L’ascesa e la fine dell’Imperatore Otone

In uno dei più turbolenti anni della storia dell’Impero romano, conosciuto anche come “Anno dei quattro Imperatori”, il 69 d.C., si apprestava ad elevare  e a gettare nella polvere nel giro di pochi mesi un altro pretendente al trono di Roma, quello che poi fu l’Imperatore Otone.

L'ascesa e la fine dell'Imperatore Otone, busto di Galba
L’ascesa e la fine dell’Imperatore Otone, busto di Galba

L’ascesa e la fine dell’Imperatore Otone, l’ascesa al potere:

Era il 68 d.C., quando il governatore della Spagna Tarraconese, Servio Sulpicio Galba, attuò una ribellione verso l’allora Imperatore Nerone, disprezzandone i troppi eccessi e portando con se nella marcia verso la Capitale, anche Marco Salvio Otone che allora governava la lontana provincia di Lusitania per volere di Nerone stesso, e forse anche per una forma di risentimento riguardo quella decisione, che Otone decise di appoggiare momentaneamente l’anziano Galba. A tale decisione però, Otone, non portava con se solo rancore per la decisione di essere spedito a governare una provincia così lontana, ma anche una buona dose di ambizione personale. Il 9 luglio del 68 d.C., Nerone, già dichiarato nemico della patria, fuggì e si tolse la vita, e subito dopo il Senato non perse tempo ad acclamare Galba come nuovo Imperatore di Roma. Otone nel suo immaginario si vedeva già sul trono, non solo per il motivo che Galba era già molto anziano, ma soprattutto perchè quest’ultimo non aveva figli, il che gli concedeva forti speranze di essere da lui adottato. Ben presto però Otone si accorse, non a torto, dei dubbi di Galba che considerava più meritevole di lui, Dolabella; molti infatti sostenevano che Galba vedesse in Otone un nuovo Nerone per la similitudine dei suoi vizi ed eccessi. Otone così iniziò ad entrare nelle grazie dei pretoriani con donazioni e favori. La svolta si ebbe il 10 gennaio del 69 d.C., quando Galba infine adottò formalmente Lucio Calpurnio Pisone, scatenando le ire di Otone che nonostante lo stato disperato delle sue finanze, trovò comunque il denaro per guadagnarsi i servizi di una decina di soldati i quali confidavano sull’aiuto di altri commilitoni, visto il malcontento crescente verso l’anziano Imperatore. Il 14 gennaio si concretizzò la congiura, con Otone che prima, fingendo di appoggiare Galba, presenziò ai sacrifici presso il tempio di Apollo, e il giorno dopo, probabilmente fingendo un malore, si accomiatò da Galba per recarsi al Milliario Aureo dove lo attendevano i suoi complici, che poi lo accompagnarono al campo dei pretoriani dove venne acclamato “Imperator”. A Galba, tra le tante notizie confuse che nel frattempo stava ricevendo a riguardo di questa rivolta, venne comunicato che Otone era caduto durante i disordini e volendosene sincerare di persona, decise di uscire dal palazzo per recarsi al Foro, luogo raggiunto anche dal figlio adottivo, Pisone. Una volta sul posto, i congiurati, aiutati da una parte della popolazione, trucidarono Galba e Pisone e subito vennero eletti i nuovi prefetti della città.  Otone quella stessa sera ricevette la potestà tribunizia e divenne in seguito Imperatore di Roma, grazie soprattutto al risentimento dei pretoriani verso Galba e alla mancanza dei premi da lui promessi, ma anche a quello della popolazione che ancora rimpiangeva Nerone.

L’ascesa e la fine dell’Imperatore Otone, il breve principato:

Il popolo iniziò subito a chiamarlo “Nerone” in virtù della sua storica amicizia che lo legava al defunto Imperatore, e Otone cercò immediatamente di risollevarne l’immagine facendo installare nuovamente statue di Nerone e di sua moglie Poppea, fu inoltre annunciato il completamento dei lavori della Domus Aurea. Queste decisioni, se da un lato piacquero alla plebe, dall’altro non si può dire lo stesso per il Senato che mal ricordava Nerone e temeva che un altro sovrano simile a lui fosse tornato. Tuttavia Otone iniziò a governare con giustizia tentando sinceramente di guadagnarsi anche la fiducia del Senato, nei giorni successivi l’uccisione di Galba si disse che faticasse a dormire per il bagno di sangue di cui si era reso protagonista. Il suo governo fu di breve durata perchè dopo pochissimo tempo venne informato che in Germania, le legioni del Reno si erano ribellate acclamando Imperatore il generale Aulo Vitellio. Dopo i primi momenti di confusione, il Senato inviò messaggi a Vitellio dicendogli che Otone era già stato nominato Imperatore, con l’ordine di riportare alla calma le proprie truppe, Otone dal canto suo fece lo stesso, ma nei suoi messaggi vi era l’invito a Vitellio di salire con lui sul trono per condividere insieme il potere, ma proprio quando un accordo sembrava imminente, la diplomazia subì una brusca frenata e i rapporti fra i due si incrinarono gravemente. Il fatto che solo la Provenza e l’Aquitania appoggiarono Vitellio, diedero ad Otone il tempo di governare per un pò con una certa tranquillità, dandogli la possibilità di dimostrare di essere un sovrano giusto ed equo.

L'ascesa e la fine dell'Imperatore Otone, busto di Marco Salvio Otone
L’ascesa e la fine dell’Imperatore Otone, busto di Marco Salvio Otone

L’ascesa e la fine dell’Imperatore Otone, la guerra contro Vitellio:

Era però ormai evidente a tutti che un nuovo conflitto era alle porte, le legioni di Vitellio erano infatti già molto vicine alle Alpi, al che Otone decise di organizzare un esercito sotto la guida del prefetto del pretorio, Licinio Proculo. Il 14 marzo del 69 d.C., Otone partì con l’esercito verso nord, lasciando alla guida di Roma il fratello Lucio Tiziano, l’Imperatore non prese parte allo scontro e si accampò a Brixellum (odierna Brescello), spedendo il generale Trebonio Gallo sulle rive del Po, per contrastare il generale vitelliano, Cecina Alieno. Il generale di Vitellio in breve tempo con le forti legioni del Reno aveva guadagnato la fedeltà di molte piazzeforti, e la sola Piacenza, nel cuore della Pianura Padana, rimase fedele a Otone. Cecina Alieno tentò allora di conquistarla, sperando in una facile vittoria, ma la strenua difesa della città lo costrinse ad una precipitosa ritirata verso Cremona, posta sull’altra riva del Po. Treboniano Gallo, giunto a Cremona per annientare definitavamente le armate di Cecina Alieno, vide che queste erano già impegnate contro i gladiatori di Marzio Macro giunto dalla Mesia in appoggio ad Otone, ragion per cui decisero di non intervenire. Questa decisione non passò inosservata e insinuò in Otone il sospetto che i suoi generali si fossero segretamente accordati con Vitellio. A conseguenza di ciò Otone decise di richiamare il fratello Lucio Tiziano da Roma per metterlo al comando del conflitto, per poi richiedere un consiglio di guerra sul da farsi. Svetonio Paolino, il più capace fra tutti i generali fedeli ad Otone, sostenne di non farsi vincere dall’impazienza e attendere le legioni provenienti dall’oriente per schiacciare il nemico, Otone stesso, il fratello Tiziano e il prefetto Proculo invece preferivano non aspettare ma prendere subito l’iniziativa, naturalmente all’imperatore nessuno osò opporsi, ma si decise comunque che Otone non scendesse direttamente  sul campo di battaglia, ma che attendesse gli eventi nei suoi accampamenti di Brixellum, una decisione che deluse non poco le truppe, le quali vedevano allontanarsi da loro l’Imperatore per essere lasciate nelle mani di generali dei quali non si fidavano. Durante gli scontri nei quali  la scarsa attitudine militare di Tiziano, lasciava in pratica il comando delle operazioni al prefetto Proculo, trovò la morte Marzio Macro alla guida dei suoi gladiatori, mentre gli altri generali fedeli a Otone, ormai non riuscivano più a contenere il malcontento dei soldati. Tuttavia nei pressi di Bedriaco si ingaggiò la battaglia decisiva nella quale dopo una breve resistenza i generali otoniani si diedero alla fuga insieme ai loro soldati, e quando la notizia della disfatta giunse ad Otone, l’Imperatore non volle richiamare altri rinforzi, ma anzi volle che i combattimenti finissero al più presto.

L’ascesa e la fine dell’Imperatore Otone, morte e successione:

«Esporre più a lungo ai pericoli questa vostra devozione, questo vostro valore, è, ritengo, un prezzo troppo alto per la mia vita. Tanto più grande è la speranza che mi offrite, qualora volessi vivere, tanto più bella sarà la morte. Io e la fortuna ci siamo misurati reciprocamente. Non calcolate la durata: è più difficile usare moderazione nella felicità, quando si sa che il suo tempo è breve. La guerra civile è stata aperta da Vitellio, quello è l’inizio della contesa in armi per il principato: voglio costituire un esempio, perché non si combatta per esso più di una volta. Da tale esempio giudichino i posteri Otone. Abbia Vitellio la gioia del fratello, della moglie, dei figli: non ho bisogno né di vendette né di conforti. Se altri hanno tenuto più a lungo di me l’impero, nessuno l’avrà lasciato con maggiore forza d’animo. O dovrò accettare che tanta gioventù romana, tanti meravigliosi eserciti siano ancora una volta falciati a terra e strappati allo stato? Lasciate ch’io vada sapendo che sareste morti per me, ma siete vivi. Non ritardiamo più oltre, io la vostra incolumità, voi la mia inflessibile decisione. Un lungo discorso d’addio è una parte di viltà. A prova suprema della mia determinazione, sappiate che non mi lamento di nessuno: prendersela con gli dèi o con gli uomini è gesto di chi vuol vivere.»

Con questo solenne discorso Otone tentò di consolare chi gli stava intorno, dimostrando grande coraggio, si ritirò nella sua tenda, bruciò le sue lettere personali per non farle cadere in mani nemiche, dopo di che scelse il più affilato fra i due pugnali in suo possesso e andò a coricarsi. Le cronache ci raccontano che Otone sprofondò in un pesante sonno e quando all’alba si risvegliò, diede seguito ai suoi propositi trafiggendosi il cuore, ai primi suoi lamenti i suoi attendenti si precipitarono da lui, ma Otone spirò in breve tempo, dopo la sua morte fu seppellito in maniera modesta come da sue disposizioni.

Molti storici antichi hanno lodato l’erosimo di Otone che con la sua morte avrebbe voluto porre fine alla guerra civile che già moltissime vite aveva mietuto, egli fu talmente amato dalle proprie truppe che molti soldati, una volta appreso del decesso dell’Imperatore, si tolsero la vita a loro volta. Il proposito di Otone si rivelò comunque vano, dal momento che anche Vitellio pochi mesi dopo venne trucidato per le vie di Roma dai soldati del nuovo Imperatore Vespasiano.

 

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