Tuttavia se Ottaviano Augusto, nei primi anni del suo principato (18-17 a.C.), presentò e fece votare la sua “Lex Iulia Sumptuaria”, un fondo di verità sulla troppa ostentazione di ricchezza da parte di molti romani, esisteva. Augusto era notoriamente per la frugalità e la moderazione in ogni cosa, dal vestire al cibo, all’ostentazione della ricchezza, e questa sua legge conteneva alcune disposizioni che si proponevano di reprimere il lusso sfrenato durante i banchetti o nell’indossare certi abiti, di fatto l’inizio di una complessa riforma legislativa che mirava tra le altre cose a riportare l’ordine pubblico e a contrastare la dilagante criminalità.
LA FRUGALITà DEI ROMANI: IL BANCHETTO:
Approvata la legge di Augusto la frugalità dei romani si rispecchiò maggiormente durante i loro proverbiali banchetti. Secondo le usanze infatti, gli invitati erano soliti lasciare le calzature nell’androne d’entrata, per evitare di trascinare sporcizia all’interno dell’abitazione, ed erano così fissati per l’igiene che prima del banchetto, i partecipanti avevano la sana abitudine di lavarsi accuratamente le mani, e di farsi lavare i piedi dalla servitù, visto che adagiati sul triclinio, i commensali erano sprovvisti di qualsiasi tipo di calzatura. Questa grande accuratezza nell’igiene personale, veniva seguita dalla sobrietà del banchetto, almeno come significato morale. Solo pochi decenni più tardi, Seneca, già si lamentava di come i romani avessero perso le vecchie e sane abitudini, rimpiangendo di come fino a poco tempo prima si accontentassero di mangiare polenta di farro, legumi, pesci e frutta, esaltando la passata frugalità. Il farro fu per almeno tre secoli l’ingrediente base dell’alimentazione romana, in alternativa, in periodi di particolare carestia, questo poteva essere sostituito con l’orzo, anche se il celebre medico, Galeno, lo reputava buono solo per i cavalli. Con il farro i romani preparavano il “puls”, cioè la polenta, e la usavano così frequentemente tanto da essere presi in giro anche dai Greci stessi, che li chiamavano: “puliphagonides”, cioè grandi mangiatori di polenta. Torniamo però alle leggi che favorivano la morigeratezza imposte da Augusto, come si poteva controllare se le famiglie patrizie all’interno delle loro abitazioni, rispettassero tali direttive, e non si lasciassero andare al lusso più sfrenato? Nessuno infatti si sarebbe permesso di bussare alla porta per osservare ciò che veniva compiuto all’interno di una proprietà, anche perchè molto spesso si trattava di personalità di spicco della società romana, e quindi il sistema di controllo che venne approntato, fu a dir poco drastico. La legge infatti imponeva a chi organizzava un banchetto, che questo venisse allestito nell’atrio o nel vestibolo, rigorosamente con le porte aperte, affinchè chiunque fosse adibito al controllo, potesse guardare all’interno indisturbato senza per forza varcare la soglia d’entrata.
Tutto questo nelle stagioni calde non comportava particolari problemi, ma in autunno e in inverno con il freddo pungente, i romani dovevano abbandonare questa loro amata pratica? La risposta è assolutamente no, i modi per riscaldare un ambiente aperto esistevano grazie a numerosi bracieri mantenuti sempre attivi dagli schiavi, e anche i triclini venivano ricoperti da morbide e calde pelli di lana, che all’occorrenza potevano coprire anche il commensale stesso, il tutto al riparo di primitivi gazebo, costruiti con pali di legno o ferro e sormontati da pelli impermeabilizzate. Per un patrizio niente era più invitante di una mensa e di un letto allo stesso tempo, e c’era anche di più perchè ogni banchetto che si rispettasse era allietato anche da suonatori, danzatori e poeti, ma come abbiamo detto Augusto invitava alla sobrietà e lui stesso ne era l’esempio, durante i suoi viaggi mangiava prevalentemente pane e uva e nei banchetti che organizzava per i suoi ospiti, imponeva altrettanta moderazione. Per concludere, nonostante la legge voluta dal Principe, molti continuavano ad essere esagerati nelle loro ostentazioni, ma era un comportamento altamente disapprovato che andava disincentivato, a Roma infatti uno dei principi più apprezzati era la frugalità, la moderazione, per un buon romano era infatti possibile riuscire a godere comunque di qualsiasi cosa pur rimanendo nella ferrea continenza, cosa che fondamentalmente distingueva la civiltà romana da quella barbarica.
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