’opera in assoluto più grandiosa”.  Questo sistema di scarico era sottoposto regolarmente a manutenzione e riparazioni affinchè esalazioni ed intasamenti non creassero problemi alle fogne e alla popolazione stessa. Nelle fogne veniva veramente gettato di tutto, persino il cadavere dell’Imperatore Eliogabalo rischiò di fare la stessa fine, e solo l’imboccatura del condotto troppo stretta costrinse i soldati a rinunciarvi. Fatto sta che la massa di rifiuti che si riversava nel Tevere era enorme e ad ogni piena del fiume, la quantità di immondizia, pelli di animali, o addirittura cadaveri che si depositavano sulle rive emanavano odori a dir poco nauseabondi.

Lo smaltimento dei rifiuti, la Cloaca Massima
Lo smaltimento dei rifiuti, la Cloaca Massima

Per altro il resto della popolazione si arrangiava come poteva, aspettando il favore della notte per gettare dalle finestre ogni tipo di rifiuto o porcheria. Lo scrittore Giovenale, pur con qualche esagerazione si raccomanda nel fare attenzione nell’uscire notte tempo senza prima aver fatto testamento, in quanto ogni finestra aperta costituiva una vera minaccia. Paradossalmente c’era da augurarsi di essere colpiti solo dal contenuto di un vaso da notte, anche perchè nei quartieri più poveri e malfamati poteva davvero cadere di tutto, e nelle vie più strette il rischio aumentava notevolmente. Dalle finestre veniva lanciato di tutto, da rottami di vario tipo, feci, urine, e come detto rimanerne infradiciati poteva essere considerata una vera fortuna, anche perchè andava valutata anche l’atezza dalla quale alcuni oggetti venivano lanciati, come ad esempio qualche coccio o vaso incrinato, potevano davvero arrivare al suolo col rischio concreto di fracassare la testa a qualche ignaro passante.  Col passare del tempo un editto del Pretore, stabiliva che ogni coinquilino fosse responsabile dei danni che qualunque materiale solido (deiectum) o liquido (effusum), potesse causare, la legge imperiale salvaguardava il diritto di ogni cittadino di passeggiare per le vie senza alcun pericolo, ma se malauguratamente qualcuno veniva comunque colpito e ucciso dal lancio di un qualsiasi oggetto, alla famiglia danneggiata non restava che addentrarsi nella burocrazia della giustizia romana per tentare di ricevere un indennizzo che ammontava a 50 aurei.

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