Carthago Delenda Est

Carthago Delenda est, abbreviato spesso in Delenda Carthago, (ovvero Cartagine deve essere distrutta), è una famosissima frase latina attribuita a Marco Porcio Catone, più conosciuto come Catone il Censore, e usata sempre da quest’ultimo al termine di ogni suo discorso in Senato, in particolare dal 157 a.C.,  dopo il suo ritorno dalla missione diplomatica in terra d’Africa, di arbitrato fra la città punica e i Numidi guidati da Massinissa, fino alla sua morte avvenuta nel 149 a.C..

Carthago Delenda est, busto di Marco Porcio Catone
Carthago Delenda est, busto di Marco Porcio Catone

carthago delenda est, contesto storico:

Dopo aver fatto ritorno dall’Africa, dove si era distinto per mediare un accordo fra Cartagine e la Numidia di Massinissa, Catone era comunque sempre più convinto che un accordo coi punici non avrebbe avuto alcun vantaggio per Roma, ragion per cui fece di questa convinzione il perno centrale di tutta la sua azione politica, tanto che al termine di ogni suo discorso, fosse pubblico o privato, era solito finire con la frase:

«Ceterum censeo Carthaginem esse delendam» («Per altro sono del parere che Cartagine debba essere distrutta»).

Questa frase è diventata proverbiale, e si narra che Catone, in occasione della prima volta che la pronunciò in Senato,  estrasse con un ampio gesto plateale,  da sotto la toga alcuni fichi provenienti proprio da Cartagine, spargendoli a terra, dimostrandone la grande  freschezza nonostante alcuni giorni di navigazione. Il fico, un frutto tradizionalmente molto delicato, mantenendo il suo aspetto invitante, dimostrava la vicinanza di una città nemica, che nonostante le precedenti sconfitte, si stava riorganizzando, e che perciò andava rasa al suolo definitivamente. Altre versioni, vogliono invece che Catone non abbia gettato i fichi a terra, ma che invece li abbia materialmente fatti assaggiare ad alcuni senatori, i quali si meravigliarono della loro freschezza e bontà, e che Catone una volta assisitito alla scena, rivelò che la loro provenienza era a soli 4 giorni di navigazione da Roma e che perciò Cartagine andava ancora una volta battuta. A quasi 50 anni dalla fine della seconda guerra punica, stavano per scadere i tributi che i punici dovevano a Roma (più o meno 5 tonnellate di argento all’anno),  in quanto sconfitti, ed era forte il timore che Cartagine, risparmiando quelle somme, potesse riarmarsi e risorgere economicamente, secondo Catone, la minaccia era reale e Cartagine andava assolutamente tenuta a bada.  I romani infatti non avevano certo dimenticato le scorribande di Annibale, che tanta morte e distruzione aveva portato fino alle porte della città, quelle ferite erano ancora scoperte e intere generazioni erano state spazzate via.

carthago delenda est, catone contro cartagine:

Quello di lanciare Roma verso la terza guerra punica, fu in pratica l’ultimo impegno pubblico di Catone, feroce nell’astio verso la città punica almeno quanto lo fu Annibale con Roma, facendo emergere una spietatezza unica, in totale controtendenza contro il suo credo politico, che viceversa consigliava sempre moderazione e prudenza nel trattamento dei popoli sottomessi. La rivalità con Cartagine andava evidentemente aldilà di ogni virtù umanitaria, quella “humanitas” che creava la grandezza del vero romano e che invece il contrario ne avrebbe inesorabilmente corrotto i costumi.

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