La Rivolta di Spartaco

Spartaco guida la rivolta trascinando con se centinaia di gladiatori.
Spartaco guida la rivolta trascinando con se centinaia di gladiatori.
Probabilmente caduto in miseria, Spartaco era un pastore proveniente dalla Tracia, che forse per motivi economici, perorò inizialmente la causa romana, servendo sotto le armi della Res Publica. La sua fedeltà per Roma vacillò ben presto e fuggì dal corpo ausiliario presso il quale era arruolato, venendo così dichiarato disertore. La sua fuga fu di breve durata, catturato dai romani fu ridotto immediatamente in schiavitù, dopodiché fu addestrato come gladiatore e venduto a Lentulo Batiato, noto lanista della città di Capua.

Nel 73 a.C. Spartaco organizzò una vera e propria rivolta trascinando inizialmente con se almeno 200 gladiatori guidandoli alle pendici del Vesuvio da dove ebbero la meglio sulle prime avanguardie romane accorse per sedare i rivoltosi. I gladiatori guidati da Spartaco risultarono vittoriosi in altre battaglie, in particolare contro il pretore Publio Varinio e i suoi luogotenenti. Nell’occasione Spartaco sottrasse al pretore non solo il suo cavallo ma persino i simboli littori dell’esercito. Questo esercito di gladiatori che metteva in scacco le forti milizie romane, iniziava a fare proseliti, e col passare del tempo sempre più persone, in maggior parte contadini e schiavi, si unirono ai rivoltosi, fino a creare un regolare esercito discretamente armato, forte anche dei bottini razziati negli insediamenti della Campania. La linea di blocco che le legioni romane avevano creato attorno al Vesuvio, luogo dove si era stabilito Spartaco con i suoi uomini, fu infine spezzato, ciò permise ai rivoltosi di imperversare liberamente e poi di dirigersi verso il sud della penisola, continuando ad assestare sonore sconfitte ad un esercito, quello romano, sicuramente meglio armato e meglio addestrato.

Nel 72 a.C., i consoli Lucio Gellio e Gneo Cornelio Lentulo, scesero in campo con due legioni ciascuno. Una divisione di 20.000 schiavi celti e germani, comandata dal celta Crisso, uno dei luogotenenti di Spartaco, fu vinta in Puglia nei pressi del promontorio del Gargano, dal propretore di Gellio, Quinto Avio, che nell’occasione uccise lo stesso Crisso. Il grosso dell’esercito guidato da Spartaco contava ormai di almeno 100.000 unità, e a dispetto della sconfitta subita da Crisso che preferì dirigersi verso Sud, ottenne altre vittorie che gli spianarono la strada verso il nord Italia e di li verso le Gallie da dove avrebbe sicuramente ricevuto altri aiuti. Tuttavia i contadini, gli schiavi e i pastori che si erano uniti a lui nel corso della rivolta, preferirono rimanere in Italia per tentare un grande assalto a Roma. Spartaco, convinto dalla maggioranza acconsentì ma prese tempo sul da farsi cercando nuovi alleati. Guidò così il suo esercito fino in Lucania.
L’anno del 72 a.C. era quasi al termine e la rivolta degli schiavi iniziava ad essere per Roma un problema davvero spinoso. Il Senato chiese ed ottenne quindi che i consoli di quell’anno venissero sostituiti e che venisse posto al comando supremo il pretore Marco Licinio Crasso, l’uomo più ricco e potente di Roma in quel periodo. Crasso disponeva di ben otto legioni, le stesse che sarebbero servite anni dopo a Cesare per conquistare l’intera Gallia. Il suo piano era quello di circondare gli uomini di Spartaco, affidando al suo luogotenente Mummio tale compito. Mummio disubbidì agli ordini e si lanciò incautamente verso l’esercito dei ribelli. Le legioni romane vennero ancora una volta sconfitte e Spartaco poté dirigersi nell’odierna Calabria, presso la città di Turi. Qui, molti mercanti si erano già radunati per commerciare il bottino dei beni raccolti dagli schiavi, ma Spartaco proibì che ricevessero in cambio oro e argento: i suoi uomini dovevano accettare solo ferro e rame, necessari per forgiare nuove armi.

Morte di Spartaco.
Morte di Spartaco.

Spartaco si trovò così a dover cambiare i suoi piani e la risposta più immediata ai suoi dilemmi si trovava a pochi chilometri di mare da dove si trovava, la Sicilia. La Sicilia mai completamente pacificata, rappresentava un ottimo obiettivo per Spartaco per ravvivare la rivolta. Sfortunatamente per lui i pirati che gli avevano garantito le navi per l’attraversamento, lo tradirono dopo aver da lui ricevuto il compenso pattuito. I Romani nel frattempo sopraggiungevano. Crasso una volta individuati i ribelli, decise di sfruttare la morfologia di quel territorio per confinarli in quella regione, e per questo fece costruire un vallo presidiato dalla costa ionica a quella Tirrenica, lungo 55 km, per impedire qualsiasi rifornimento. Tutto fu inutile, Spartaco, approfittando di una notte di tempesta riuscì a passare il vallo presso Petilia e le vicine selve silane. A quel punto Crasso fu costretto a chiedere aiuto al Senato, che in tutta fretta richiamò Pompeo Magno che si trovava in Spagna, mentre dalla Macedonia sbarcava a Brindisi un altro grande generale romano: Lucullo.

Il cerchio si stringeva attorno a Spartaco, il quale decise di dirigersi verso Brindisi, probabilmente nel tentativo disperato di oltrepassare l’Adriatico. A questo punto, l’ennesima divisione degli schiavi tra galli e germani, capeggiati da Casto e Giaunico, indebolì questa volta decisivamente il suo esercito. I due capi ribelli mossero contro Crasso, che questa volta li sconfisse. Venuto a conoscenza dello sbarco di Lucullo, Spartaco ripiegò verso l’Apulia dove però c’erano ad attenderlo le milizie guidate da Pompeo. Presso il fiume Sele in Lucania si svolse la battaglia decisiva nella quale ben 60.000 schiavi ribelli, tra i quali lo stesso Spartaco, perirono. Il corpo del generale trace non fu mai riconosciuto, i romani nello scontro persero a malapena un migliaio di soldati, vennero poi fatti almeno 6.000 prigionieri, che Crasso, come monito verso altri che avrebbero potuto nutrire sentimenti di rivolta, fece crocifiggere lungo la via Appia.
Quel che rimaneva dell’esercito ribelle, più o meno 5.000 uomini, tentarono una precipitosa fuga verso nord, ma Pompeo li raggiunse e li annientò definitivamente, ponendo così ufficialmente la parola “fine” sulla rivolta servile.

I 6.000 prigionieri ribelli vennero crocefissi da Crasso lungo la Via Appia.
I 6.000 prigionieri ribelli vennero crocefissi da Crasso lungo la Via Appia.

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