Assedio di Palmira

Ultimo e definitvo atto delle campagne orientali promosse dall’Imperatore Aureliano nel 272 d.C., l’assedio di Palmira sancisce la decisiva sconfitta del medesimo regno, riannettendo a Roma  la parte orientale, ovvero tutta quella linea difensiva che rappresentava il limes Arabicus. A seguito di una seconda ribellione la città di Palmira venne l’anno successivo, completamente rasa al suolo.

Assedio di Palmira
Assedio di Palmira

Assedio di Palmira, contesto storico:

Il Regno di Palmira (attuale Tadmor in Siria), territorio di confine dell’Impero Romano, in seguito alle svariate rivolte che caratterizzarono la cosiddetta “crisi del III secolo”, si costituì un vero e proprio stato secessionista. Nel 267 d.C., la regina Zenobia salì al potere trasformando il Regno di Palmira in una monarchia indipendente sottraendosi al potere di Roma, in parte facilitata dal fatto che il precedente regnante e defunto marito, Settimio Odenato, aveva negli anni passati già attuato una politica di forte contrasto con la parte centrale dell’Impero. Zenobia si autoproclamò “Augusta” e “Imperatrix Romanorum”, nominando poi a sua volta il figlio Vaballato, “Augusto”. Sotto la sua guida il Regno di Palmira attuò una politica molto ostile nei confronti di Roma, preferendo come primo interlocutore, il Regno Persiano di Sapore I, non solo, sotto la guida dell’abilissimo generale Zabdas, Zenobia più volte lanciò il proprio esercito all’assalto dei territori circostanti che rimanevano sotto l’influenza romana, cosa che gli permise di annettere al proprio regno l’Egitto, la Bitinia, la Siria, e una parte dell’Arabia. Una svolta quasi impensabile se si pensa che la città di Palmira aveva elevato le proprie fortune grazie alla sua posizione startegica lungo la via carovaniera che metteva in contatto l’oriente partico con i porti più importanti del Mediterraneo, e sulle sue posizioni “super partes” durante le varie diatribe che spesso vedevano contrapporsi i due grandi imperi. Nel 260 d.C.,dopo la battaglia di Edessa dove i Sasanidi guidati da Sapore I, non solo sconfissero i romani, ma riuscirono addirittura a fare prigioniero l’Imperatore Valeriano, il Regno di Palmira, ottenuta l’autonomia attuò da subito una politica di allontanamento da Roma, e se in un primo momento ci fu una sorta di riconoscimento da parte di Aureliano e di Vaballato (che nel frattempo regnava sotto la tutela della madre Zenobia), in seconda battuta l’Imperatore Aureliano ruppe gli indugi e organizzò una campagna mirata alla riconquista del Regno ribelle, e dopo aver affrontato in battaglia Zenobia  ad Immae e ad Emesa uscendone vincitore, si preparò ad assediare Palmira, dove nel frattempo la regina, insieme al fidato generale Zabdas, preparava l’ultima resistenza.

Assedio di Palmira, la regina Zenobia
Assedio di Palmira, la regina Zenobia

Assedio di Palmira, Forze in campo e assedio:

Le forze su cui poteva contare Aureliano erano formate da legioni provenienti dalla Pannonia, dal Norico e dalla Rezia, corpi scelti appartenenti alla guardia pretoriana, temibili squadroni di cavalleria dalmata, e di altri contingenti di ausiliari provenienti dalla Mespotamia e dalla Palestina romana. Non si conoscono invece gli effettivi che componevano le forze di difesa a disposizione della regina Zenobia, si sa però con discreta certezza che nella precedente battaglia di Emesa, l’esercito di Palmira era formato da circa 70.000 armati molti dei quali costituiti dai “clibanari” la forte cavalleria pesante orientale.

Nel 272 d.C. iniziava così il primo assedio alla città di Palmira, Aureliano giunto innanzi alle mura prese immediatamente i rifornimenti necessari dalle province alleate vicine, il tutto mentre i difensori della città, credendola inespugnabile, schernivano  e deridevano i romani a più riprese. In realtà gli abitanti di Palmira non credevano ad un lungo assedio e si difendevano con veemenza, sicuri che i rifornimenti romani prima o poi sarebbero terminati, ma quando col passare del tempo si accorsero che le loro convinzioni erano errate, presi dallo sconforto, cercarono aiuto dai Sasanidi. Re Sapore I anni prima durante la battaglia di Edessa, non solo sconfisse i romani ma addirittura riuscì nell’impresa di far prigioniero l’Imperatore romano Valeriano, e ricordando ciò Zenobia, confidava nel suo decisivo aiuto. Il consiglio cittadino decise di inviare la stessa regina Zenobia ad avviare contatti diplomatici con il Re persiano confidando di poter guerreggiare insieme contro il nemico romano. Dal canto suo l’Imperatore Aureliano, adirato per la fuga di Zenobia, organizzò uno squadrone di cavalieri che lanciò all’inseguimento della regina, l’inseguimento culminò presso il fiume Eufrate dove Zenobia fu riconosciuta e fermata dai cavalieri romani che prontamente la portarono al cospetto dell’Imperatore. Il consiglio cittadino di Palmira vista cadere ogni possibilità era ora costretto a decidere se continuare strenuamente la resistenza o se arrendersi e chiedere perdono all’Imperatore e a Roma. Prevalse la seconda opzione, tanto più che Aureliano si trovò ben disposto ad accogliere le loro suppliche. Appena i cittadini di Palmira furono informati del perdono dell’Imperatore, si riversarono per le strade e fuori dalle mura con ogni genere di dono per Aureliano. Dopo aver accettato la generosità di Palmira, l’Imperatore permise ai cittadini di rientrare entro le loro mura senza nessuna punizione, dopo di che si impadronì della città e di tutte le sue enormi ricchezze. In seguito Aureliano si recò ad Emesa per giudicare Zenobia e i suoi complici per le ripetute offese arrecate all’Impero romano. La scaltrezza della regina coinvolse in primo luogo i suoi dignitari su cui riuscì a scaricare l’intera colpa delle politiche ostili in aperta ribellione  a Roma del suo regno, in particolare le accuse di Zenobia caddero sul filosofo e retore Cassio Longino che venne messo a morte insieme al valente generale Zabdas.

Assedio di Palmira, secondo assedio alla città:

Nel 273 d.C.Aureliano, completata la riannessione a Roma del Regno di Palmira, fece ritorno in Occidente, portando con se la regina Zenobia e il figlio di lei, Vaballato. Sulla via del ritorno venne però informato che Palmira si era nuovamente sollevata sotto la guida di un tale Apseo, uccidendo il governatore locale, e spingendo il “Praefectus Mesopotamiae” Marcellino, ad assumere la porpora imperiale in contrapposizione ad Aureliano, ma dato che il prefetto esitava si decise di proclamare imperatore Achileo, un parente della regina Zenobia.  Senza indugio Aureliano torno sui suoi passi per sedare la rivolta. Il ritorno delle forze romane procurò talmente tanto timore che l’Imperatore non dovette neppure combattere per riportare l’ordine. Questa volta però Aureliano non fu così clemente con la città ordinando l’esecuzione non solo dei ribelli armati, ma anche di anziani, donne e bambini, ordinando poi ai propri soldati di radere al suolo Palmira. Achileo ritenuto un personaggio assolutamente irrilevante venne lasciato libero, così come ai cittadini superstiti fu concesso di ricostruire la città.

Dopo questa campagna, Palmira iniziò il proprio declino divenendo da sede di ricchi commerci a un’oscura città di pochi abitanti. Nel frattempo Fermo, vecchio amico di Settimio Odenato e Zenobia e di professione mercante, organizzò una rivolta in Egitto. Occupata Alessandria, si proclamò Augusto  fece battere moneta propria, pubblicò editti e organizzò un esercito. La sua parabola fu di breve durata tant’è che fu in poco tempo sconfitto da Aureliano e messo a morte. Sedate tutte queste rivolte e pacificato l’Oriente, Aureliano poté ritornare trionfante a Roma e concentrarsi in Occidente, con la riconquista dell’Impero delle Gallie.

 

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