La “adlocutio”

Tenuta principalmente dai Consoli romani, o dai propri generali, o più tardi dagli imperatori, la “adlocutio” era una formale arringa rivolta agli eserciti schierati, per incitarli prima di una battaglia o all’inizio di una campagna militare. La “adlocutio” era un cerimoniale usato anche anche quando un imperatore adottava il suo successore, come ad esempio fece Nerva con Traiano.
La stessa statua equestre di Marco Aurelio, riprodotta oggi sul Campidoglio a Roma, ci mostra con ogni probabilità l’Imperatore impegnato in una “adlocutio”, ma questa usanza viene ripresa e riprodotta anche sulle colonne di Traiano e di Marco Aurelio, sull’Arco di Settimio Severo, sull’Arco di Costantino e su varie monete rinvenute.

Busto di Publio Cornelio Scipione l'Africano
Busto di Publio Cornelio Scipione l’Africano

Ma quali sono le “adlocutiones” più celebri che le fonti antiche ci hanno tramandato? Polibio, nelle sue “Storie”, ad esempio ci riporta quella di Scipione l’Africano, che prima della decisiva battaglia di Zama, cominciò a passare in rassegna le truppe schierate dicendo loro:
« Ricordatevi delle precedenti battaglie e mostratevi uomini valorosi, degni di voi e della vostra patria. Rammentate che se vincerete il nemico, non solo diventerete i signori della Libia, ma permetterete a voi stessi ed alla vostra patria la supremazia ed un dominio su tutto il resto del mondo conosciuto. Se al contrario la battaglia avesse esito differente, chi sarà morto da vero soldato sul campo di battaglia, avrà la gloria di essere defunto per la patria, mentre quelli che saranno scappati, vivranno per tutta la restante vita nella più grande vergogna e miseria. […] Vi raccomando perciò di muovere contro il nemico tenendo presente due soli obbiettivi: o vincere o morire, poiché solo chi si pone questa unica alternativa, riesce sempre a battere il nemico, perché va in battaglia senza curarsi della propria vita. »

La statua di Augusto loricato.
La statua di Augusto loricato.

Molto famosa è la statua dell’ “Augusto loricato” raffigurata in piedi, con il braccio destro alzato e il gesto di attirare l’attenzione: si tratta della posa con cui si richiedeva il silenzio prima dell’adlocutio come incitamento all’esercito prima della battaglia. La datazione vuole la statua scolpita dopo la restituzione delle insegne nel 19 a.C. e al termine delle campagne di “pacificazione” nelle province di Tiberio e mentre Augusto si trovava in Gallia.
Celebre fu anche la “adlocutio” tenuta da Tito, nel 67 d.C., durante la prima guerra giudaica. Trovatosi di fronte al nemico in netta inferiorità numerica, intrattenne i propri soldati mentre attendeva i rinforzi più o meno con queste parole, come ci riporta Giuseppe Flavio nei suoi racconti sulla guerra giudaica:
“« Romani, vi chiamo Romani poiché inizierò questo mio discorso ricordandovi qual è la vostra patria, in modo che sappiate chi siete e chi sono invece coloro che stiamo per affrontare. Ad oggi nessuno ha potuto sottrarsi al nostro potere, malgrado ciò i Giudei, non si sono ancora arresi, sebbene li abbiamo già battuti. Sarebbe assurdo se, mentre loro non appaiono avviliti delle sconfitte, noi lo fossimo dopo le vittorie fin qui riportate. Mi fa piacere vedere l’ardore che vi anima, ma non vorrei che qualcuno temesse la grande sproporzione numerica tra noi e loro. A costoro ricordo chi siamo noi e chi sono i nostri avversari; rammenti che i Giudei, anche se molto coraggiosi e sprezzanti della morte, non hanno un addestramento o un’esperienza di guerra adeguata, tant’è vero che appaiono più come una massa disordinata che un vero e proprio esercito. Al contrario, quale bisogno c’è di ricordarvi della nostra perizia e preparazione militare? Non a caso siamo gli unici che, anche in tempo di pace, continuiamo nelle esercitazioni militari, per risultare migliori nei confronti dei nostri avversari in guerra. A cosa poi servirebbero le continue esercitazioni se dovessimo preoccuparci della disparità numerica quando dobbiamo affrontare un nemico non adeguatamente preparato alle arti militari? Ricordatevi che combatterete in condizioni di superiorità, poiché voi siete armati in modo “pesante”, loro invece “alla leggera”; voi siete a cavallo, loro a piedi; voi avete dei comandanti, loro non ne hanno; tanto che questi vantaggi generano come effetto quello di moltiplicare il nostro numero, mentre i loro svantaggi ne riducono drasticamente le forze. Le guerre non si vincono con enormi masse di uomini, anche se bellicose, ma con il valore, anche di pochi. Questi ultimi, infatti, possono manovrare facilmente e darsi sostegno vicendevolmente, al contrario gli eserciti giganteschi possono procurarsi danni più di quanto possano riceverne dal nemico. I Giudei sono guidati dal loro ardore, dal coraggio e dalla disperazione, aiutano quando le cose vanno bene, ma svaniscono quando si scontrano con dei piccoli insuccessi. A noi sono di guida il valore e la disciplina che, […] anche nelle avversità, rimane fino all’ultimo. […] Se i Giudei si battono per salvare la loro libertà e la patria, per noi invece un’aspirazione maggiore è che lo si faccia per la gloria e il fatto che i Giudei non appaiano come una potenza pari alla nostra, considerando che noi abbiamo assoggettato il mondo? Dobbiamo considerare che per noi non vi è il timore di subire un insuccesso irreparabile: i rinforzi presto ci raggiungeranno. Vi è da dire che noi possiamo ottenere la vittoria, anche da soli, e dobbiamo provarci prima che arrivino i rinforzi inviati da mio padre, perché il trionfo sia tutto nostro ed abbia quindi una maggiore importanza. Sento che questo è il momento di dare prova del nostro coraggio a mio padre, per me e per voi. Da ciò vedremo se egli è veramente degno delle sue precedenti vittorie, se io di essere suo figlio e voi di combattere ai miei ordini. Mio padre è abituato a vincere, ed io non potrei tornare da lui dopo una sconfitta. Quanto a voi, come potreste vergognarvi se dovessimo essere sconfitti, visto che il vostro comandante combatterà in prima fila? Voi ben sapete che questo io farò, e sarò il primo a lanciarmi sul nemico. E poiché so che voi non sarete meno valorosi, grazie anche all’appoggio che gli dèi concederanno alla mia audacia, siate certi che vinceremo ben altre battaglie più importanti di questo scontro fuori dalle mura. ».

Adlocutio di Marco Aurelio, proveniente dall'arco di Costantino
Adlocutio di Marco Aurelio, proveniente dall’arco di Costantino

Rimane famosa, inoltre, l’adlocutio rappresentata in uno degli otto pannelli dell’arco di Costantino, prelevati da un precedente arco di Marco Aurelio databile al 172-176 d.C., e dove la testa di quest’ultimo imperatore era stata sostituita con l’immagine del primo imperatore cristiano. Le teste dell’imperatore sono state rilavorate, come ritratti probabilmente di Costantino e Licinio.
L’imperatore Marco Aurelio in origine, in tenuta militare parlava ai soldati, mentre dietro di lui è rappresentato Claudio Pompeiano. La scena si riferisce al periodo delle guerre marcomanniche combattute dall’imperatore filosofo contro le popolazioni germano-sarmatiche del fronte danubiano.

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