Mons Testaceum

Il Mons Testaceum, meglio consociuto come Monte Testaccio, deve la sua formazione agli scarti delle anfore degli antichi romani. Dal latino “Testae”, cocci, il monte è costituito da milioni e milioni di frammenti di anfore datate dal I secolo a.C., al III secolo d.C.. Ancora più incredibili sono le sue dimensioni che rasentano il chilometro quadrato di diametro, coprendo una superficie di circa 20.000 metri quadri. Il Mons Testaceum sorge nel cuore di Roma, in particolare nella zona sud della città, nei pressi del Tevere e appena fuori dal perimetro delle mura aureliane.

Mons Testaceum
Mons Testaceum

MONS TESTACEUM, LA FabbricaZIONE delle anfore:

Di forma allungata, ideale per essere stivate nelle navi, le anfore romane venivano costruite con l’argilla, e lavorate in seguito con una sorta di tornio rudimentale, in più fasi. Successivamente veniva aggiunto il puntale nella parte inferiore, mentre in quella superiore si formava il collo cilindrico, ai lati venivano poi applicate e modellate le due anse per la presa. Una volta terminata, l’anfora veniva ulteriormente ricoperta da un altro strato di argilla per aumentarne l’impermeabilità esterna, ma  veniva anche  cosparsa internamente, con una sostanza nerastra, chiamata impeciatura, necessaria per conferire un ulteriore aroma al prodotto interessato, il tema è tuttavia ancora oggetto di varie contorversie. Durante la produzione venivano effettuati numerosi controlli sulla corretta lavorazione, dai responsabili delle cotture, e ciò lo sappiamo grazie ai numerosi segni lasciati da questi ultimi, sopra le numerose anfore rinvenute, l’imboccatura veniva poi chiusa con un cuneo di sughero o con un disco di terracotta, sigillati poi con un tipo di malta particolare. I romani erano poi organizzatissimi nell’indicare ogni singolo contenuto, le scritte in nero o in colore rosso, risaltavano chiaramente vicino all’imboccatura o sul corpo dell’anfora, e in esse  venivano  specificate: il tipo di prodotto trasportato, la tara e il peso netto, la località di provenienza, la data del trasporto, il commerciante che si occupava della spedizione, la destrinazione,  altre scritte erano poi aggiunte dai funzionari che si occupavano di controllare il carico alle varie dogane. Le anfore avevano inoltre il proprio bollo impresso nell’argilla, che specificava la fabbrica che le aveva prodotte.

Mons Testaceum
Mons Testaceum

MONS TESTACEUM, I COCCI :

Specialmente in epoca imperiale, la quantità di anfore che venivano trasportate su tutto il territorio romano era a dir poco impressionante, fare una stima è pressochè impossibile, il trasporto di olio, vino, garum, olive, cereali, era continuo e rappresentava solo la base di ogni spedizione, che fosse via terra o via mare. Secondo alcune fonti, una volta giunte a destinazione, le anfore venivano immediatamente svuotate dal loro contenuto, e poi spezzate e abbandonate sul posto, il contenuto poteva poi essere versato in altri contenitori, come dei banali sacchi di tela per i cereali. Per l’olio e il vino però non è escluso che altre anfore venissero riciclate, anche perchè sfornarne continuamente di nuove aveva un costo tutt’altro che modico, o che semplicemente, esse continuassero il loro viaggio, su di un altro mezzo. Come si formò dunque il Mons Testaceum? E’ molto probabile che la grande maggioranza delle anfore accumulate, si siano rotte durante la movimentazione, a causa della loro fragilità e pesantezza, ma è altresì probabile che le scarse doti dei marinai nel sistemare i vari carichi, abbiano fatto il resto. Il Mons Testaceum a Roma, si innalza per ben 35 metri, e si calcola che ci siano voluti circa tre secoli per portarlo alle attuali dimensioni, una stima approssimativa vuole che sia composto con i resti di almeno 26 milioni di anfore. Anticamente è molto probabile che fosse presente una rampa che portasse fino alla cima, e che consentiva agli operai di trasportare in vetta i loro cocci. Gli scavi sul posto hanno portato alla luce delle anfore provenienti in gran parte dall’Africa e dal sud della Spagna. L’odierno quartiere di Testaccio, anticamente era dominato dall’Emporium, la grande struttura portuale delle città antica, e nevralgico punto di contatto fra l’approdo delle navi colme di merci, e i vicini magazzini per il loro stoccaggio. Arrivate a destinazione, le numerosissime anfore prive di smaltatura interna, e quindi non riutilizzabili per altri carichi, venivano sistematicamente spezzate ed accumulate le une sulle altre, formando una vera discarica di cocci nel cuore della città. Per dare un’idea della grande quantità di materiale basti pensare che i cocci che hanno formato il monte sono solo una piccolissima parte di quelle  anfore che viaggiavano per l’impero, molte altre venivano riciclate, quando possibile, ma moltissimi altri cocci vennero utilizzati come materiale da costruzione. Queste anfore erano veramente di notevoli dimesioni e peso, una vuota poteva pesare fino a 30 kg, ma riempita era in grado di arrivare anche a 100. Un’ultima piccola curiosità, esistevano dei “curatores”, ovvero dei funzionari che si occupavano appositamente della rottura delle anfore e che si assicuravano personalmente che ogni singolo pezzo fosse impilato correttamente in modo da poter occupare il minor spazio possibile, e per limitare al minimo il pericolo di crolli, dal pezzo più piccolo ai carichi più grandi e trasportati con dei muli fino alla cima della collinetta, che dire il risultato di tale organizzazione è ancora oggi sotto i nostri occhi!

Credits to:

https://www.romanoimpero.com/2018/10/monte-dei-cocci.html

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.