Guerre Cimbriche

Le Guerre Cimbriche combattute dalla Repubblica Romana guidata dal console Gaio Mario, si svolsero dal 113 a.C. al 101 a.C., in un contesto dove le tribù germaniche, durante i loro continui spostamenti, iniziarono a  minacciare da vicino i territori sotto il controllo di Roma.

Guerre Cimbriche
Guerre Cimbriche

Guerre Cimbriche, contesto storico e casus belli:

Le guerre cimbriche si rivelarono fin dai primi momenti una questione molto seria per Roma, le tribù dei Cimbri e dei Teutoni, si spostarono dal nord Europa, migrando fino ai confini settentrionali dei domini romani, entrando perciò in conflitto con Roma e con le popolazioni alleate. Questi eventi crearono molta apprensione, e i romani, per la prima volta dai tempi di Annibale, iniziarono a sentirsi veramente minacciati da vicino.

In quegli anni, il dominio celtico nel cuore dell’Europa era in notevole declino, le tribù germaniche quindi, approfittandone, iniziarono a muoversi in cerca di nuove sistemazioni. In particolare esse miravano al superamento del fiume Reno per stanziarsi in Gallia, e perchè no, in Iberia, mentre ad est, un passaggio del Danubio avrebbe potuto garantire loro uno sconfinamento in tutti i Balcani. Proprio questa ultima possibilità preoccupava i romani, ma ancor di più le popolazioni alleate del Norico, e per questo motivo Roma decise di intervenire in loro protezione. Le forze messe in campo furono notevoli, nel corso di tutti gli anni di guerra, si stima che i romani misero in campo tra le sei e le 9 legioni, con almeno 5.000 cavalieri impegnati, mentre per quanto riguarda i germani possiamo solo ipotizzare i circa 30.000 guerrieri per popolo.

Guerre Cimbriche, le fasi della guerra:

Le prime fasi della guerra, avvenute nel 113 a.C., non furono certo incoraggianti, il console Gneo Papirio Carbone, vista l’avanzata di quelle tribù di cui ben poco si sapeva, tentò coraggiosamente di bloccarne l’impeto, impedendo loro di fare rotta sull’Italia, anche se erano passati secoli, era ancora vivo nell’animo di Roma il sacco compiuto dal Re dei Galli, Brenno nel 390 a.C.. Lo scontro avvenne presso l’insediamento di Noreia (odierna Krainburg, in Slovenia), ma la battaglia si trasformò ben presto in un’autentica disfatta per i romani. Tuttavia, nonostante la vittoria, i Cimbri e i Teutoni non seppero approfittarne, anche perchè, la battaglia appena terminata aveva lasciato qualche segno all’interno delle loro fila, così preferirono cambiare percorso per dirigersi in Baviera, dove sostarono alcuni mesi.

Le fasi successive della guerra videro altri rovesci romani non di poco conto, ma andiamo con ordine: Nel 109 a.C., l’avanzata germanica arrivò in Gallia, costringendo il proconsole Marco Giunio Silano ad intervenire prontamente, purtroppo per Roma, i 16.000 fanti impegnati vennero sconfitti, ma c’era di peggio, le popolazioni galliche che mal tolleravano il giogo romano, approfittarono della situazione per dare man forte alle armate cimbriche. Nel 107 a.C., un clan degli Elvezi riuscì a sconfinare in territorio romano, così il console Lucio Cassio Longino, forte di ben sei legioni e di almeno 6.000 cavalieri si diresse nel sud della Francia, verso l’odierna Tolosa, per impedirne l’avanzata. Le forze miste di Galli e Germani vennero sbaragliate dal console romano che però commise il grave errore di continuare la sua marcia con tutte le salmerie al seguito, quasi come fosse un normale trasferimento. Le forze romane venute così a trovarsi lontane dai propri confini, nei pressi dell’odierna Bordeaux, vennero violentemente attaccate e la sconfitta fu devastante, ben 35.000 soldati romani persero la vita, fra i quali lo stesso console Cassio. I pochi superstiti riuscirono a salvarsi solo grazie a Gaio Popilio Lenate, l’ufficiale di più alto grado rimasto in vita, il quale dovette però accettare l’umiliazione di far passare i propri uomini sotto il giogo, fra gli scherni dei nemici. Nel 106 a.C., il console Quinto Servilio Cepione, marciò su Tolosa con ben otto legioni a disposizione, per punire quelle popolazioni che si erano ribellate. Occupata la città, il console si imbattè in un vero e proprio tesoro, di cui una leggenda narra che fosse stato scoperto sotto la melma di un lago vicino, dopo essere stato completamente prosciugato. Si narra che i romani si impadronirono di ben 50.000 lingotti d’oro e di circa 15.000 talenti sempre d’oro. Durante il tragitto di ritorno queste immense somme sparirono, si dice per opera di alcuni squadroni di predoni, ma alcuni sospettavano dello stesso console, che comunque venne confermato al comando anche per l’anno successivo. A lui si unì nelle operazioni l’altro console Gneo Mallio Massimo, ma la loro collaborazione si rivelò subito molto difficile. Nel 105 a.C., i due consoli si scontrarono nuovamente e alternativamente con Cimbri e Teutoni, rimediando due nuove rilevanti sconfitte nei pressi di Arausio (odierna Orange). Cimbri e Teutoni anzichè infierire preferirono, involontariamente, concedere una tregua, concentrando i loro sforzi verso la penisola iberica. Tutto ciò a beneficio di Roma, che dopo le sconfitte dei consoli in Gallia, lasciava un varco incustodito da poter sfruttare per irrompere in Italia in breve tempo.

Francesco Saverio Altamura, Mario vincitore dei cimbri, 1863 circa
Francesco Saverio Altamura, Mario vincitore dei cimbri, 1863 circa

Guerre Cimbriche, rivincita dei romani:

Nel 102 a.C., di ritorno dalla penisola iberica, Cimbri e Teutoni decisero di puntare verso l’Italia, questi ultimi avrebbero dovuto puntare verso sud dalle coste del Mediterraneo, mentre i Cimbri avrebbero dovuto puntare ad entrare da nord, attraversando il passo del Brennero. La loro tattica favorì le armate romane che grazie alle più corte linee di approvvigionamento, potevano accorrere in breve tempo nel luogo necessario allo scontro. nel frattempo Gaio Mario, l’Homo novus che avrebbe modificato in modo sostanziale l’esercito romano e il suo modo di combattere, aveva addestrato al meglio i propri uomini sottoponendoli ad addestramenti durissimi come mai era avvenuto, abituandoli anche a sopportare le fatiche senza lamentarsi, lunghe marce, allestimento di accampamenti e costruzione di macchine da guerra erano all’ordine del giorno, cosa che fece guadagnare loro il soprannome di “muli di Mario”. Gaio Mario decise di affrontare prima i Teutoni che in quel momento si trovavano nella Gallia Narbonense, per prima cosa si recò quindi ad Aquae Sextiae (odierna Aix en Provence), insediamento fondato dal console Sestio Calvo pochi anni prima, in modo da sbarrare loro il cammino. Subito alcuni contingenti germani in avanguardia, attaccarono le postazioni romane, senza attendere i rinforzi e almeno 30.000 di loro persero la vita. Mario poi schierò un piccolo reparto di 3.000 unità per tendere una imboscata al grosso dell’esercito che stava avanzando, attaccati così frontalmente e alle spalle, i germani cedettero perdendo sul terreno circa 100.000 guerrieri, mentre quasi altrettanti furono fatti prigionieri. Nel 102 a.C., il collega di Mario, Quinto Lutazio Catulo, tentò senza successo di impedire ai Cimbri di forzare il passo del Brennero, Gaio Mario, appresa la notizia, partì da Roma, dove nel frattempo era tornato per essere rieletto console, per riunirsi con Catulo e i suoi uomini, nell’estate del 101 a.C., avvenne lo scontro decisivo, nei pressi di Vercelli, in una località, conosciuta ai tempi come Campi Raudii. Il 30 luglio di quell’anno in una mattina nebbiosa i due eserciti si schierarono a battaglia, ed è proprio la nebbia che Mario decise di sfruttare a suo favore, la sua cavalleria infatti partì subito all’attacco, attaccando quella germanica che ancora andava schierandosi, l’impeto dei romani spinse la cavalleria romana fra le fila dei fanti, anche loro ancora in procinto di schierarsi, la grande confusione che si venne a creare favorì il successo dei romani che subirono pochissime perdite, mentre i germani vennero totalmente annientati. Si stima che le loro perdite si siano aggirate attorno alle 65.000 unità, mentre i sopravvissuti vennero tutti ridotti in schiavitù. Altre popolazioni galliche, che nel frattempo si erano alleate ai germani e che erano in procinto di entrare in Italia, desistettero dalle loro intenzioni e fecero rientro nelle loro terre. Gaio Mario e Lutazio Catulo, fecero rientro a Roma dove celebrarono un sontuoso trionfo, anche se per l’opinione pubblica, il merito del successo era tutto da attribuire a Mario. In seguito Catulo venne in contrasto con Mario, divenendone uno dei suoi più acerrimi rivali politici, Mario per ricompensa ricevette il consolato anche per l’anno 100 a.C., ma gli eventi seguenti, non furono per lui propizi.

Si ringrazia per le foto:

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_cimbriche

https://www.romanoimpero.com/2011/02/i-celti.html

 

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