I Legionari di Giulio Cesare

I legionari di Giulio Cesare, passarono certamente alla storia per la loro fedeltà e per la loro indomita tenacia sui campi di battaglia. Legati da un profondo legame di fedeltà,  anche clientelare, al loro generale, i legionari di Giulio Cesare, hanno sempre rappresentato un’icona per quanto riguarda la macchina bellica romana, nel corso della sua intera storia.

I Legionari di Giulio Cesare

I LEGIONARI DI GIULIO CESARE, LA DECIMA LEGIONE:

La formazione di questa legione potrebbe risalire al periodo antecedente alla conquista della Gallia, alcuni collocano la sua formazione già ai tempi della guerra sociale fra Mario e Silla, fra il 90 e l’89 a.C., altri invece nel 72 a.C., quando la troviamo già stanziata nei territori della Gallia Transalpina.  Il proconsole dellle Gallie si servì di questa legione nel 58 a.C., e il valore dei suoi uomini in battaglia fu tale che lo stesso Cesare, in seguito, la scelse come guardia del corpo personale. Il livello di fiducia che Cesare nutriva negli uomini della Decima, era talmente alto che quando Ariovisto, Re dei Cherusci, chiese di parlamentare con il generale romano, chiese che a scortarlo fossero soltanto soldati di cavalleria, approfittando di ciò, Cesare prese i fanti della decima legione e li fece montare a cavallo, così che fossero solo loro stessi ad accompagnarlo. Questi fortissimi soldati si distinsero in molte occasioni, a Bibracte contro gli Elvezi, in Alsazia contro i Germani, sul fiume Sabis nel 57 a.C.. accompagnando ancora Giulio Cesare nelle prime spedizioni in Britannia, ma soprattutto ebbe un ruolo fondamentale nello storico e drammatico assedio di Alesia, che culminò con la resa di Vercingetorige.

I LEGIONARI DI GIULIO CESARE, MARCO CASSIO SCEVA:

Nei commentari di Giulio Cesare, riguardanti la conquista della Gallia e la guerra civile che lo vide contrapposto a Pompeo Magno, non c’è spazio solo per gli interi reparti, ma in molte cirocostanze vengono rimarcate le imprese eroiche di alcuni singoli soldati, la cui profonda devozione nei confronti del loro generale, li spinsero a compiere gesta veramente degne di nota. A tal proposito è emblematico il caso di Marco Cassio Sceva che si distinse durante la battaglia di Durazzo contro i soldati di Pompeo. In una giornata si svolsero ben sei diversi scontri nei quali, secondo Cesare, 2.000 pompeiani persero la vita, mentre solo 20 dei suoi caddero, sottolineando però come quasi tutti i suoi soldati rimasero in qualche modo feriti, vediamo come lo stesso Cesare racconta i fatti:

«Così, in una sola giornata, si svolsero sei battaglie, tre presso Durazzo e tre presso le fortificazioni. Facendo un conto complessivo, calcolavamo a circa duemila uomini le perdite dei pompeiani, tra i quali molti richiamati e centurioni, e tra questi Valerio Fiacco, figlio di quel Lucio che era stato pretore in Asia; furono prese anche sei insegne militari. Le nostre perdite non ammontarono a più di venti uomini in tutti gli scontri. Ma non vi fu neppure un soldato, di quelli del fortino, che non riportasse delle ferite; quattro centurioni dell’ottava coorte persero la vista. Volendo presentare una prova della fatica e dei rischi che avevano corso, contarono davanti a Cesare circa tremila frecce scagliate contro il fortino e gli fu presentato lo scudo del centurione Sceva sul quale furono trovati centoventi fori. Cesare, per i meriti acquisiti verso di lui e la repubblica, gli fece un donativo di duecentomila sesterzi e lo promosse da centurione dell’ottava centuria a centurione primipilo – risultava infatti che in gran parte grazie al suo impegno il fortino si era salvato – premiò poi la coorte con doppia paga e una larga distribuzione di frumento, vesti, cibi e decorazioni militari.»

(Cesare, De Bello Civili, III, 53)

Busto di Giulio Cesare
Busto di Giulio Cesare

I LEGIONARI DI GIULIO CESARE, SCONTRO SUL FIUME SABIS:

L’episodio dello scontro sul fiume Sabis del 57 a.C., contro la tribù dei Nervi denota una volta di più l’attaccamento dei legionari al proprio comandante. Nonostante i romani fossero in gravi difficoltà, accerchiati e prossimi alla sconfitta, riuscirono grazie agli incitamenti di Cesare, che nell’occasione tolse lo scudo ad un soldato per lanciarsi personalmente nelle prime file dove il combattimento era più cruento, a capovolgere la situazione e portare lo scontro a proprio favore, ancora Cesare racconta:

«Cesare, riunite le insegne della XII legione, i soldati accalcati erano d’impaccio a se stessi nel combattere, tutti i centurioni della quarta coorte erano stati uccisi ed il signifer era morto anch’egli, dopo aver perduto l’insegna, quasi tutti gli altri centurioni delle altre coorti erano o feriti o morti […] mentre i nemici, pur risalendo da una posizione inferiore, non si fermavano e da entrambi i lati incalzavano i Romani […] Cesare vide che la situazione era critica […] tolto lo scudo ad un soldato delle ultime file […] avanzò in prima fila e chiamati per nome i centurioni, esortati gli altri soldati, ordinò di avanzare con le insegne allargando i manipoli, affinché potessero usare le spade. Con l’arrivo di Cesare ritornata la speranza nei soldati e ripresi d’animo […] desiderarono, davanti al proprio generale, di fare il proprio dovere con professionalità, e l’attacco nemico fu in parte respinto. Cesare avendo poi visto che anche la legione VII era incalzata dal nemico, suggerì ai tribuni militari che a poco a poco le legioni si unissero e marciassero contro il nemico voltate le insegne. Fatto questo, dopo che i soldati si soccorrevano vicendevolmente senza più aver paura di essere presi alle spalle dal nemico, cominciarono a resistere con maggior coraggio e a combattere più valorosamente. Frattanto le due legioni che erano state nelle retroguardie e di scorta alle salmerie [le legioni XIII e XIV] giunta notizia della battaglia, presero a correre a gran velocità […] Tito Labieno dopo aver occupato il campo nemico, e visto quanto accadeva nel nostro campo da un’altura, mandò in soccorso ai nostri la legione X.»

(Cesare, De bello Gallico, II, 25-26)

I LEGIONARI DI GIULIO CESARE, L’ASSEDIO DI ALESIA:

L’eroismo di Giulio Cesare e dei suoi soldati culmina ad Alesia, episodio decisivo per la conquista della Gallia e che vide la completa distruzione della grandissima coalizione di tribù accorse in aiuto di Vercingetorige, asserragliato dietro le mura della città, era il 52 a.C.. I romani, sotto pressione sia nel valico interno da loro costruito, per le sortite di Vercingetorige, e anche in quello più esterno, dove una moltitudine di soldati si accalcavano nei pressi di una falla delle loro difese, furono anche qui ad un passo dalla capitolazione, i continui rifornimenti di uomini freschi che tentavano di rimpiazzare coloro i quali avevano perso la vita o erano stati feriti, non fermavano l’impeto dei Galli. Anche in questa occasione fu lo stesso Cesare, a capo di alcune coorti, raggruppate lungo il percorso, con l’aiuto di alcuni squadroni di cavalleria, a prendere di sorpresa gli attaccanti esterni, che dopo una breve resistenza ruppero il loro schieramento e si diedero alla fuga, vediamo ancora una volta come lo stesso Giulio Cesare ci narra i fatti:

«Riconosciuto Cesare per il colore del suo mantello, che portava come un’insegna durante i combattimenti… i Romani, lasciati i pilum, combattono con la spada. Velocemente appare alle spalle dei Galli la cavalleria romana, mentre altre coorti si avvicinano. I Galli volgono in fuga. La cavalleria romana rincorre i fuggiaschi e ne fa grande strage. Viene ucciso Sedullo, comandante dei Lemovici; l’arverno Vercassivellauno viene catturato durante la fuga; vengono portate a Cesare settantaquattro insegne militari. Di così grande moltitudine pochi riuscirono a raggiungere il campo e salvarsi… Dalla città, avendo visto la strage e la fuga dei compagni e disperando della salvezza, ritirano l’esercito in Alesia. Giunta questa notizia, i Galli del campo esterno si danno alla fuga… Se i legionari non fossero stati sfiniti… tutte le truppe nemiche avrebbero potuto essere distrutte. Verso mezzanotte la cavalleria, mandata all’inseguimento, raggiunse la retroguardia nemica. Un grande numero di Galli fu preso ed ucciso, gli altri si disperdono in fuga verso i loro villaggi.»

(Cesare, De bello Gallico, VII, 88.)

I Legionari di Giulio Cesare
I Legionari di Giulio Cesare

Non sono solo le storiche battaglie a passare alla storia, ma ancora una volta anche i singoli comportamenti di alcuni ufficiali. Celebre è il caso del “Signifer” della Decima Legione, che durante il primo sbarco sulle coste della Britannia, alla vista della moltitudine di soldati che li attendevano in armi poco distante dalle spiagge, non esitò un istante nel lanciarsi con la propria insegna al di fuori della sua imbarcazione, portando con se tutto il resto dell’esercito, atterrito dalla vista del nemico, le sue parole furono press’a poco queste:

«Compagni, saltate giù, se non volete lasciare l’aquila in mano ai nemici; io certamente farò il mio dovere sia verso la repubblica sia verso il nostro comandante.»

(Cesare, De Bello Gallico, IV, 22 )

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