Prima di tutto detenevano il comando dell’esercito, poi avevano la facoltà di convocare il Senato e presiederne le sedute per approvare leggi e provvedimenti, amministravano le finanze e gestivano il potere giudiziario, eseguivano opere pubbliche e infine potevano riunire il popolo a comizio. I segni della loro autorità erano la “sella curulis” e la “toga praetexta”, oltre al loro seguito formato da 12 littori che portavano i fasci, segno del potere che esercitavano. La “sella curulis” era un sedile pieghevole a forma di “X” ornato d’avorio, era il simbolo del potere giudiziario, riservato inizialmente ai Re di Roma e in seguito ai magistrati superiori dotati di giurisdizione, detti perciò “curuli”. Durante il periodo della Repubblica, il diritto di sedere sulla sella curule era riservato a: consoli, pretori, edili curuli, sacerdoti massimi, dittatori e al magister equitum. In epoca imperiale l’uso della sedia curule fu ampliato anche all’imperatore, al praefectus urbi e ai proconsoli.
Derivato il nome dal Dio Conso, una divinità antica dispensatrice di consigli, i due Magistrati inizialmente detenevano anche il potere religioso, comandando anche l’esercito infatti, non sarebbe stato possibile partire per una battaglia senza aver prima consultato gli auspici. I Consoli avevano gli stessi poteri, e un provvedimento preso da uno, poteva immediatamente essere invalidato dall’altro, questo era possibile mediante il veto dello “ius intercendi”, ma il più delle volte per evitare imbarazzi politici, si tendeva a trovare un accordo prima di poter arrivare a ciò. In campo militare invece, se entrambi i Consoli si trovavano a capo di un esercito, avrebbero esercitato il loro potere a giorni alterni, oppure si sarebbero divisi le competenze per poter gestire i propri comandi in autonomia. Questa alternanza però era assolutamente vietata quando si dovevano promulgare nuove leggi, in quel caso infatti sarebbero dovuti essere totalmente in accordo.
In ambito militare i poteri dei Consoli erano praticamente illimitati, e, trascorso l’anno del loro mandato, erano tenuti a rendere conto del loro operato, ma poteva accadere che uno dei due venisse a mancare, in un periodo particolarmente bellicoso non era raro che chi stava a capo dell’esercito morisse in battaglia, e in quel caso un altro Console veniva eletto con la carica di “Consul Suffectus”. Terminato l’anno di carica, egli entrava di diritto in Senato fino alla fine dei suoi giorni.
Durante il periodo repubblicano un patrizio poteva essere eletto a tale carica all’età di 40 anni, mentre per un plebeo erano necessari almeno 42 anni di età.
Più avanti, in età Imperiale questo ruolo sarebbe proseguito, ma con l’avvento dell’Imperatore sia il Senato che il consolato passarono in secondo piano, molti infatti tendevano ad abbandonare la carica ben prima del termine, fino ad arrivare ad eccessi clamorosi come nell’anno 190 d.C., sotto il regno di Commodo, quando in un solo anno si avvicendarono ben 25 consoli. Alcuni Imperatori poi nominavano loro stessi o parenti stretti, senza minimamente considerare l’età, per esempio Onorio venne nominato console subito dopo la sua nascita.
Ciò non toglie che essere nominato console rimase sempre e comunque un grandissimo onore, testimone ne è il fatto che continuarono ad essere eletti fino al 534 d.C. sotto Giustiniano, quindi anche molto tempo dopo la caduta del Regno d’Occidente e fino al 541 d.C. nell’Impero d’Oriente. La storia ci consegna altri esempi di alcuni personaggi, nominati consoli onorari fino a tutto il settimo secolo.