La Guerra ai Pirati di Pompeo

La Guerra ai Pirati di Pompeo rappresenta la fase finale delle campagne che la Repubblica di Roma condusse per sgominare i pirati che infestavano le acque del Mediterraneo orientale e le province che vi si affacciavano. Il tutto si risolse in circa quaranta giorni. I Pirati rappresentavano una vera piaga, in particolare per i commerci, e Cassio Dione, nella sua “Storia Romana”, ci racconta che:

“I pirati non navigavano più a piccoli gruppi, ma in grosse schiere, e avevano i loro comandanti, che accrebbero la loro fama [per le imprese]. Depredavano e saccheggiavano prima di tutto coloro che navigavano, non lasciandoli in pace neppure d’inverno”.

La guerra ai pirati di Pompeo
La guerra ai pirati di Pompeo

La Guerra ai Pirati di Pompeo, contesto storico:

I primi scontri che videro fronteggiarsi i Romani contro le orde piratiche risalgono al 189 a.C., al largo dell’isola greca di Creta, quando il comandante della flotta della Repubblica, Lucio Fabio Labeone, non riuscì nell’impresa di farsi restituire alcuni cittadini romani caduti prigionieri dei pirati. Altri interventi romani si ebbero negli anni seguenti, in particolare nel 133 a.C., dopo che venne fondata la prima provincia orientale, quella d’Asia. Nel 102 a.C., il console Marco Antonio Oratore, sempre in quelle zone, condusse alcune spedizioni militari contro i pirati culminate da successi così eclatanti, tanto da fondare la nuova provincia di Cilicia. Pochi anni dopo, durante la prima guerra mitridatica (88-85 a.C.), il comandante romano, Quinto Bruzzio Sura, nel corso della sua navigazione, fece irruzione nel porto dell’isola greca di Skhiatos, vero covo di pirati, crocifiggendoli e punendone molti col taglio delle mani. Dopo la prima guerra Mitridatica, la provincia D’Asia versava in condizioni di grande miseria, anche perchè durante il conflitto, le sue coste venivano continuamente sottoposte alle vessazioni dei pirati, i quali non erano più un’accozzaglia di briganti, bensì flotte regolari ben armate e organizzate. Queste orde di pirati inoltre erano notevolmente aumentate di numero dal momento che Mitridate V, durante la guerra contro i romani, le aveva allestite in prima persona per costituirne una vera spina nel fianco dei territori sotto l’egida di Roma. I loro continui attacchi, infatti, erano riusciti a saccheggiare le importanti città di Iassus, Samo e Samotracia, nei pressi della quale si trovava il futuro dittatore romano Silla.

Tra il 78 e il 75 a.C., l’energico e risoluto proconsole di Cilicia, Publio Servilio Vatia, ottenne numerose vittorie sui pirati, costringendo questi ultimi a ripararsi nell’entro terra. Il generale romano non si accontentò e conquistò anche la città di Olympus nella regione della Licia, uccidendo il generale dei pirati Zeniceto, che tanto si era prodigato per difenderla. Publio Servilio Vatia continuò la sua spedizione attraverso la Pamphilia, conquistò la città di Phaselis, poi rientrato in Cilicia,  dopo aver assediato anche l’insediamento di Corycus, strappò ai ribelli tutte le città costiere, facendo per la prima volta nella storia, attraversare alle armi romane la catena montuosa del Tauro.  Per la sua brillante condotta il proconsole venne acclamato “Imperator” e una volta tornato a Roma ottenne il suo meritato trionfo. A queste spedizioni pare che abbia partecipato anche un giovane tribuno militare di nome Gaio Giulio Cesare. Tuttavia le incursioni dei pirati non si fermarono, anzi, le loro scorribande inziarono a prendere di mira le coste italiche a Brindisi e in Etruria.

Nel 74 a.C., altre spedizioni vennero condotte da Marco Antonio Cretico, padre del futuro triumviro Marco Antonio, con scarso successo, e da Quinto Cecilio Metello, che, appoggiato da alcune città alleate, conquistò gradualmente i principali centri di resistenza anti-romana come Cnosso o Cydonia. A seguito della conquista dell’Isola di Creta, Quinto Cecilio Metello assunse anch’egli il cognome di “Cretico”.

La guerra ai pirati di Pompeo
La guerra ai pirati di Pompeo

La Guerra ai Pirati di Pompeo, il rapimento di Giulio Cesare:

Proprio durante le operazioni che portarono alla conquista dell’Isola di Creta, si narra che il giovane Gaio Giulio Cesare, durante la navigazione che lo avrebbe dovuto portare sull’Isola di Rodi, mèta di molti aristocratici romani che intendevano approfondire la cultura e la filiosofia greca, venne rapito dai pirati che lo condussero all’isola di Famacussa, a sud di Mileto. I pirati chiesero a Cesare un pagamento di venti talenti come riscatto, ma il futuro proconsole delle Gallie rispose che ne valeva e ne avrebbe pagati almeno cinquanta, a patto che alcuni suoi fidati amici fossero condotti a Mileto per ottenere tale somma. Durante la sua detenzione sull’isola, che perdurò per 38 giorni, il giovane Cesare compose numerosi scritti e poesie che sottopose al giudizio dei suoi carcerieri, e più in generale tenne un atteggiamento molto particolare, come se fosse lui ad avere il controllo della situazione e non il contrario, arrivando anche ad affermare che una volta libero avrebbe perseguito e ucciso coloro che avevano osato di metterlo in catene. Tornati da Mileto i compagni di Cesare con il denaro necessario per pagare il riscatto, Cesare fece immediatamente rotta verso la provincia d’Asia, governata dal pro-pretore Marco Iunco. Giunto poi a Mileto armò di tutto punto alcune navi che in breve tempo presero il mare in direzione dell’isola di Famacussa, dove poco tempo prima veniva tenuto prigioniero. Senza faticare troppo ebbe ragione dei pirati che li si rifugiavano, facendoli prigionieri, per poi recarsi in Bitinia per chiedere al pro-pretore la loro giusta punizione. Marco Iunco però rifiutò, tentando anzi di impossessarsi del denaro sottratto ai pirati stessi. Qui le fonti filo-cesariane ci raccontano che Giulio Cesare prese nuovamente il mare con i suoi prigionieri, provvedendo egli stesso al supplizio, facendo strangolare e crocifiggere i pirati che avevano osato imprigionarlo, mantenendo quindi la parola che egli aveva dato ai suoi carcerieri poco tempo prima, potendo poi anche restituire il denaro che i suoi compagni di viaggio avevano dovuto reperire per pagare il suo riscatto.

 

La Guerra ai Pirati di Pompeo, il “Casus Belli”:

Anche se circondato da molti sospetti sulle sue reali intenzioni, nel 69 a.C., Pompeo Magno era l’idolo indiscusso delle masse, avendo egli avuto ben due incarichi proconsolari che accrebbero a dismisura la sua fama, mai nessuno prima di lui aveva avuto un tale onore. Nel 67 a.C., Pompeo ebbe il compito di allestire una potente flotta che fosse in grado di sgominare i pirati, in particolare i cilici, che con le loro scorribande avevano portato guerra e saccheggi ovunque, rendendo impossibile ogni rotta e mettendo in serio pericolo i traffici commerciali marittimi, comprese le preziose forniture di grano per la capitale. L’incarico di risolvere il problema fu affidato a Pompeo non senza polemiche, la fazione più conservatrice del Senato vedeva con forte sospetto il generale romano, temendo il grande favore e potere di cui godeva, tentando allo stesso tempo di boicottarlo e metterlo in cattiva luce. Paradossalmemente tra i più accesi sotenitori di Pompeo vi era anche Giulio Cesare, che  fin dall’inizio tentò in ogni modo di favorirlo. Tuttavia la nomina ufficiale venne dal tribuno della plebe, Aulo Gabinio, che con la “Lex Gabinia”, concedeva a Pompeo la conduzione della guerra ai pirati per tre anni, attribuendogli inoltre il controllo assoluto sui mari, ponendolo al di sopra di ogni sovrano orientale. Oltre a tutto ciò gli si dava la possibilità di accedere al tesoro dello Stato secondo le esigenze mettendogli a disposizione una flotta di 200 navi armate di tutto punto. Per quel che riguarda i pirati, Plutarco afferma che dopo la prima guerra mitridatica potevano contare su almeno un migliaio di imbarcazioni, che nei tempi passati avevano messo a ferro e fuoco non meno di 400 insediamenti.

La Guerra ai Pirati di Pompeo, il conflitto:

Per prima cosa Pompeo divise idealmente il Mediterraneo in 15 settori, a capo dei quali mise un proprio legato, cominciando poi a perseguire i nemici, prima in Occidente, scovando i principali quartier generali, e catturando un gran quantitativo di navi, proseguendo poi in Oriente dove strinse d’assedio le coste della Cilicia, dove Pompeo decise di condurre in prima persona le operazioni con le 60 navi meglio armate. Il generale romano aveva quindi prima ridotto all’obbedienza il Mediterraneo occidentale, per poi concentrarsi sulla più critica zona orientale dove si radunavano le forze nemiche maggiori. I pirati più temibili si rifugiarono nei pressi dei monti del Tauro attendendo l’attacco della flotta pompeiana nei pressi del promontorio di Coracesium, dove in seguito furono sonoramente sconfitti e poi assediati. Dati gli sviluppi i pirati si arresero insieme a tutti gli insediamenti da loro controllati, mettendo così fine alla guerra piratica in meno di tre mesi. Le navi catturate dai romani ammontavano a 71 più altre 306 consegnate dai pirati di loro spontanea iniziativa, gli uomini catturati furono circa 20.000, ma non tutti furono messi a morte, cosa che negli anni a venire avrebbe favorito il ricostituirsi di gruppi sbandati e bellicosi. Il grande successo ottenuto da Pompeo ebbe come conseguenza che sempre a lui fu affidato il compito di riorganizzare l’intera area del Mediterraneo orientale, portando quindi guerra al Re del Ponto, Mitridate VI, uscendone vincitore, non solo, Pompeo sconfisse anche Tigrane, Re d’Armenia, con cui stipulò trattati, conquistò la Siria di Antioco XIII, occupando in breve tempo Gerusalemme. Il Ponto e la Siria divennero nuove province di Roma.

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