Valeriano, l’Imperatore imprigionato

Nell’estate del 260 d.C., accadde un avvenimento epocale che sconvolse un Impero romano già in un periodo di grossa crisi. Per la prima volta nella storia, un Imperatore venne catturato dai persiani senza mai più fare ritorno in patria, un fatto che ebbe grosse ripercussioni in tutto il mondo romano, stendendovi un triste velo di disonore.

L'imperatore Valeriano
Valeriano, l’imperatore imprigionato,

VALERIANO, L’IMPERATORE IMPRIGIONATO, CONTESTO STORICO:

Publio Licinio Valeriano, nato attorno al 200 d.C., apparteneva alla nobile ed antica famiglia dei Licinii, e venne acclamato imperatore dalle sue truppe nel 253 d.C, dopo la morte del suo predecessore Treboniano Gallo. Valeriano era un uomo di grande rettitudine morale e di ampio senso del dovere, ma nei suoi sette anni di regno dovette far fronte a situazioni di grande gravità e preoccupazione, dovendo subire gli sconfinamenti in Gallia di Franchi e Alamanni e ad est dei Goti che arrivarono fino a Salonicco e Nicomedia. Per essere all’altezza di questi pericoli ed essere quindi più pronto ad affrontarli, Valeriano nominò  “Augusto” suo figlio Gallieno, affidandogli la parte occidentale dell’Impero, e mantenendo per se l’oriente, dove la presenza romana si era notevolmente indebolita dopo la sconfitta di Gordiano III nel 244 d.C., in favore del Re sasanide Ardashir I, che aveva portato il suo  regno agli antichi splendori. Approfittando di tutto ciò, come si prevedeva, lo scaltro figlio di Ardashir I, Sapore, scatenò nel 259 d.C., una ulteriore violenta offensiva contro i romani, e dopo aver conquistato già tre anni prima l’antica città di Dora Europos, i persiani dilagarono in medio oriente conquistando anche Antiochia. La reazione romana non tardò ad arrivare e l’Imperatore Valeriano decise di non tergiversare oltre, decidendo di intervenire in prima persona. Dopo i primi incoraggianti risultati che videro prevalere le armate romane, le due grandi potenze si fronteggiarono in modo decisivo ad Edessa nel 260 d.C., uno scontro violentissimo dal quale i persiani uscirono vittoriosi, portando in patria con loro un trofeo forse inaspettato ma di straordinaria importanza: l’Imperatore Valeriano in persona.

L’evento in se rappresentò il culmine della crisi del III secolo, un episodio di grande disonore che raggiunse tutti gli angoli dell’Impero, talmente sconvolgente che la battaglia di Edessa risulta ancora oggi essere uno degli eventi più  misteriosi della storia di Roma. Lo storico romano Flavio Eutropio, vissuto più di un secolo dopo riferisce di una netta sconfitta sul campo di battaglia, tesi confermata anche dalle iscrizioni rinvenute a Persepoli riguardo le imprese di Sapore I, lo storico bizantino Zosimo ci racconta invece che i persiani ebbero la meglio grazie ad un tradimento, mentre un altro bizantino, Giovanni Zonara ci riferisce che fu lo stesso Valeriano a richiedere asilo politico a Sapore I, per la paura di incorrere nello scontento delle proprie truppe decimate anche da un’epidemia. Nel corso della storia altri autori hanno aggiunto altri piccoli tasselli che oggi ci consentono di fare un po più di luce sull’accaduto.

VALERIANO, L’IMPERATORE IMPRIGIONATO, LO SCONTRO DI EDESSA:

L’imperatore Valeriano radunò il suo esercito nei pressi di Zeugma, sulla riva destra del fiume Eufrate, e mentre i romani ultimavano i loro preparativi, Sapore I prese ad attaccare alcune fra le più importanti città della Mesopotamia, fra cui Nisibi, Carre e la stessa Edessa. Proprio mentre Edessa veniva assediata, Valeriano esitò perchè non in possesso di informazioni valide sul reale numero del nemico, ma quando gli giunse la notizia che gli abitanti della città con una sortita improvvisa riuscirono a provocare forti perdite agli assedianti, si decise infine ad attaccare. La battaglia si svolse circa a metà strada fra Zeugma ed Edessa, ma i persiani, in chiara superiorità numerica, accerchiarono i romani sconfiggendoli nettamente. Visto l’evolversi della battaglia Valeriano si vide costretto a rifugiarsi dietro le mura di Edessa con quel che restava del suo esercito, ma in città il cibo scarseggiava e la popolazione era inoltre vessata da un’epidemia che mieteva già molte vittime, i soldati già sconfortati dalla sconfitta erano ora sul punto di rivoltarsi. Valeriano decisamente in apprensione dalla situazione che si era venuta a creare, decise di inviare un’ambasceria al generale persiano Sapore I, nel tentativo di trovare un accordo. Sapore I, che sapeva benissimo della condizione disperata nella quale si dibattevano i romani, respinse gli ambasciatori di Valeriano, chiedendo che fosse l’Imperatore stesso con tutto il suo stato maggiore a muoversi personalmente per portare al suo cospetto le loro proposte. La trappola persiana era così pronta a scattare, e quando Valeriano si presentò ai persiani insieme al prefetto del pretorio, Successiano e al suo funzionario personale Cledonio, vennero facilmente catturati, esattamente come successe a Marco Licinio Crasso a Carre nel 53 a.C.. Trecento anni dopo lo stesso tranello andò nuovamente a buon fine.

L'imperatore Valeriano viene fatto prigioniero dal Re persiano, Sapore I
L’imperatore Valeriano viene fatto prigioniero dal Re persiano, Sapore I

VALERIANO, L’IMPERATORE IMPRIGIONATO, LA CATTURA:

Da un’ iscrizione rinvenuta a Persepoli sulle imprese di Sapore I:

“Noi ingaggiammo una grande battaglia con Valeriano Cesare e con le nostre mani prendemmo prigioniero Valeriano Cesare e gli altri, il prefetto del pretorio, i senatori e gli ufficiali che erano al comando di quell’esercito e li deportammo in Persia”.

L’imperatore Valeriano venne imprigionato insieme a gran parte di ciò che rimaneva del suo esercito, per poi essere deportato in Persia, dove i suoi uomini furono utilizzati per la costruzione della diga di Shushtar e della città di Gundesshapur, sul sito dove sorgeva l’antica Susa. Dopo lo scontro di Edessa, le truppe persiane si riversarono in massa in Siria dopo aver varcato il fiume Eufrate, saccheggiando Antiochia, Cesarea, sconfinando fino alla Cilicia e alla Cappadocia. Sulla sorte di Valeriano non si hanno certezze, gli storici cristiani dell’epoca che avevano in antipatia l’Imperatore per gli editti emanati contro la loro fede, riferiscono di come Valeriano subisse continue umiliazioni, venendo persino utilizzato da Sapore I, come sgabello per montare a cavallo: così scrive Orosio:

“Chino a terra, sollevava non con la sua mano ma con la sua schiena il re che si accingeva a salire a cavallo”.

In seguito molti sovrani orientali consigliarono al Re Sasanide di rilasciare l’importante ostaggio, per evitare la prevedibile violenta reazione romana, ma Sapore I non ritenne opportuno dar seguito a tali consigli, e a ragione, visto che Gallieno, rimasto unico “Augusto”, nonostante il dispiacere per la perdita del genitore, ritenne con saggezza di non tentare nessuna spedizione, che si sarebbe risolta inevitabilmente in un’altra disfatta. L’imperatore Valeriano morì in modo misterioso durante la sua prigionia, dopo di che venne scuoiato, secondo un’usanza persiana, e la sua pelle, dopo essere stata dipinta con una tintura rossastra, venne appesa all’interno di un tempio a perenne memoria della storica vittoria sui romani. In merito a questo lo scrittore latino di fede cristiana Lattanzio scrive:

“Dopo che Valeriano ebbe consumato questa ignobile vita nel disonore, gli fu strappata la pelle e, spogliata della carne, fu dipinta di una tintura rossa, perché fosse poi esposta in un tempio degli dèi barbari a memoria del magnifico  trionfo” .

 EVENTI SUCCESSIVI E RIVALSA ROMANA:

Solo con le campagne militari del 297-298 d.C., le armate romane riuscirono a vendicare l’oltraggio subito pochi anni prima. In quell’occasione fu il “Cesare” Galerio ad avere ragione dell’esercito sasanide nei pressi di Satala, e comandato dal figlio di Sapore I, Nasreh. Galerio espugnò l’accampamento nemico e fece prigionieri tutti i familiari più stretti del Re, dopo di che conquistò e oltrepassò Ctesifonte, per poi ricongiungersi con le truppe di Diocleziano. Dopo l’accordo di pace sottoscritto a fine campagna, i romani rilasciarono i prestigiosi ostaggi e proprio in quel frangente, Galerio non perse l’occasione per rinfacciare ai persiani il loro ignobile comportamento nei confronti di Valeriano:

“Dopo averlo catturato con l’inganno, lo avete tenuto senza liberarlo fino all’estrema vecchiaia e fino a una morte senza dignità; e perfino dopo la morte, con un’arte maligna ne avete custodito la pelle, e avete oltraggiato un corpo mortale con un’offesa immortale”. 

Con queste parole Galerio riaffermò la superiorità morale dei romani, rappresentata chiaramente dalla liberazione degli ostaggi, dopo quasi mezzo secolo la risolutezza dei tetrarchi riuscì nell’impresa per lo meno di mitigare il pesante oltraggio subito dai persiani.

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