Duello sul fiume Aniene

Tito Manlio, figlio di Lucio Manlio Capitolino, assunse il cognome di Torquato dopo aver battuto in un singolare duello sul fiume Aniene, e aver spogliato della collana (torque), un guerriero gallo. Fu dittatore nel 349 e nel 353 a.C., console nel 347, nel 344 e nel 340 a.C., avendo un ruolo decisvo durante la guerra latina, uscendo quindi vincitore dalla grande battaglia avvenuta alle falde del Vesuvio, resa ancora più leggendaria dalla devotio di Publio Decio Mure, e dalla successiva condanna a morte inflitta dallo stesso Manlio al figlio, reo di essere uscito dai ranghi per combattere singolarmente contro il tuscolano, Gemino Mecio.

Duello sul fiume Aniene
Duello sul fiume Aniene, l’Aniene oggi.

DUELLO SUL FIUME ANIENE, CONTESTO STORICO:

Nel 361 a.C., i consoli Gaio Sulpicio e Gaio Licinio Calvo, guidarono i loro eserciti contro gli Ernici. Nonostante fossero ben preparati ad una battaglia in campo aperto, constatarono con loro grande sorpresa che nessuno dei nemici si presentò ad affrontarli, ragion per cui cambiarono i loro piani espugnando la loro città principale: Ferentino. Al termine di quella rapida campagna si mostrarono ostili anche i Tiburtini, con i quali in passato c’erano già stati diversi attriti, i romani inviarono subito i feziali con la loro richiesta di riparazione, ma a seguito della loro risposta negativa, non ci fu altra conseguenza che la guerra. Per affrontare l’emergenza secondo la tradizione, i romani nominarono Tito Quinzio Peno, dittatore, e Servio Cornelio Maluginense, come maestro della cavalleria. Lo storico romano Licinio Macro, vissuto più di due secoli dopo,  sostiene che tale nomina fosse dovuta alla necessità di tenere delle elezioni e che l’avesse effettuata il console Licinio, ma questi, vedendo che il suo collega si affrettava a tenere le elezioni prima dell’inizio della campagna per poter ottenere la proroga del consolato, si sentì in dovere di opporsi a quel progetto criminoso. Il tentativo fatto da Licinio di mettere in buona luce la propria famiglia rende meno attendibile la sua versione dei fatti, visto che negli annali più antichi non vi è  traccia dell’episodio, è molto più probabile che il dittatore sia stato nominato in occasione di una guerra contro i Galli. Infatti fu proprio in quell’anno che i Galli si accamparono a tre miglia da Roma, sulla via Salaria, al di là del ponte sull’Aniene. A seguito della incombente minaccia, il dittatore sospese l’attività giudiziaria, mobilitò ogni giovane in età militare, e partì da Roma con un esercito di notevoli proporzioni, accampandosi poi lungo la riva sud del fiume Aniene. I due eserciti erano ora divisi solo da un ponte, che però nessuna delle due parti voleva abbattere per prima per non dare l’impressione di avere paura,  vi furono però diversi piccoli scontri, molto equilibrati che non stabilivano in nessun modo chi avesse il controllo di quel ponte. Proprio in questo contesto si palesa il leggendario duello sul fiume Aniene, ad un certo punto infatti, uno dei guerrieri galli più forti e fisicamente possente, si alzò fra i suoi e raggiunse da solo il ponte a quel momento deserto, urlando più o meno queste parole:

“Si faccia avanti a combattere il guerriero più forte che c’è adesso a Roma, così che l’esito del nostro duello stabilisca quale dei due popoli è superiore in guerra”.

Nei ranghi romani, al risuonare di quelle parole, calò un profondo silenzio, nessuno infatti si sentiva all’altezza di raccogliere quella sfida così pericolosa. Il giovane Tito Manlio allora si alzò e si diresse verso il dittatore e gli parlò in questo modo:

“Senza un tuo ordine, o comandante, non combatterei mai fuori dal mio posto, neppure se vedessi che la vittoria è sicura. Se tu me lo concedi, a quella bestia che ora fa tanto lo spavaldo davanti alle insegne nemiche io vorrei dare la prova di discendere da quella famiglia che cacciò giù dalla rupe Tarpea le schiere dei Galli”.  

Tito Quinzio Peno rispose:

“Onore e gloria al tuo coraggio e al tuo attaccamento al padre e alla patria, o Tito Manlio. Vai e con l’aiuto degli dei dai prova che il nome di Roma è invincibile”.

Con grande ammirazione i compagni di Tito Manlio lo aiutarono ad armarsi con scudo e gladio, e lo accompagnarono verso il ponte sul quale lo spavaldo gallo, si beffava di lui e di tutti i romani, tirando ripetutamente fuori la lingua dalla bocca, come menzionato dalle fonti antiche. I due uomini si trovavano così soli,uno di fronte all’altro, più simili a due gladiatori che a soldati regolari veri e propri. Alla vista erano non erano pari in nulla, il celta aveva un fisico possente e di grande statura, vestiva con abiti sgargianti e brandiva armi in oro cesellato, il romano invece era di statura più piccola, aveva armi meno belle ma più funzionali, non gesticolava e non si faceva beffe del nemico, ma aveva in corpo tutta l’animosità di una rabbia repressa, pronta ad esplodere al culmine del duello.

Duello sul fiume Aniene
Duello sul fiume Aniene

duello sul fiume aniene, lo scontro:

I due presero infine posizione, metre l’animo di tutti i soldati intorno si alternava fra la speranza e la paura di soccombere. Fu il gallo che dall’alto della sua statura imponente, sferrò il primo affondo, avanzando con lo scudo proteso in avanti, sferrando un fendente di taglio sull’armatura di Tito Manlio, l’attacco non andò a buon fine e il risultato fu solo un sordo rimbombo sulle protezioni del romano, Tito Manlio passò quindi al contrattacco, colpì rapidamente con la punta del suo gladio, la parte bassa dello scudo nemico, per aprire le sue difese, poi insinuatosi tra le sue armi e il suo corpo, sferrò con grande maestria due colpi in rapida successione, uno al ventre e l’altro all’inguine, facendolo stramazzare a terra. Tito Manlio non inferì oltre sulle spoglie del nemico, limitandosi solo ad impossessarsi della sua collana e cingerla al collo così intrisa di sangue com’era. I Galli rimasero interdetti, stretti fra la paura e l’ammirazione per Tito Manlio, mentre i romani, abbandonato ogni timore, corsero festanti verso il loro eroe, portandolo in trionfo al cospetto del dittattore, proprio qui fra la pioggia di elogi e congratulazioni che in quel trambusto sembravano più urla senza senso, qualcuno udì diverse volte l’appellativo di Torquato, un soprannome che rimase famoso anche nei secoli seguenti e che fu anche motivo di grande onore fra i vari discendenti della sua famiglia.

duello sul fiume aniene, conseguenze:

Quel leggendario duello fu talmente determinante per lo svolgimento dell’intera guerra che i Galli, la notte seguente si affrettarono a togliere il campo per dirigersi verso i territori dei Tiburtini, per stipulare con loro un’alleanza, dopo di che ricevuti adeguati rifornimenti, fecero rotta verso la Campania. L’anno successivo i romani affidarono a Gaio Petelio Balbo, il compito di guidare la guerra ai Tiburtini, mentre al collega Marco Fabio Ambusto era toccata la campagna contro gli Ernici. I Galli tornarono dalla Campania per portare aiuto agli alleati Tiburtini portando grandi devastazioni intorno ai territori di Labico, Tuscolo e Alba Longa.

Credits to:

http://www.arsbellica.it/pagine/battaglie_in_sintesi/Duello%20sull’Aniene.html

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.