La battaglia di Lione del 197 d.C.

La battaglia di Lione del 197 d.C., vide fronteggiarsi i due uomini più carismatici che emersero dal conflitto civile di quel periodo: Decimo Clodio Albino, ex console e governatore della Britannia e Settimio Severo, futuro imperatore e acclamato tale dalle sue legioni in Pannonia. Entrambi accomunati dalle origini nord africane, si mostrarono decisi e pronti a tutto pur di prevalere sul rivale per gestire il potere imperiale.

La battaglia di Lione del 197 d.C., busto di Settimio Severo
La battaglia di Lione del 197 d.C., busto di Settimio Severo

la battaglia di lione del 197 d.c., preludio:

Al termine del 192 d.C., la morte violenta di Commodo fece precipitare Roma in una nuova spirale di violenza, basti pensare che il successore Pertinace, persona mite e prudente, potè governare per soli tre mesi, prima di essere brutalmente ucciso dai suoi pretoriani. Le cose presero poi una piega ancora più inquietante, quando il facoltoso senatore Didio Giuliano, con una ingente offerta in denaro, di fatto acquistò la carica di imperatore, salvo poi dimostrarsi un totale inetto. Come conseguenza più immediata le legioni sparse nelle varie province, decisero di non rimanere a guardare, e molte di loro acclamarono il proprio Imperator, con il risultato che ora Roma aveva una gran quantità di pretendenti al trono, pronti ad ogni mossa pur di arrivare al bersaglio grosso. Fu così che le legioni della Pannonia elevarono il proprio governatore, Settimio Severo, quelle della Britannia acclamarono Clodio Albino, mentre quelle della Siria, scelsero Pescennio Nigro. Dei tre, Settimio Severo era certamente il più scaltro, così, mentre Pescennio Nigro preferì concentrare le sue energie fra gli sfarzi orientali, di fatto auto eliminandosi con le sue mani, il generale romano capì subito che se davvero ambiva al trono avrebbe dovuto affrontare un problema per volta. L’obiettivo primario era portare il Senato di Roma dalla sua parte e in seconda battuta controllare Clodio, che comunque avrebbe potuto marciare verso l’Italia prima di lui da un momento all’altro. Settimio Severo per gestire l’avversario, cominciò ad adularlo, promettendogli ruoli di prim’ordine, arrivando persino a nominarlo “Cesare” o ad affiancare il nome di Settimio al suo, quasi come se intendesse adottarlo, naturalmente Clodio accettò il compromesso, con il risultato di continuare a governare tranquillamente la Britannia senza particolari velleità. La mossa successiva fu quella di marciare a capo delle sue legioni verso la penisola italica per prendere la Capitale. Una volta saputo di quanto stava accadendo, il sovrano in carica, Didio Giuliano, ottenne dal Senato di proclamare Severo come “hostis publicus”, non riuscendo però ad impedire che quest’ultimo si impossessasse della città, cosa che procurò un repentino ripensamento del Senato e dei pretoriani, che senza pensarci troppo assassinarono l’incapace Didio, proclamando imperatore Settimio Severo. Dopo questi eventi il nuovo sovrano si decise ad affrontare anche la questione orientale, sbarazzandosi di Pescennio Nigro. Dopo numerosi scontri, quello decisivo avvenne a Isso, dove secoli prima Alessandro Magno ebbe ragione sui persiani di Dario, il governatore della Siria, sconfitto, riuscì a fuggire dal campo di battaglia per dirigersi verso la Persia, dove suo malgrado venne intercettato ed ucciso. Con questa vittoria Severo si ritrovava padrone assoluto dell’occidente quanto dell’oriente, a quel punto l’alleanza con Clodio risultava del tutto superflua se non inutile. Settimio Severo aveva già due figli:  Bassiano, conosciuto in futuro come Caracalla e Geta, e il suo intento era quella di concedere in eredità a loro l’impero alla sua dipartita, d’altro canto Clodio ormai mal tollerava il ruolo di comprimario, inoltre un’ala di senatori era totalmente dalla sua parte, e al loro invito a ribellarsi, Clodio non indugiò oltre.

Settimio Severo capì subito la gravità della situazione e per scongiurare una nuova guerra, tentò di eliminare l’avversario facendolo uccidere da alcuni sicari mascherati da ambasciatori. Clodio però non era uno sprovveduto, e scoprì subito la congiura, i finti ambasciatori vennero imprigionati e torurati, e una volta confessato che a mandarli era Settimio Severo in persona, vennero messi a morte. La misura era ormai colma e una volta acclamato imperator dal suo esercito, nell’inverno del 196 d.C., Clodio e le sue legioni sbarcarono sulle coste a nord della Gallia, marciando velocemente fino a Lugdunum (Lione), dove poi stabilìrono il loro  quartier generale. Le prime mosse di Clodio si rivelarono però subito in salita, non riuscendo ad ottenere l’appoggio delle legioni stanziate in Germania, incontrando poi ulteriori difficoltà nel marciare verso l’Italia, in quanto Severo, con grande lungimiranza aveva già provveduto a presidiare ogni valico alpino. Settimio Severo marciò così a tappe forzate per raggiungere Lugdunum nel minor tempo possibile, la guerra era iniziata.

La battaglia di Lione del 197 d.C., busto di Settimio Severo
La battaglia di Lione del 197 d.C., busto di Settimio Severo

la battaglia di lione del 197 d.c. la battaglia:

La battaglia di Lione del 197 d.C., si svolse nella pianura antistante la cittadella che invece sorgeva sull’altura ad essa  prospicente, Cassio Dione ci tramanda che i due eserciti che si stavano per fronteggiare contavano di circa 150.000 uomini ciscuno, una cifra francamente spropositata e poco credibile, considerando che il numero di soldati effettivi, sparsi per tutto l’impero, difficilmente arrivava ai 500.000, impensabile quindi che molti dei lontani confini fossero totalmente sguarniti. Molto più verosimile che il numero di 150.000, comunque un terzo della macchina bellica romana,  fosse il complessivo dei soldati impegnati nella battaglia, nello specifico, secondo alcune fonti, circa 60.000 agli ordini di Clodio, mentre i restanti a supporto di Settimio Severo. L’imperatore come prima mossa fece partire all’attacco la sua ala destra di cavalleria per poi ordinarne il ripiegamento, non si trattava di un ripensamento ma di una mossa ben congeniata che riuscì in pieno nel suo intento, la cavalleria nemica infatti lanciata all’inseguimento, venne attirata in un terreno pieno di trappole e trincee dove venne totalmente annientata. Subito dopo fu proprio Settimio Severo a guidare personalmente l’attacco della fanteria contro le linee nemiche, e lo scontro fu durissimo, tant’è che lo stesso imperatore finì disarcionato dal suo cavallo, a quella vista molti soldati credendosi ormai battuti si diedero alla fuga, ma il sovrano, liberatosi del suo mantello, estrasse il gladio per lanciarsi contro il nemico, sperando di rinvigorire l’animo dei suoi uomini, altre fonti più critiche ci tramandano invece che Settimio si liberò dal mantello per facilitarsi la fuga. A prescindere da come siano andate le cose, di sicuro lo scontro si protrasse per diverso tempo e con grande equilibrio, la mossa decisiva, e per alcuni un po tardiva, fu però l’attacco sul fianco sinistro della fanteria clodiana da parte della cavalleria di Severo, la violenza della carica mandò in rotta lo schieramento, portando lo scontro a favore di Severo, ma perchè l’attacco della cavalleria fu così tardivo? Alcune fonti sostengono che questo ritardo dimostra l’infedeltà del comandante della cavalleria severiana, Giulio Leto, che prima di intervenire avrebbe aspettato di vedere quali dei due schieramenti avesse prevalso, così da schierarsi a seconda della propria convenienza. La vittoria andò così al sovrano in carica e a Clodio toccò la morte sul campo, anche se non si sa come sia avvenuta, alcuni affermano che si tolse la vita con le sue mani una volta capito che ormai tutto era perduto, altri invece che ad ucciderlo furono i suoi soldati, di sicuro c’è che la sua testa venne tagliata e spedita a Roma su di una picca così che fosse da monito per tutti i senatori che lo avevano sostenuto, mentre il suo corpo, in modo molto poco onorevole venne lasciato marcire al sole prima di essere gettato nel vicino fiume Rodano. Clodio lasciò così moglie e figlio, che in un primo tempo vennero risparmiati da Severo, salvo poi ripensarci e mettere a morte anche loro, temendo che potessero in qualche modo rivalersi su di lui.

 

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