Publicola il fondatore della Repubblica

Valerio Publicola il fondatore della Repubblica, fu un politico e militare romano vissuto nel VI secolo a.C.. Ne portano ampia menzione, Tito Livio, Plutarco e Cicerone, i quali lo chiamano anche “Poplicola”, ovvero, amico del popolo.

 PUBLICOLA IL FONDATORE DELLA REPUBBLICA, BIOGRAFIA E NASCITA DELLA REPUBBLICA:

Secondo le fonti antiche, Publio Valerio Publicola, venne eletto, nel 509 a.C., per la prima volta, insieme al collega, Lucio Giunio Bruto, come primo console della storia di Roma. La storia vuole che la moglie di Lucio Tarquinio Collatino, Lucrezia, avesse subito violenza da Sesto Tarquinio, figlio del Superbo, e perdutamente innamorato di lei, ma non contraccambiato. Convocato il marito dall’accampamento dove si trovava, denunciò pubblicamente il torto, sostenendo di non poter tollerare oltre la vergogna da lei subita, e immediatamente dopo, sotto gli occhi dello stesso Valerio Publicola, testimone dell’evento, si tolse la vita, destando molto scalpore. Lucio Tarquinio Collatino, accecato dall’odio  verso la monarchia, che ormai era diventata il simbolo di quel despotismo, giurò vendetta, dichiarando di voler mettere termine alla tirannia del Re.

VALERIO PUBLICOLA IL FONDATORE DELLA REPUBBLICA
 PUBLICOLA IL FONDATORE DELLA REPUBBLICA

 PUBLICOLA IL FONDATORE DELLA REPUBBLICA, contro i tarquini:

I primi Consoli della  nuova Repubblica romana erano così eletti, purtroppo però Collatino, a causa del suo nome “Tarquinio”, che destava troppi sospetti su una effettiva discontinuità, fu costretto quasi subito a dimettersi e a fuggire dalla città, lasciando così il posto a Valerio Publicola, che entrava così come Console Suffectus. Subito dopo le città di Veio e Tarquinia si allearono e marciarono insieme verso Roma. La Repubblica, appena sorta, era già in grave pericolo, così i due consoli, arruolarono il migliore esercito che potessero radunare e andarono incontro al nemico, contro il quale scatenarono una violentissima battaglia. Durante lo scontro, lo stesso Lucio Giunio Bruto cadde ucciso nella mischia, e l’equilibrio fu tale che fino a notte fonda nessuno poteva dire chi fosse uscito vittorioso. Secondo la leggenda, si udì una voce durante la nottata, che sosteneva che gli Etruschi avevano perso un uomo in più dei romani, i quali erano da considerarsi vincitori, più verosimilmente, gli Etruschi furono i primi a ritirarsi, dopo essersi resi conto di aver perso, al pari dei più risoluti romani, ansiosi di scacciare una volta per tutte la monarchia, moltissimi soldati.

 PUBLICOLA IL FONDATORE DELLA REPUBBLICA, l’amico del popolo:

Publio Valerio Publicola, unico console rimasto, entrò a Roma in trionfo, e per i suoi meriti, venne lasciato per un certo periodo, senza collega. Quando però iniziò a costruirsi una villa privata sulla collina della Velia, il popolo iniziò a credere che volesse diventare anch’egli un Re, tuttavia, una volta venuto a conoscenza di queste insinuazioni, ordinò l’immediata cessazione dei lavori. Il popolo ne fu sollevato, e per gratitudine, concesse a Publio Valerio la costruzione della sua villa in un appezzamento di terra ai piedi della collina stessa, con la porta d’ingresso che affacciava sulla via del Foro, un luogo sul quale, secoli dopo, l’imperatore Massenzio fece costruire la sua grande basilica, rivendicando così la sua discendenza dallo stesso Valerio. La grande cosniderazione di cui godeva Valerio Publicola, la ritroviamo anche dal fatto, che accanto alla sua abitazione, gli fu concesso di costruire  il suo piccolo mausoleo, all’interno del pomerium della città, il che  costituiva una vera rarità, ma soprattutto un grande riconoscimento.

Quando Valerio adunò la folla, per rassucurarla sulle sue intenzioni, ordinò ai suoi littori di abbassare i fasci, contrariamente agli usi dell’epoca, riconoscendo davanti al popolo, che il loro potere, era di gran lunga superiore al suo, promuovendo subito norme a sostegno della Repubblica e della libertà dei suoi cittadini. Venne subito promulgata una legge secondo la quale chiunque avesse tentato di ergersi a Re, sarebbe stato subito consacrato agli Dei, e quindi sottratto alla protezione cittadina, i quali si sarebbero potuti sentire liberi di ucciderlo impunemente, una legge che resistette negli anni e annoverata in seguito come “Nemico dello Stato”, esattamente come Giulio Cesare una volta che venne varcato il Rubicone. Non solo, Valerio promulgò anche la “provocatio ad populum”, una legge a cui un comune cittadino, condannato a morte da un magistrato, poteva appellarsi alla decisione del popolo, un potere già in mano patrizia ai tempi del Re, che ora veniva esteso anche ai plebei. Immediatamente dopo Valerio Publicola  indisse i Comitia, per iniziare l’iter che doveva portare all’elezione del suo collega al consolato come successore di Bruto. La spuntò Spurio Lucrezio Tricipitino, che però morì poco tempo dopo, lasciando spazio a Marco Orazio Pulvillo. Fu proprio quest’ultimo a dedicare il tempio della Triade Capitolina, sul Campidoglio, un opera lasciata incompleta da Tarquinio il Superbo. E’ lecito pensare che a Valerio non sia andata molto a genio la questionee, visto che sulla facciata del tempio veniva riprotato il nome dell’autore della “dedicatio”, unitamente a chi ne aveva sostenuto le spese, un privilego che per il suo passato sarebbe forse dovuto toccare a lui. Comunque negli anni seguenti Publio Valerio Publicola, venne eletto altre tre volte console, nel 508 a.C., insieme a Tito Lucrezio, nel 507 a.C., ancora con Marco Orazio Pulvillo ( secondo altre fonti con Publio Lucrezio), e nel 504 a.C., di nuovo con Tito Lucrezio, anno in cui sconfisse i Sabini, entrando a Roma in trionfo per la seconda volta in pochi anni.

 PUBLICOLA IL FONDATORE DELLA REPUBBLICA, la morte:

Secondo Tito Livio, Publio Valerio, morì nel 503 a.C., tuttavia, le fonti più antiche collocano la fine della sua vita durante la battaglia del lago Regillo, l’ultima grande guerra di Roma contro l’ambizione di Tarquinio il Superbo, tutt’altro che scoraggiato dall’età, e ancora tentato di sedere sul trono. Lo scontro fu violentissimo, e insieme a tanti valorosi giovani romani trovò la fine Valerio insieme a due dei suoi figli, l’episodio poi si ammanta di leggenda, quando nella lotta si narra che intervennero i Dioscuri, Castore e Polluce, scesi sulla terra in difesa dei Romani, i quali, una volta terminata la battaglia, gli dedicarono due statue nel Foro romano. Dionigi di Alicarnasso ci narra la leggenda:

«Nel corso del combattimento apparvero, tanto al dittatore Postumio quanto ai soldati, due cavalieri di età giovanile, assai superiori a chiunque altro per bellezza e per statura. Essi si posero alla testa della cavalleria romana e, respinto l’attacco dei Latini, li misero in fuga. È fama che quella sera stessa furono visti nel Foro romano due giovani di straordinaria bellezza, in abito militare, che sembravano reduci da un combattimento e portavano cavalli madidi di sudore. Essi abbeverarono gli animali e si lavarono alla sorgente che scaturisce presso il tempio di Vesta… e a quanti domandavano notizie, riferirono dell’andamento e dell’esito della battaglia e della piena vittoria dei Romani; quindi, allontanatisi dal Foro, non furono visti mai più».  

Publio Valerio fu sepolto a spese pubbliche in segno di riconoscimento per il suo valore e per la sua devozione verso la Repubblica, e le matrone romane trascorsero in lutto ben dieci mesi, esattamente come era accaduto anni prima con la morte di Bruto.

Credits to:

https://www.romanoimpero.com/2010/05/publio-valerio-publicola-509-504-ac.html

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