Domiziano e il suo regno del terrore

A proposito di Domiziano e il suo regno del terrore, Plinio il giovane scriveva:

“Quella belva disumana aveva fortificato il palazzo imperiale con un violentissimo terrore, ora come rintanata in un qualche antro beccando il sangue dei congiunti, ora levandosi a sanguinosi massacri di illustrissimi cittadini. Orrori e minacce si aggiravano dinnanzi alle porte del palazzo, e una paura uguale sia per coloro che vi erano ammessi, sia per quelli che ne erano esclusi. Nessuno osava avvicinarsi, nessuno rivolgere la parola a lui che cercava sempre le tenebre e la solitudine e non usciva mai dal suo deserto se non per fare il deserto…”.

Domiziano e il suo regno del terrore
Domiziano e il suo regno del terrore

DOMIZIANO E IL SUO REGNO DEL TERRORE, CONTESTO STORICO:

Plinio il giovane che visse proprio in quegli anni e fu testimone oculare della ferocia di Domiziano, ci lascia ben immaginare in quale terribile clima si vivesse a Roma in quel periodo.  Dal 68 d.C., anno in cui si concluse il regno di Nerone, ben quattro imperatori si alternarono nell’arco di soli 12 mesi, nell’ordine Servio Sulpicio Galba subentrò all’eccentrico sovrano, dopo di che fu la volta di Marco Salvio Otone e Aulo Vitellio, che si alternarono per pochi mesi, e infine a mettere ordine a quel tribolato periodo, arrivò dalla Giudea, Tito Flavio Vespasiano, che sistemò le casse dello stato e governò con saggezza per un decennio. Dal 79 d.C.,  alla morte di Vespasiano, fu il turno del primogenito, Tito, che purtroppo regnò per soli due anni, prima di morire ancora in giovane età, probabilmente a causa della malaria. Tuttavia Tito in questi due anni si distinse per il suo buon governo, tanto da essere acclamato dal popolo come “delizia del genere umano”.

DOMIZIANO E IL SUO REGNO DEL TERRORE, L’EMARGINAZIONE, E IL COMANDO:

Dall’81 d.C., alla morte di Tito, fu la volta dell’allora trentenne Cesare Domiziano Augusto. Egli appariva da sempre come un soggetto problematico, con un carattere fondamentalmente represso, sia per sua natura che per la condizione di emarginazione in cui era stato tenuto dalla sua stessa famiglia.  Già suo padre Vespasiano non lo vedeva di buon occhio a causa della sua indolenza e della sua grande arroganza, tanto meno il fratello Tito, contro il quale Domiziano aveva addirittura cospirato, per gli stessi motivi, lo estromise dagli affari di stato, evitando di assegnargli incarichi rilevanti, e comandi militari, ma attribuendogli solo alcune formali cariche onorifiche. Domiziano quindi, da sempre cresciuto in questa condizione di perenne inferiorità, si incattivì notevolmente e in particolare il suo carattere ne uscì irrimediabilmente compromesso, e condizionato da questa situazione. Una volta divenuto imperatore, Domiziano si tramutò in breve tempo in un tiranno sanguinario, esercitando il potere con autorità  e forza., anche se va detto, ad onor del vero, che il nuovo imperatore tenne sempre alto il nome di Roma.

Sarebbe infatti ingiusto non attribuire a Domiziano gli indiscussi meriti di aver completato la conquista della Britannia, di aver sconfitto la tribù dei Catti sul Reno, e di aver riorganizzato le provincie ad ovest del fiume, si diresse poi personalmente sul Danubio per guidare l’esercito impegnato a fermare le pericolose invasioni dei Quadi e dei Sarmati, e concludendo un accordo di pace con il Re, Decebalo. Il suo grande dinamismo lo portò anche in Africa, dove la sua risolutezza fu determinante nel reprimere una rivolta dei Mauri. Anche sul fronte interno, Domiziano si rivelò un ottimo amministratore, riorganizzò l’intero apparato burocratico, perseguendo ogni forma di corruzione, assicurandosi personalmente che ogni funzionario, amministratore o governatore, svolgesse il suo lavoro con onestà ed equità. Inoltre focalizzò la sua attenzione nel procurarsi il favore del popolo, organizzando sontuosi giochi gladiatorii, naumachie e grandi distribuzioni di grano e di denaro, come ad esempio quando donò ai circa 200.000 romani aventi diritto, 300 sesterzi. Domiziano si mostrò equilibrato anche in campo economico, si stima che in quegli anni il gettito fiscale fosse di 1.200 milioni di  sesterzi, un terzo dei quali destinati al mantenimento delle legioni, favorì inoltre la prosperità delle province, incoraggiando il commercio anche con terre lontane come l’India o la Cina.  Fino a qui sembrerebbe che anche l’ultimo dei Flavi fosse un sovrano illuminato, ma Domiziano in realtà era estremamente autoritario, e quando avvertì crescere attorno a se odio e ostilità, divenne sempre più diffidente, lasciando spazio alla sua crudeltà.

DOMIZIANO E IL SUO REGNO DEL TERRORE, LA PERSONALITA’:

Fin dai primi tempi, l’ottavo imperatore di Roma, si caratterizzò per le sue controversie caratteriali, freddo, distaccato, arrogante spesso oltre ogni limite, e lussurioso, in più di un’occasione si rivelò particolarmente incline alla crudeltà e alla ferocia. Domiziano però era anche in grado di essere un uomo riflessivo e di spirito, capace di conversare elegantemente, frutto della sua educazione, propria dei giovani di classe senatoria, che comprendeva la retorica, la legge e la letteratura, amava inoltre la cultura e le tradizioni elleniche. Per capire però a quale grado di follia arrivassero le strane abitudini dell’imperatore, basta leggere ciò che scriveva lo storico Aurelio Vittore:

“Aveva l’abitudine di isolarsi per qualche ora unicamente allo scopo di inseguire battaglioni di mosche che trafiggeva con uno stilo pungentissimo”.

Domiziano era poi grande appassionato di tiro con l’arco, con il quale si diceva che avesse una mira praticamente infallibile, a tal proposito si racconta che molto spesso ordinasse a qualche suo schiavo di collocarsi ad una certa distanza da lui, con la mano destra bene aperta, allo scopo di usarla come bersaglio, facendo poi partire le frecce in modo che passassero fra le dita senza procurare danni. Anche Domiziano, come Nerone, era molto raffinato, ma a differenza del suo controverso predecessore che amava circondarsi di giullari e personaggi a dir poco improbabili,  era molto introverso e spesso silenzioso. In molte occasioni non pose alcun limite alla sua innata libidine, organizzando orge a palazzo con diverse prostitute, non facendosi mancare neppure alcune realzioni omossessuali, tuttavia era sinceramente innamorato della sua bellissima moglie, Domizia, anch’ella dai costumi piuttosto liberi, e quando Domiziano scoprì uno dei suoi amanti, l’attore Paride, lo fece uccidere in strada senza troppi complimenti. Paride era un personaggio molto consociuto a Roma, e per alcuni giorni, diversi cittadini depositarono dei fiori nel luogo dove l’attore venne ucciso. Quando Domiziano venne a sapere di questi atti di deferenza, fece identificare quanti si erano resi protagonisti di quel gesto, facendo uccidere sul posto anche loro. Pochi giorni dopo fece assassinare anche un allievo di Paride, benchè fosse ancora un fanciullo, per il solo motivo che troppo gli ricordava l’odiato maestro. A differenza del fratello Tito, Domiziano sapeva fin troppo bene cosa voleva ottenere dai suoi piani, diabolicamente lucidi e pianificati nei minimi dettagli, le sue esecuzioni raggiunsero livelli di crudeltà mai visti, in una di queste occasioni si racconta che Elvio Agrippa, uno dei pontefici, venne colto da malore per aver assistito alle atroci torture subite da un suo collega senatore. Domiziano era un uomo subdolo e dotato di un’astuta crudeltà, non pronunciò mai una sentenza di morte senza farla precedere da parole gentili e rassicuranti al punto che ad ogni discorso pieno di clemenza era già chiaro a tutti l’atroce epilogo. Celebre fu l’episodio che vide come triste protagonista il suo tesoriere personale, quando venne invitato nelle stanze dell’imperatore, il quale lo invitò a sedersi sul suo stesso letto, dopo di che al termine un’amabilissima conversazione culminata con un rassicurante congedo, seguì la sua crocifissione nel fòro romano.

Domiziano e il suo regno del terrore, ipotetica ricostruzione del volto di Domiziano
Domiziano e il suo regno del terrore, ipotetica ricostruzione del volto di Domiziano

L’ODIO VERSO I SENATORI:

Il crescente malcontento del Seanto verso l’operato del sovrano, portò quest’ultimo a rinchiudersi ancor di più in se stesso, diffidando praticamente di tutti, svuotando poi di ogni potere l’antica istituzione, relegandola al misero compito di ratificare ogni sua decisione. Molti senatori vennero uccisi, molti altri furono costretti al suicidio e tanti altri ancora esiliati, senza che l’imperatore ne motivasse i reati, e quando accadeva, nella maggioranza dei casi erano puramente inventati e assurdi. Per questa sua violenta condotta, divenne sempre più odiato e mal visto da tutti, il che lo portò ad aumentare notevolmente le sue paranoie su presunte congiure nei suoi confronti, tanto da far rivestire tutte le pareti dei suoi ambienti domestici da materiali riflettenti che gli permettevano in ogni momento di vedere ciò che succedeva alle sue spalle.

Nel 90 d.C., un’autentica congiura venne organizzata nei confronti di Domiziano da parte del governatore della Germania Superiore, Lucio Antonio Saturnino. Appena saputo di ciò l’imperatore alla guida della guardia pretoriana, si diresse verso il fronte stroncando sul nascere la minaccia e mettendo a morte tutti quelli che erano coinvolti, ma anche chi era solo lontanamente sospettato. I giustiziati alla fine furono talmente numerosi che per nasconderli e renderli più “accettabili”, Domiziano fu costretto ad impedirne la registrazione sugli atti ufficiali. Sull’onda emotiva di quest’episodio l’epurazione continuò con Elio Lama, eminente cittadino, giustiziato per aver fatto una battuta non gradita all’imperatore, Salvio Cocceiano, eliminato solo perchè si era permesso di onorare la memoria del suo defunto zio, l’imperatore Otone. Stessa sorte toccò anche a Mettio Pompusiano, eliminato perchè si diceva che un indovino gli avesse preannunciato il principato. La furia omicida di Domiziano non si placò neppure nei confronti di suoi famigliari, è il caso di Tito Flavio Sabino, Flavio Clemente e di sua moglie Flavia Domitilla con i suoi sette figli, fatti giustiziare per essersi convertiti al cristianesimo.

Domiziano avversò poi qualsiasi religione orientale, perseguitando giudei e cristiani, accusandoli di ateismo perchè si rifiutavano di fare sacrifici all’imperatore. Nonostante la sua ferocia, l’ultimo dei Flavi viene però anche ricordato per essere stato un grande costruttore di opere pubbliche, spendendo grandi quantità di denaro, potenziò la rete viaria in tutto l’impero, costruì i templi di Minerva e di Vespasiano, nel fòro, e innalzò il celebre stadio da 30.000 posti per i Ludi Capitolini, individuabile oggi nel perimetro di piazza Navona. Costruì inoltre un grande bacino sul Tevere adatto per organizzare le naumachie, arricchì il Colosseo e completò l’arco di Tito.

LA MORTE DI DOMIZIANO:

Svetonio ci narra che nei mesi precedenti la sua fine, Domiziano ebbe numerosi segni premonitori che gli annunciarono la sua morte. In virtù di ciò divenne ancora più impaurito e sospettoso del solito, non fidandosi neppure dei suoi più vicini collaboratori. Alla fine furono proprio loro ad organizzare la congiura decisiva, forse per la paura di essere eliminati. Venne così messo in piedi un complotto che vedeva coinvolti diversi senatori, la moglie Domizia, il segretario Entello, i cortigiani Partenio e Sigerio e i prefetti Norbano e Petronio. Il compito di sferrare il fendente mortale fu lasciato al liberto Stefano, che nell’organizzazione del piano sarebbe stata la figura più vicina all’imperatore. Nel giorno stabilito, Stefano chiese udienza a Domiziano per informarlo urgentemente di una congiura, e mentre l’imperatore era concentrato a leggere la lista dei nomi coinvolti, il liberto estrasse da una finta fasciatura ad un braccio, un pugnale e colpì il sovrano al ventre. La ferita però non risultò mortale, il che permise a Domiziano di difendersi con veemenza, almeno fino a quando non sopraggiunsero anche gli altri congiurati che lo finirono con altre sette pugnalate. L’ultimo dei Flavi morì così il 18 di settembre del 96 d.C., all’età di 44 anni, il corpo venne subito affidato alla sua nutrice, Fillide, che dopo avergli reso gli ultimi onori, ne depositò le ceneri in gran segreto, all’interno del Tempio dei Flavi. La notizia della morte di Domiziano venne accolta con indifferenza dal popolo, ma con indignazione dai soldati, che infatti poco tempo dopo ne vendicarono la memoria, facendo condannare i congiurati. Grande gioia invece in Senato che decretò nei suoi confronti l’infamante “Damnatio Memoriae”.

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