La defezione di Tito Labieno

La defezione di Tito Labieno avvenne poco tempo prima che Giulio Cesare attraversasse il Rubicone, scatenando così una guerra civile che di fatto diede la spallata decisiva alla Repubblica romana. Tito Labieno, fedele luogotenente di Cesare in Gallia, prese gradualmente le distanze dalle sue vedute politiche per affiancarsi ai conservatori di Pompeo. Validissimo comandante, nacque a Cingoli, nelle marche nel 100 a.C., e trovò la morte durante la battaglia di Munda, proprio contro le truppe cesariane, nel 45 a.C..

La defezione di Tito Labieno
La defezione di Tito Labieno

LA DEFEZIONE DI TITO LABIENO, CENNI STORICI:

I primi cenni sulla sua carriera militare li troviamo nel 78 a.C., quando insieme allo stesso Cesare, partecipò alla campagna navale, contro i pirati della Cilicia, durante il governatorato in quella regione di Publio Servilio Isaurico. Nel 63 a.C., fu tribuno della plebe con il grande obiettivo di vendicare la morte dello zio, citando perciò in giudizio Gaio Rabirio, accusandolo con i suoi atti di essere il mandante morale dell’assassinio. Per l’occasione istituì come giudici proprio Giulio Cesare e il cugino Lucio, i quali naturalmente lo dichiararono colpevole, condannandolo a morte. Tuttavia Gaio Rabirio poteva contare sui due massimi avvocati difensori dell’epoca, Ortensio Ortalo e Marco Tullio Cicerone, ai quali si affiancarono le innumerevoli proteste popolari, potendo così avere  salva la vita. Quattro anni più tardi, Labieno divenne pretore sotto il consolato dello stesso Cesare. Durante il suo settennato in Gallia, ebbe modo di dimostrare tutto il suo valore sul campo di battaglia, riportando numerose vittorie contro le popolazioni dei Tigurini nel 58 a.C., contro gli Atrebati, i Belgi e i Treveri nel 54 a.C., e poi ancora contro i Belgi l’anno seguente. Nel 52 a.C, si dimostrò abilissimo nel sedare una pericolosa rivolta scoppiata nella zona di Lutezia (odierna Parigi), tanto che Cesare riponeva così tanta fiducia in lui, da lasciargli il completo controllo delle operazioni ogni qual volta si doveva assentare per far ritorno in Italia. Nel 51 a.C., sempre Cesare gli affidò il governo della Gallia Cisalpina, ma poco prima che il proconsole delle Gallie attraversasse il Rubicone, abbandonò la sua fazione, insieme a numerosi cavalieri celti per unirsi agli optimates capeggiati da Pompeo, il quale si affrettò a nominarlo comandante della cavalleria. Ma perchè ci fu la defezione di Tito Labieno? Forse detestava l’eccessiva autorità di Cesare? Improbabile visto che in più occasioni egli dimostrò ampia fiducia nelle sue capacità affidandogli il comando in sua assenza. Incolpava Cesare di non riconoscere i suoi meriti? Anche questa è da escludere visto che lui fu il primo ad incoraggiare veramente i suoi soldati, premiandoli esclusivamente per il loro valore, infischiandosene del ceto al quale appartenevano. Molto semplicemente Tito Labieno seguì la sua profonda fedeltà verso la Repubblica, e il suo volta faccia non fu altro che la conseguenza delle sue convinzioni.

LA DEFEZIONE DI TITO LABIENO, avvenimenti dopo la battaglia di farsalo:

Dopo la disfatta di Pompeo a Farsalo, Tito Labieno fuggì a Dyrrachium (odierna Durazzo in Albania), per informare Cicerone della sconfitta, allo stesso tempo però incoraggiò i pompeiani a proseguire la guerra, anche perchè, a suo dire, Giulio Cesare era rimasto gravemente ferito in battaglia. Da li, insieme al generale Lucio Afranio, ripiegò prima a Corchira, e poi a Cyrene in Africa per ricongiungersi con le truppe di Catone, il quale però, per il suo passato, si rifiutò di incontrarlo. Riorganizzato l’esercito a Labieno toccò il comando di un’armata stanziata presso l’insediamento di Ruspina, luogo nel quale ottenne una prima vittoria contro le truppe cesariane, alla lunga dovette però ritirarsi per riunirsi con i suoi alleati, per poi fuggire nel sud della Spagna dopo la sconfitta subita a Tapso. La defezione di Tito Labieno conobbe la sua fine il 17 di marzo del 45 a.C.,a Munda, quando il Re di Mauretania, Bogud, alleato di Cesare, attaccò alle spalle i pompeiani, Labieno fece dietro front per prepararsi ad affrontarlo, ma i suoi uomini male interpretarono le sue mosse, credendo che si preparasse alla fuga, attaccati com’erano sia da destra che da sinistra, i legionari iniziarono a ripiegare, molti trovarono la morte nella fuga disordinata, altri perirono nella difesa della città di Munda, tra i quali lo stesso Labieno. Secondo lo storico Appiano, dopo la battaglia la testa di Tito Labieno venne mozzata e portata al cospetto di Giulio Cesare. Fu l’ultima battaglia della guerra civile fra gli uomini di Cesare e fra quanti difesero fino all’ultimo la Repubblica, dopo la morte di Labieno e del figlio di Pompeo, Gneo, Cesare fu libero di tornare a Roma e reclamare per se la dittatura, tuttavia il grande generale romano non dimenticò il suo prezioso luogotenente in Gallia, e fece eseguire per lui delle sontuose esequie. Superiore com’era ai personalismi, evidentemente, nonostante la sua defezione, aveva continuato ad apprezzare le sue gesta, non mostrando quindi rancore per quelle che potevano essere idee condivisibili da molti.

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