Aulo Cornelio Cosso

Aulo Cornelio Cosso, fu senza dubbio uno dei più valorosi eroi che la storia romana ricordi. Durante la battaglia di Fidene, egli riuscì con grande abilità ad uccidere Tolumnio, Re di Veio, guadagnandosi per questo le spoglie opime, ovvero il riconoscimento più alto che un comandante potesse ricevere, e che veniva attribuito solo a chi riusciva ad uccidere un Re nemico sul campo di battaglia.

Per comprendere meglio la portata della sua impresa, basti pensare che in tutta la millenaria storia di Roma, solo altri due riuscirono a guadagnarsi questa onoreficenza, ovvero Romolo, il primo Re, e Marco Claudio Marcello nel III secolo a.C., per aver ucciso in battaglia un Re dei Galli. La Spolia Opima altro non era che l’armatura e le armi in possesso del sovrano sconfitto, che il generale romano vincente, prendeva per se, per poi offrirle in Campidoglio nel tempio di Giove Feretrio. Anche se i romani erano soliti esporre altri tipi di trofei, come ad esempio i rostri delle navi catturate, o le insegne degli eserciti vinti in battaglia, la spolia opima era certamente considerata la più preziosa e che garantiva una fama immensa a chi la conquistava. Sia Aulo Cornelio Cosso, sia Claudio Marcello ebbero l’onore di sfilare per le vie della città su una quadriga, trasportando personalmente il preziosissimo trofeo.

Aulo Cornelio Cosso
Aulo Cornelio Cosso

aulo cornelio cosso e la battaglia di fidene:

Davanti alle mura di Fidene si schierarono a battaglia l’esercito romano contro i tenaci Veienti, guidati dal Re Tolumnio. Sebbene i veienti non fossero ancora propensi ad accettare uno scontro in campo aperto, le continue provocazione romane sortirono l’effetto desiderato e la battaglia cominciò. Lo scontro si rivelò da subito molto cruento, e se le sorti della battaglia si dimostrarono incertissime, molto lo si doveva al Re etrusco, che muovendosi a cavallo velocemente portava rinforzo la dove il suo schieramento mostrava segni di cedimento. Aulo Cornelio Cosso, pur apprezzando la bravura del Re nemico, capì subito che per uscire vincitori da quella battaglia, era necessario attaccarlo direttamente. Tito Livio, sul nobile romano scrive :

« …la sua straordinaria bellezza era pari al coraggio e alla forza. Orgoglioso del nome della sua stirpe, che aveva ereditato già insigne, fece in modo che diventasse per i suoi discendenti ancora più nobile e glorioso. »

Preso il coraggio a due mani, Aulo si fece largo fra gli schieramenti con grande abilità, poi con gran forza disarcionò Tolumnio, di seguito, sceso anch’egli dal cavallo che montava, immobilizzò l’avversario con lo scudo, prima di trafiggerlo più volte con la sua lancia. Dopo averlo ucciso lo spogliò della sua armatura, e con un rapido fendente lo decapitò per poi mostrare la sua testa su di una picca, gettando i veienti nel panico più assoluto. Messi così in fuga, vennero inseguiti e trucidati dai romani. Grazie a questo incredibile successo, il dittatore Mamerco Emilio ottenne il meritato trionfo. Sempre Tito Livio ci racconta come si svolsero i fatti e anche della diatriba seguita al fatto se Cosso potesse giustamente attribuirsi questa grande onoreficenza, o se viceversa per il ruolo che ricopriva, non lo meritasse:

« Siccome l’impresa aveva avuto pieno successo, per decreto del Senato e per volontà del popolo, il dittatore rientrò a Roma in trionfo. Ma nel trionfo lo spettacolo più grande fu Cosso che avanzava con le spoglie opime del re ucciso. In onore di Cosso, i soldati cantavano rozzi inni, paragonandolo a Romolo. 
Con una solenne dedica rituale, egli appese in dono le spoglie nel tempio di Giove Feretrio, accanto a quelle di Romolo, le prime, e fino a quel momento le uniche, a essere chiamate opime. Cosso si attirò gli sguardi dei cittadini distogliendoli dal carro del dittatore, così che quasi da solo raccolse il frutto della solennità di quel giorno. 
Per volontà del popolo, il dittatore offrì in dono a Giove sul Campidoglio, a spese dello Stato, una corona d’oro del peso di una libbra. Seguendo tutti gli scrittori che mi hanno preceduto, ho narrato come Aulo Cornelio Cosso abbia portato le seconde spoglie opime nel tempio di Giove Feretrio avendo il grado di tribuno militare. 
Ma, a parte il fatto che tradizionalmente sono considerate opime solo le spoglie prese da un comandante a un altro comandante e che il solo comandante che noi riconosciamo è quello sotto i cui auspici si fa una guerra, la stessa iscrizione posta sulle spoglie confuta gli altri e me, dimostrando che Cosso era console quando le prese. 
Avendo io sentito Cesare Augusto, fondatore e restauratore di tutti i templi, raccontare di aver letto lui personalmente quest’iscrizione su un corsaletto di lino quando entrò nel santuario di Giove Feretrio, che lui aveva fatto riparare dai danni del tempo, ho ritenuto quasi un sacrilegio privare Cosso della testimonianza che delle sue spoglie dà Cesare, cioè proprio colui che fece restaurare il tempio. 
Ma è giusto che ciascuno abbia un’opinione personale in merito alla questione se vi sia o meno un errore, dato che sia gli annali antichi sia i libri lintei dei magistrati, depositati nel tempio di Moneta, che Licinio Macro cita continuamente come fonte), riportano solo nove anni dopo il consolato di Aulo Cornelio Cosso, insieme a Tito Quinzio Peno. 
Ma un altro valido motivo per non spostare una battaglia così famosa in quell’anno è che all’epoca del consolato di Aulo Cornelio per circa un triennio non ci furono guerre a causa di una pestilenza e di una carestia, tanto che alcuni annali, quasi in segno di lutto, riportano solo i nomi dei consoli. Due anni dopo il suo consolato, Cosso compare come tribuno militare con poteri consolari e nello stesso anno anche come magister equitum. 
E mentre ricopriva tale carica combatté un’altra celebre battaglia equestre. In merito è possibile fare molte ipotesi, che per me sono però tutte inutili, dato che il protagonista del combattimento si sottoscrisse Aulo Cornelio Cosso console, dopo aver deposto le spoglie appena conquistate nella sacra sede alla presenza di Giove, cui erano state dedicate, e di Romolo, testimoni che l’autore di un falso non può certo prendere alla leggera. »

Aulo Cornelio Cosso
Aulo Cornelio Cosso

aulo cornelio cosso, console e tribuno:

Aulo Cornelio Cosso nel 428 a.C., ottenne il consolato insieme a Tito Quinzio Cincinnato, purtroppo però in quell’anno si propagò in città un’epidemia che favorì il fiorire di riti scaramantici. Tali superstizioni riguardavano principalmente le divinità degli inferi, che venivano spesso invocate con cerimonie pubbliche e private, tanto che fu necessario intervenire per marcare nettamente il confine fra la vita e la morte, al punto che terminate le funzioni, l’Ara degli dei degli inferi, posta nel Campo Marzio, doveva ogni volta essere ricoperta di terra. Come se non bastasse, a complicare ancora di più le cose ci si misero ancora una volta i veienti, che riorganizzatisi dopo la sconfitta di Fidene, tornarono a razziare i territori già conquistati da Roma.

Ci vollero circa due anni a Roma per uscire dall’epidemia di peste e dalla carestia che si venne a creare, così nel 426 a.C., si decise che era venuto il momento di risolvere la questione con Veio in modo definitivo. Vennero eletti quindi i tribuni consolari, ai quali venne affidato il comando della guerra, mentre ad Aulo Cornelio Cosso, venne affidata la difesa della città. Sfortunatamente l’incapacità dei tribuni trasformò la guerra in un disastro, ed è inutile dire che a Roma scoppiò il panico in vista di un probabile attacco di Veio. Venne di conseguenza eletto un dittatore, come era consuetudine nei momenti di maggiore difficoltà, e la scelta ricadde nuovamente su Mamerco Emilio, che prontamente nominò come suo Magister Equitum proprio Aulo Cornelio Cosso. Il nuovo scontro si materializzò ancora una volta di fronte alle mura di Fidene, dove i veienti si trovavano protetti anche dai difensori della città, pronti a bersagliare i romani dall’alto, questi però grazie alla loro celebre formazione a testuggine, raggiunsero le mura e ingaggiarono battaglia, ricorriamo ancora una volta a Tito Livio per descrivere il corso degli eventi:

I Romani poichè i Fidetati ruppero i patti e uccisero gli ambasciatori nella nefasta battaglia, decisero di punire i perfidi alleati. Subito nominarono dittatore M. Emilio, che preparò l’esercito, si diresse ai confini dei fidenati e iniziò il combattimento contro i nemici. Già le legioni dei romani, combattendo acremente, misero in fuga le truppe dei nemici, quando all’improvviso dalla città di Fidene irruppe la moltitudine dei cittafini che portavano nelle mani fiaccole ardenti, che fecero impeto contro i soldati romani. Il genere inusuale del combattimento terrorizzò  i romani ma il dittatore, vedendo la trepidazione dei suoi, accorse in aiuto ai soldati affaticati e esclamò a gran voce: “O Romani perchè temete il fuoco degli inermi nemici? strappate le fiaccole ai fidenati e, memori della virtù romana, convertite le fiamme verso la città dei fidenati e incendiate fidene!”. I soldati, rafforzati dalla parole del dittatore, rinnovarono la battaglia e combattendo più forte strapparono dalle mani dei cittadini le fiaccole e incendiarono la città“.

Le perdite furono altissime da entrambe le parti, ma i romani prevalsero e il dittatore Mamerco Emilio, ottenne per la seconda volta nel giro di due anni, il trionfo.

Aulo Cornelio Cosso venne eletto al consolato per la seconda volta nel 413 a.C., e questa volta insieme a Lucio Furio Medullino. I due consoli si trovarono subito nell’ingrato compito di dover indagare su di un ammutinamento di soladati, avvenuto l’anno precedente. La punizione per ammutinamento era una delle più feroci esistenti all’epoca, i colpevoli infatti venivano bastonati a morte dai loro stessi commilitoni, tuttavia la moderazione con la quale i consoli guidarono la questione, portò alla condanna di un numero relativamente basso di uomini, che invece di essere assassinati vennero convinti al suicidio.

Credits to:

https://www.romanoimpero.com/2015/08/aulo-cornelio-cosso.html

 

 

 

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