Volubilis


Volubilis, il mosaico delle quattro stagioni.
Volubilis, il mosaico delle quattro stagioni.

Volubilis è oggi il principale sito archeologico del Marocco, situato ai piedi del monte Zerhoun, a 27 km a nord della città di Meknes.
Questo insediamento, abitato fin dai tempi del neolitico, subì prima l’influenza cartaginese, dopo di che divenne un indipendente regno berbero prima di essere totalmente romanizzato. Ottaviano Augusto vi stabilì un regno cliente, ponendo sul trono Giuba II, nipote di Massinissa, e la moglie di costui, Cleopatra Selenius, figlia della ben più conosciuta Cleopatra, regina d’Egitto e di Marco Antonio. I due sovrani di questo regno cliente vennero educati a Roma dove impararono la cultura latina e greca. I due regnarono congiuntamente avendo per capitali sia la città di Iol, detta Cesarea, sia Volubilis.

Il regno di Mauritania, che comprendeva tutto il nord dell’attuale Marocco e gran parte dell’Algeria costiera, venne soppresso ed annesso all’Impero romano, dopo di che venne diviso in due province, la Mauretania Tingitana ( dall’antica Tingis, oggi Tangeri in Algeria), corrispondente all’attuale nord del Marocco, e la Mauretania Cesariensis. Una volta divenuta residenza del procuratore, Volubilis ebbe il comando del limes della Mauritania Tingitana ma nel 117 d.C., subì numerosi attacchi da parte della tribù dei Mauri, capeggiati da Luzio Quieto; infine, nel 168 d.C., per difendersi dagli attacchi delle tribù berbere venne eretto un muro di cinta attorno alla città. Volubilis fu abbandonata dalle autorità romane verso il 284-285 d.C., quando rimase fuori dai nuovi confini della provincia fissati dall’Imperatore Diocleziano. Nonostante l’abbandono romano, alcuni resti attestano che nel VII d.C., una civiltà latina e cristiana, ancora viveva a Volubilis, questo almeno fino all’arrivo degli arabi, capeggiati dal sultano Idris I che nel 789 d.C., vi stabilì la propria capitale.

Le rovine dell'antica Volubilis.
Le rovine dell’antica Volubilis.

Oggi, in questo preziosissimo sito archeologico si possono ammirare resti imponenti quali la basilica che presenta due esedre contrapposte, il capitolium dei Severi nel Foro cittadino, alcuni templi risalenti al I secolo d.C., l’acquedotto e le terme. Particolarmente caratteristica è la presenza in numerose case di frantoi e vasche per la produzione dell’olio d’oliva. Sono riconoscibili quattro porte cittadine, la principale delle quali, collegata alla strada proveniente da Tangeri, immette nel decumanus maximus che prosegue fino all’ingresso ovest.
Lungo il decumano si trovano inoltre i resti di numerose case decorate con mosaici policromi, alcuni dei quali in ottimo stato di conservazione. Tra i più importanti vale la pena ricordare quelli situati nella casa di Orfeo, dove Orfeo è rappresentato con lira che incanta gli animali.
Poco prima dell’ingresso ovest si trova un imponente arco di trionfo costruito da un certo Marco Aurelio Sebastiano in onore di Caracalla, come testimoniano i nomi suo e di sua madre, scolpiti sul frontone del monumento. L’arco, come ricorda l’iscrizione, fu eretto in onore di Caracalla e della madre Giulia Domna tra il 216 e il 217 d.C..
L’arco, a un solo fornice, raggiunge un’altezza di 9,23 metri fino all’architrave, per una larghezza di 19,28 metri e una profondità di 4,74 metri. Il passaggio centrale è largo 5,33 metri.
Su entrambi i lati del fornice, ai piloni sono addossati quattro piedistalli che mantengono il peso di colonne corinzie con le retrostanti lesene. Le coppie di colonne inquadrano delle nicchie che in origine servivano da fontane. Al di sopra di esse sono attualmente collocati, probabilmente fuori posto, dei medaglioni con busti rappresentanti le stagioni.
Probabilmente la cornice e il fregio aggiunti nella costruzione non sono quelli originali, il fregio è infatti riportato nei disegni settecenteschi di considerevole altezza e doveva ospitare nella parte centrale l’iscrizione, oggi collocata sopra la trabeazione.
Su entrambi i lati dell’attico vi era un’iscrizione di dedica che così recitava: IMP(ERATORI) CAES(ARI) M(ARCO) AURELLIO ANTONINO PIO FELICI AVG(GVSTO) PARTH(ICO) MAX(IMO) BRITT(ANNICO) MAX(IMO) GERM(ANICO) MAX(IMO) | PONTIFICI MAX(IMO) TRIB(VNICIA) POT(ESTATE) XX IMP(ERATORI) IIII CO(N)S(VLI) IIII P(ATRI) P(ATRIAE) PROCO(N)S(VLI) ET IVLIA AUG(VSTAE) PIAE FELICI MATRI | AVG(VSTI) ET CASTRORUM ET SENATUS ET PATRIAE RESP(VBLICA) VOLUBILITANORVM OB SINGVLAREM EIVS ERGA VNIVERSOS ET NOVAM SUPRA OMNES RETRO PRINCIPES INDVLGENTIAM ARCVM | CUM SEIVGIBVS ET ORNAMENTIS OMNIBVS INCOHANTE ET DEDICANTE M(ARCO) AVRELLIO | SEBASTENO PROC(VRATORE) AVG(VSTI) DEVOTISSIMO NVMINI EIVS A SOLO FACIENDVM CVRAVIT.
Al di sopra dell’attico, mancante nella ricostruzione, dovevano trovarsi, come riportato dall’iscrizione, le statue di Caracalla e Giulia Domna, su carri trainati da sei cavalli.

L'arco di Caracalla a Volubilis.
L’arco di Caracalla a Volubilis.

I resti dell’arco furono riportati alla luce tra il 1915 e il 1917, in occasione dei primi scavi nel sito. Nel 1931 l’arco venne ricostruito, senza però tener conto delle raffigurazioni antiche del monumento e dei rilievi rinvenuti nei pressi.
L’arco, insieme all’intero sito archeologico di Volubilis, è stato inserito dal 1997 nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

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