Occupazioni e mestieri nell’antica Roma

Le fonti storiche, in particolare del I e II secolo d.C., ci testimoniano la grande varietà per quanto riguarda le occupazioni e mestieri nell’antica Roma. Tali occupazioni riguardano gli uomini appartenenenti ad ogni ceto sociale, ad eccezione delle donne occupate nella conduzione della casa e della famiglia.

occupazioni e mestieri nell'antica Roma, laboratorio di un sarto
occupazioni e mestieri nell’antica Roma, laboratorio di un sarto

Occupazioni e mestieri nell’antica Roma, le donne senza professione:

Nella Roma imperiale, la donna romana sembra che non espletasse nessuna particolare funzione al di fuori della propria abitazione, quelle di umili condizioni, dopo aver adempiuto alle faccende di casa potevano recarsi alle fontane pubbliche per attingere l’acqua o per gettare la spazzatura all’immondezzaio, ma anche per recarsi alle terme a loro dedicate.   Le ricche matrone invece, seguite e servite da numerosi schiavi, non dovevano neppure sbrigare le comuni faccende domestiche e potevano disporre del loro tempo come più preferivano. Le donne romane cercavano di rendersi pari agli uomini nelle attività più intellettuali, come ad esempio, la letteratura, il diritto o la filiosofia, considerando le attività maschili molto umilianti. Le fonti del periodo ci tramandano comunque che le donne potevano esercitare quei lavori in cui l’uomo era meno adatto, come la pettinatrice, la balia o la levatrice. Molto diversa era la condizione dell’uomo che si alzava tutte le mattine all’alba, e, in particolare se era titolare di un’attività, si affrettava a recarsi alle proprie corporazioni o al Foro.

Occupazioni e mestieri nell’antica Roma, il clientelismo:

Una particolare funzione che contribuiva alla formazione del reddito era quella dei “Clientes”, che non era legata a nessuna classe sociale. L’antico romano, che fosse un liberto o un nobile si sentiva vincolato da un obbligo di rispetto nei confronti di chi era più potente di loro, così come il liberto lo era nei confronti di chi lo aveva liberato (il patronus), il parassita lo era nei confronti di chi aveva l’obbligo, in quanto patronus, di accoglierlo in casa. Periodicamente questi “clientes” ricevevano un rifornimento di vettovaglie che portavano via nelle loro “Sportulae”, o in denaro, ai tempi dell’Imperatore Traiano questa usanza era talmente in uso che venne stabilita una tariffa che ogni famiglia signorile era tenuta a versare ai propri protetti, di circa sei sesterzi a persona. Molto spesso questa “sportulae” era una vera risorsa per chi in quel momento si trovasse in difficoltà, come ad esempio artisti senza commissioni o insegnanti e avvocati in quel momento disoccupati. L’importanza di un patronus era determinata dal rumore di quanti, ogni mattina si presentavano sotto la sua abitazione per la consueta “Salutatio mattutina”, e se il patronus non avesse risposto al saluto e alle lagnanze di chi si rivolgeva a lui avrebbe perso molto prestigio. Il turno per ricevere l’elargizione non veniva stabilito in base all’ordine di arrivo ma in base all’importanza sociale, per cui i pretori sopravanzavano i tribuni, i cavalieri i liberi e questi a loro volta i liberti.

Occupazioni e mestieri nell’antica Roma, i redditieri:

Molto più importante, per le quantità di risorse messe a disposizione da queste donazioni private, era l’assistenza pubblica che lo stato forniva senza distizioni ai circa 150.000 proletari, disoccupati a vita, ma che a vario titolo avevano diritto di ricevere dall’Annona dell’Urbe, quanto gli era necessario per sostentarsi fino al termine della loro vita. Anche gli scribi, al seguito dei magistrati vivevano di rendita, così come gli appaltatori,  vari funzionari, o amministratori. Roma però era un centro economico così vasto che non avrebbe potuto reggersi su una pura politica di assistenza e rendita senza una vera attività di lavoro e produzione. La città era un grande centro di attività commerciali internazionali terrestri e marittime e polo di consumo della migliore produzione manifatturiera, e doveva per forza organizzare e dirigere questo sfruttamento incessante.

occupazioni e mestieri nell'antica Roma, architetto al lavoro
occupazioni e mestieri nell’antica Roma, architetto al lavoro

Occupazioni e mestieri nell’antica Roma, i mercanti:

L’intensa attività commerciale che si svolgeva a Roma ci è testimoniata in particolar modo dagli scavi archeologici di Ostia, e in dettaglio nel piazzale delle corporazioni. Fra le colonne del lato più interno dei portici vennero ricavati sedici ambienti sulla cui soglia, alcuni mosaici, rappresentano le varie corporazioni di mestiere. E’ possibile quindi riconoscere gli ambienti in cui lavoravano cordai, pellicciai, mercanti di legname, e armatori provenienti da Alessandria, dalla Gallia, o dal nord Africa. A Roma poi, si estendevano per diversi ettari, i vari “Horrea”, i magazzini che potevano ospitare una gran varietà di merci, essi erano solitamente affiancati da diverse “Tabernae” all’ingrosso da cui partiva una fitta rete di lavoratori come manovali o artigiani che si occupavano della lavorazione dei vari prodotti.  Per dare un’idea dell’intensissima attività commerciale è stata calcolata a Roma, la presenza di circa 150 corporazioni. Per quel che riguardava le merci alimentari, esse si potevano dividere in due categorie: quella venduta al dettaglio dai cosiddetti “Fructuari” (venditori di frutta), e quella venduta dagli stessi produttori, dopo averla debitamente lavorata, come ad esempio gli “Olitores”,  ortolani e venditori di legumi,  o i fornai che esercitavano allo stesso modo anche il mestiere di mugnaio. Lo stesso principio veniva applicato anche ai beni di lusso, così i profumieri vendevano le proprie essenze, o gli orafi i monili da loro stessi fabbricati, e naturalmente funzionava allo stesso modo per i sarti che confezionavano e vendevano i loro vestiti o i calzolai con i loro diversi tipi di calzature.

Occupazioni e mestieri nell’antica Roma, i manovali:

Numerosissime erano le corporazioni, e potevano essere ben distinte in due categorie, la prima, formata da quei soggetti che producevano quanto vendevano, come ad esempio ebanisti, falegnami o pellicciai, mentre la seconda era formata da quanti fornivano la manodopera ai soggetti sopra indicati. Tra questi ultimi vale la pena ricordare le corporazioni legate all’edilizia, come i  muratori o i carpentieri, o quelle che assicuravano i trasporti via terra come i mulattieri, o per vie d’acqua, come i battellieri. Vi era poi una corporazione particolare, assegnata alla manutenzione e alla sorveglianza degli “Horrea” (magazzini). Nella Roma imperiale non esistevano zone industriali o quartieri operai, i lavoratori vivevano sparsi nella città e a seconda della zona vi si potevano trovare magazzini e  botteghe tra un’abitazione e l’altra. L’orario di lavoro, oltre che regolato dalle ore di luce a seconda della stagione, non durava oltre le otto ore, fatta eccezione per quelle professioni come il barbiere, legate più che altro al tempo libero a disposizione dei vari clienti. Da numerosi indizi si può dedurre che la maggioranza dei lavoratori romani cessava di lavorare alla sesta o settima ora nel periodo estivo, certamente tra la sesta e settima ora in inverno.

« In quintam varios extendit Roma labores
Sexta quies lassis, septima finis erit».

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