La vita del legionario

In questo articolo tratteremo la vita del legionario. Abbiamo infatti parlato già in diverse occasioni in questo blog della disciplina dell’esercito romano e della sua grande efficienza in battaglia, cosa che consentì a Roma di estendere i suoi confini oltre ogni previsione. Oggi vogliamo però soffermarci sulla vita del legionario, e su quanti sacrifici dovevano fare quegli uomini per far diventare quella macchina, un ingranaggio perfetto.

La vita del legionario
La vita del legionario

La vita del legionario:  premessa:

Certamente è per buona parte merito delle legioni romane, se ancora oggi, dopo due millenni, si parla ancora della grande potenza e vastità dell’Impero romano. I legionari nel corso dei secoli entrarono in contatto con tantissimi nemici, ognuno dei quali diverso dagli altri, per armamento e per tattiche militari, e il loro merito fu senza dubbio di far tesoro di ogni esperienza, per potersi adattare alle diverse morfologie dei territori sottomessi, e per meglio affrontare e sconfiggere gli eserciti che si contrapponevano di volta in volta. Prima di tutto però va fatta una premessa di non poco conto, la vita del legionario romano si modificò radicalmente di secolo in secolo, tenendo conto che in epoca règia e in epoca repubblicana, il soldato non era altro che un civile, inquadrato nei ranghi militari. Solo successivamente infatti, in epoca imperiale, il legionario, divenne un militare di professione, stipendiato e armato regolarmente dallo Stato, al fine di estenderne, ma anche di difenderne i confini.

Con la riforma promossa da Ottaviano Augusto, la carriera militare veniva ancor più regolarizzata, e non era alla portata di tutti. Era infatti necessario rispondere a qualità fisiche particolari, per esempio, bisognava avere una statura pari ad almeno 1,60 m, per entrare nell’esercito, per la prima coorte invece venivano selezionati solo uomini alti da 1,65 in su, per i cavalieri inoltre la statura doveva essere di almeno 1,72. Altri particolari non meno importanti erano la cittadinanza e la cultura, ogni futuro legionario doveva obbligatoriamente essere un cittadino romano e doveva sapere leggere e scrivere, doveva essere inoltre di costituzione robusta ed essere dotato di buona vista e udito. Veniva poi svolta anche un’indagine su ciascun candidato, affinchè la moralità fosse assoluta evitando quindi l’arruolamento di alcune “mele marce” che ambivano ad entrare nelle legioni solo per sottrarsi a qualche condanna pregressa. Di norma i nuovi soldati arruolati avevano un’età che poteva variare fra i 17 e i 23 anni, mentre la coscrizione (dilectus), che poteva avvenire in casi particolarmente urgenti, ampliava il bacino d’utenza fino a cittadini con età massima di 46 anni.

La vita del legionario, una volta superati tutti questi ostacoli, proseguiva con la “probatio”, ovvero una serie di prove fisiche della durata di quattro mesi, che stabilivano se il soggetto in questione fosse pronto per un’unità di prima linea, o per un reparto più defilato, al termine di questo periodo di prova, veniva inquadrato nei ranghi prestando un solenne giuramento (sacramentum). Già in età règia e repubblicana veniva effettuato questo giuramento, con la differenza che veniva prestato in onore del comandante, mentre in epoca imperiale veniva dedicato all’imperatore. Dopo il giuramento la vita del legionario proseguiva con un altro periodo di addestramento che culminava con il marchio, un tatuaggio che veniva fatto il più delle volte su di un braccio, che poteva indicare la legione di appartenenza, utile anche per individuare possibili diserzioni.

La vita del legionario
La vita del legionario

La vita del legionario: addestramento e paga:

Ancora in tenera età, i bambini romani, sentivano parlare delle coraggiose gesta dei loro padri e dei loro avi in battaglia, e alcuni dei loro passatempi principali non potevano che essere dei finti combattimenti con spade giocattolo, fino a che all’età di 12 anni potevano inziare a frequentare le palestre. Qui i ragazzi iniziavano attività fisica, specializzandosi nella lotta, nella corsa e perfezionando l’uso delle armi di legno. La differenza con il mondo greco, anch’egli amante dell’attività fisica, è sostanziale, se infatti in Grecia questa attività era finalizzata alla cura e al benessere del proprio corpo, a Roma questa era vista esclusivamente come una preparazione alla guerra. Il fisico doveva essere pronto a sopportare l’enorme peso di armi e armatura, a marciare e a volte correre con carichi che potevano arrivare anche a 35 kg, per questo era necessario rinforzare varie parti del corpo. Molto spesso erano i padri che portavano i figli in palestra, ma erano gli schiavi che si occupavano della loro preparazione, e seguirne gli esercizi. All’età di 17 anni i ragazzi entravano nell’esercito e si preparavano ad affrontare la vita d’accampamento e l’addestramento militare. L’addestramento solitamente iniziava con una serie di marce estenuanti, circa 30 km a passo di soldato, oppure 36 km a passo più veloce, il tutto con circa 35 kg di peso sulle spalle, fra viveri, indumenti, armi, e utensili di vario tipo. Non appena il soldato raggiungeva una forma ottimale, iniziava subito l’allenamento con le armi di legno,e a tal fine, nel terreno venivano conficcati dei pali di legno che le reclute dovevano colpire. Per addestrarsi alla difesa i ragazzi venivano dotati di uno scudo in vimini normalmente di peso doppio rispetto ad uno regolare, dopo di che alle reclute veniva insegnato a colpire l’addome, e le gambe, ma soprattutto a non colpire di taglio con larghi fendenti, come facevano di norma i barbari, per non scoprire troppo il fianco destro. Oltre a padroneggiare perfettamente scudo e gladio, il legionario doveva essere in grado di lottare a mani nude, abile nell’andare a cavallo, nuotare, usare la fionda e tirare con l’arco. Non meno fondamentale era l’uso del giavellotto, con il quale le giovani reclute si allenavano assiduamente, con attrezzi più pesanti rispetto a quelli di ordinanza.

E per quanto riguarda la paga? Con la già citata riforma Augustea, che trasformò il servizio militare, da occasionale ad attivo e permanente, vennero differenziate anche le paghe in base al rango e al ruolo che ogni reparto assumeva in battaglia. Per esempio lo stipendio di un cavaliere di ala, e cioè che proteggeva i fianchi della fanteria, poteva aggirarsi sui 250 denari, mentre quello di un cavaliere ausiliario sui 150 o 200, di solito i reparti meno pagati erano gli ausilari appiedati. E i legionari? come previsto dal diritto romano, il saccheggio di un insediamento appena conquistato, voleva che ogni bene e ogni persona entrassero in possesso dei vincitori, il bottino di guerra però era di esclusiva proprietà dello Stato, e ogni soldato era tenuto a consegnare tutto ciò che prendeva, c’era però un donativo, un’elargizione straordinaria concessa ai legionari, al termine di una campagna militare vittoriosa, oltre naturalmente ad altri benefit, che potevano essere la paga doppia, oppure una doppia razione di cibo, oppure ancora ad altre onoreficenze, come ad esempio, l’elogio pubblico. Quest’ultima in particolare era tenuta in grande considerazione dalla società romana, mentre i beni materiali ottenuti, venivano esposti in bella mostra negli atri delle proprie abitazioni.

Ogni decorazione era naturalmente proporzionata all’atto compiuto, ad esempio a chi avesse ucciso un barbaro in battaglia, veniva donata una lancia, a chi avesse per primo scalato le mura nemiche veniva donata una corona muraria, che dal II secolo d.C., era in oro puro, molto apprezzate erano però anche le decorazioni minori, come bracciali in oro o argento (Armilla), collane in bronzo (Torquis), e piccoli corni in metallo, solitamente applicati sull’elmo. Altre ricompense molto apprezzate per meriti di buona condotta, erano senza dubbio l’esonero  dai compiti più pesanti, come la costruzione dell’accampamento, o la partecipazione ai turni di guardia.

La vita del legionario: durata del servizio:

Durante il periodo repubblicano la ferma poteva durare al massimo 16 anni, nel 13 a.C., Ottaviano Augusto differenziò il servizio per reparti, e portato a 12 anni per i pretoriani, ancora a 16 per i legionari-cittadini, e aumentato a 20 per gli ausilari. Tuttavia pochi anni più tardi, nel 5 d.C., vedendo che nessun soldato accettava di servire un solo giorno oltre la scadenza, Augusto stabilì dei premi per favorire una ferma più lunga, in particolare stanziò 20.000 sesterzi ad ogni pretoriano che rimanesse fino al sedicesimo anno di servizio, e 12.000 sesterzi ad ogni legionario che arrivasse ai 20 anni. Nel tardo impero però i fondi da reperire divennero sempre più difficili, e i pagamenti sempre più irregolari, così ogni soldato poteva congedarsi dopo 20 anni di servizio, ma se avesse proseguito fino a 24 avrebbe raccolto maggiori benefici e privilegi. Ma era possibile fare carriera nell’esercito? la risposta è assolutamente si!, per passare da soldato semplice a centurione prima lancia, occorrevano circa 14 anni di servizio, una volta ottenuta questo passaggio di grado si aprivano le porte ad altri privilegi, come ad esempio un lauto aumento della paga, (anche 60 o 70 volte superiore alla paga di un cadetto!), i tempi però si potevano ridurre con eclatanti atti di valore. Quando i più valorosi e fortunati riuscivano ad arrivare alla fine del servizio, venivano congedati con un diploma chiamato “Honesta Missio”, che da Augusto in poi veniva consegnato sia a legionari romani che ausiliari. inoltre veniva riconosciuta un’indennità in denaro, o in beni, come appezzamenti di terreno da coltivare, agli ausiliari poteva anche essere riconosciuto il massimo privilegio, ovvero la cittadinanza romana, con la facoltà di contrarre matrimonio legittimo. Era poi possibile, per alcune categorie, di ottenere un congedo anticipato, con gli stessi benefici, in particolare per i soldati ammalati gravemente o per le importanti ferite rimediate in battaglia, altri ancora potevano essere congedati per volere del comandante. Vi era poi la totale perdita di benefici per coloro che venivano congedati con disonore, per atti deplorevoli. I legionari ormai in congedo venivano chiamati veterani e in caso di richiamo alle armi venivano chiamati evocati.

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https://www.capitolivm.it/esercito-romano/la-vita-del-soldato-romano/

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